Un fenomeno nell'ambito del quale la maggior parte dei neogenitori può ritrovarsi è la stanchezza cronica dovuta alla mancanza di sonno. Ma gli esseri umani non sono gli unici: tutti gli animali, compresi gli insetti, hanno bisogno di dormire.
Che cosa accade con la prole al seguito?
A indagare su ciò è stato il Professor Guy Bloch, con il team del Dipartimento di "Ecology, Evolution and Behaviour" della "Hebrew University" di Gerusalemme (HUJI), mediante uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology.
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I ricercatori hanno studiato i bombi (insetti impollinatori della famiglia delle Api) mentre covano le uova e hanno scoperto che quelli che curano i piccoli dormono molto meno delle altre api, anche quando si prendono cura della prole che non è la loro.
Bloch ha affermato che il sonno degli insetti assomiglia molto al sonno delle persone e di altri animali. Smettono di muoversi, assumono la postura tipica del sonno e sono meno sensibili al rumore o al tatto.
In più, generalmente, si sa che se gli esseri umani, i roditori o gli insetti sono privati del sonno, la loro salute e le loro prestazioni sono compromesse.
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Per scoprire come le attività quotidiane dei bombi influiscono sul modo in cui gli stessi dormono, i ricercatori hanno combinato registrazioni video, analisi comportamentali dettagliate, esperimenti di privazione del sonno e valutazioni della soglia di risposta.
Dallo studio è emerso che i bombi che covano i piccoli dormono molto meno degli altri: ciò avviene anche quando la covata non ha bisogno di essere nutrita e quando i piccoli non fanno parte della loro prole.
«Inoltre, dai vari esiti della ricerca è emerso che i bombi che covano hanno un meccanismo che consente loro di ridurre significativamente il sonno senza un costo per il loro cervello o per altri tessuti», ha spiegato il professore Bloch.
«Questo, ovviamente, solleva la questione: occorre capire quali siano esattamente questi meccanismi».
In particolare, tutti i risultati ottenuti dall'indagine guidata dal prof. Bloch creano dubbi sul fatto che la perdita di sonno abbia veramente un costo in termini di salute o prestazioni cognitive per i neogenitori. Potrebbe davvero essere così?
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