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Madre clinicamente morta porta avanti la gravidanza

di Nostrofiglio Redazione - 30.10.2014 - Scrivici

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Al San Raffaele di Milano c'è una famiglia che prega affinché il cuore della madre, praticamente morta, l'encefalogramma è piatto, continui a battere, permettendo al bambino che porta in grembo di crescere. Ora il piccolo è alla 24esima settimana, la speranza è di farlo arrivare almeno alla 28esima.

Una donna incinta di 23 settimane clinicamente morta, continua a portare avanti la gravidanza. Nella notizia, riportata dal Corriere della Sera, si legge che questa madre ricoverata al San Raffaele è ormai priva di vita, l'encefalogramma completamente piatto, ma il bambino che porta in grembo sta bene e continua a crescere grazie all'intervento dei medici.

La donna di 36 anni colpita da un’emorragia cerebrale fulminante è arrivata all'ospedale San Raffaele di Milano martedì scorso in ambulanza. Per lei non c'è stato niente da fare. Ma con l’aiuto dei macchinari per la rianimazione e il suo corpo è stato trasformato in una culla.

Lo staff di medici, ginecologi, rianimatori, neonatologi, che sta seguendo la donna ha l'obiettivo di portare più avanti possibile la gravidanza. Ora il bambino è già alla ventiquattresima settimana, il che significa che ha già sviluppato la corteccia cerebrale e pesa 500 grammi.

Nonostante l'encefalogramma piatto, il cuore della madre continua a battere e questo rende possibile tenere il feto in vita. Inoltre una sonda nell’intestino della donna permette di alimentarlo e la ventilazione artificiale fa arrivare l’ossigeno nel sangue della donna e quindi al bambino. "È la mamma in un certo senso, con il suo corpo trasformato in incubatrice, a proteggere il figlio".

I medici avvertono però che in qualsiasi momento il cuore della donna può fermarsi, e se ciò dovesse accadere lo staff di ostetrici e ginecologi guidati da Massimo Candiani dovrà procedere con il taglio cesareo. Più lontano sarà quel giorno, più possibilità avrà il bambino di sopravvivere e di non avere danni cerebrali. La sfida dei medici è di raggiungere almeno la ventottesima settimana.

Tenere in vita la donna e cercare di salvare il bambino è una decisione fortemente voluta dalla famiglia: il padre del piccolo e i genitori della madre. Si tratta infatti di un caso ai limiti della scienza e con pochissimi precedenti.

Un precedente noto risale all’agosto del 1993 ed è quello dell'americana Trisha Marshall, 28 anni, dichiarata in stato di morte cerebrale alla 17esima settimana di gravidanza.

La donna fu ricoverata all’Highland General Hospital di Oakland dopo essere stata ferita mortalmente durante una rapina e fu tenuta attaccata alle macchine per 105 giorni.

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