Arrivano le prime relazioni degli ispettori che il Ministero della salute ha chiamato a verificare eventuali criticità negli ospedali in cui, negli ultimi giorni del 2015, ben quattro donne sono morte, insieme ai loro bambini, per complicazioni legate alla gravidanza e al parto.
Per quanto siano relazioni ancora preliminari - l'analisi dettagliata non è ancora chiusa - dicono chiaramente che,
in tre casi su quattro, qualche criticità effettivamente c'è stata
L'unico caso in cui, al momento, non sono stati rilevati elementi di inappropriatezza è quello di Angela Nesta, morta a Natale all'Ospedale Sant'Anna di Torino insieme alla piccola Elisa. La complicazione che le ha portate alla morte si è presentata in modo improvviso, ma, si legge sul sito del Ministero, "sono stati effettuati tutti gli accertamenti necessari e tutte le manovre di emergenza per la rianimazione sia della mamma sia della neonata".
Nonostante l'assoluzione dell'ospedale, la task force dichiara che qualcosa si può comunque fare meglio. In particolare, gli ispettori sottolineano la necessità di protocolli per la selezione delle donne da avviare all'induzione del parto e per la gestione di partorienti che presentino una particolare agitazione psico-motoria. Non solo: specialmente nel caso di situazioni a rischio, come quelle in cui la mamma è obesa o aumenta molto di peso in gravidanza (è quanto accaduto ad Angela Nesta), secondo gli esperti del Ministero serve anche una maggiore integrazione dell'assistenza - leggi una maggiore e migliore comunicazione - tra i servizi territoriali dove le donne vengono seguite durante la gravidanza, come i consultori, e gli ospedali dove vanno a partorire.
Giovanna Lazzari, discrepanze tra quanto riportato nella documentazione clinica e quanto riferito dal personale sanitario
Più problematica, invece, la situazione negli altri tre casi. Per quanto riguarda la morte di Giovanna Lazzari, avvenuta il 31 dicembre agli Spedali Civili di Brescia (con lei è morta anche la sua bimba Camilla), la relazione ufficiale ha evidenziato alcune discrepanze tra quanto riportato nella documentazione clinica e quanto riferito dal personale sanitario coinvolto nei fatti. Discrepanze che hanno fatto emergere "alcuni aspetti di criticità sia di carattere organizzativo, sia clinico".
Rispetto all'organizzazione, l'invito degli ispettori è a "predisporre e diffondere procedure che permettano una chiara definizione del percorso assistenziale e delle responsabilità ad esso connesso". Il che fa pensare che, nel caso specifico, la presa in carico della donna non sia stata ottimale.
Ricordiamo, a questo proposito, che c'è chi, come Federconsumatori, ha avanzato il dubbio che gli ospedali coinvolti nei decessi materni potessero essere sotto organico per il periodo festivo, e dunque non in grado di garantire un'assistenza adeguata. E non può non tornare alla mente uno degli ultimi sms inviati da Giovanna Lazzari al marito, in cui dichiarava che in ospedale la stavano trascurando.
E ancora, la relazione su questo caso sottolinea la necessità di "migliorare la valutazione delle condizioni di rischio potenzialmente presenti in gravidanza e al momento del ricovero, con particolare riferimento alla problematica delle infezioni". E la necessità di una stretta aderenza alle linee guida sul trattamento della sepsi, un'infezione generalizzata dell'organismo altamente letale, le cui probabilità di sopravvivenza dipendono anche dalla tempestività dell'intervento. Un invito che fa pensare che le condizioni di rischio della donna siano state almeno inizialmente sottovalutate.
Tra l'altro, la relazione ha sottolineato anche una comunicazione non adeguata tra i professionisti dell'ospedale. "Un'osservazione che non sorprende" sottolinea Serena Donati, responsabile del Sistema di sorveglianza della mortalità materna dell'Istituto superiore di sanità. "Perché le falle nelle comunicazioni tra medici sono una delle criticità principali nei casi di mortalità materna, e questo a livello mondiale. E' intuitivo: più un caso è raro e complesso - e spesso le complicazioni gravi durante il parto lo sono - più è difficile coordinare i pareri e l'operato di diversi esperti. Eppure, è un'operazione fondamentale".
Marta Lazzarin, emersa la necessità di aumentare negli operatori l'aderenza alle procedure relative alle condizioni di rischio che si possono presentare in gravidanza
Considerazioni analoghe rispetto alle complicazioni da infezioni emergono anche dalla relazione della task force sul caso di Marta Lazzarin, deceduta il 29 dicembre all'ospedale San Bassiano di Bassano del Grappa, a 27 settimane di gravidanza (con lei è morto anche il suo piccolo Leonardo). Di nuovo, "è emersa la necessità di aumentare negli operatori l’aderenza alle procedure relative alle condizioni di rischio che possono essere presenti in gravidanza, con particolare riferimento alla problematica delle infezioni e della sepsi".
Gli ispettori, comunque, specificano che in questo caso "è stata somministrata terapia antibiotica iniziale appropriata al quadro di infezione sospettato".
Anna Massignan, carenze dal punto di vista organizzativo e clinico
Infine, per quanto riguarda il decesso di Anna Massignan, avvenuto all'Ospedale San Bonifacio di Verona proprio il giorno di Natale (il giorno dopo è morto anche il suo bimbo, Leonardo), gli ispettori evidenziano carenze dal punto di vista organizzativo e clinico: anche in questo caso, viene da ipotizzare un'assistenza non adeguata, la sottovalutazione delle condizioni infettive presenti. Inoltre, la relazione esorta i punti nascita ad adattare le procedure mediche standard alle effettive condizioni cliniche delle pazienti. Il riferimento è al taglio cesareo, poiché che la scelta del momento in cui effettuarlo è "cruciale al fine della sopravvivenza materno-fetale". Una considerazione che fa pensare che in questo caso il tempismo non sia stato perfetto.
Nei casi di Giovanna Lazzari e Marta Lazzarin, le relazioni della task force ministeriale sottolineano anche alcune criticità nelle comunicazioni tra gli ospedali e i familiari rispetto alle situazioni di emergenza che si erano create. Nel primo caso, viene sottolineato che il tipo di comunicazione con i parenti (ma anche tra professionisti e con i mezzi di informazione) richiede azioni correttive. Nel secondo che "la gestione dell’emergenza, su un piano comunicativo, non è stata adeguata, creando forse delle aspettative nei familiari sull’esito delle cure. Da sottolineare anche la non adeguata gestione del dolore". Possono sembrare aspetti marginali, ma anche questi sono importantissimi. Perché mariti, figli, genitori che rimangono fuori da una sala parto dove si sta verificando una grave emergenza hanno tutto il diritto di sapere che cosa sta accadendo e di saperlo nel migliore dei modi.