Tutti i genitori non vedono l'ora di ascoltare il proprio figlio pronunciare la sua prima parola. Dirà mamma, papà, oppure ci stupirà con qualcosa di inaspettato? Verrebbe da pensare che le prime lettere messe insieme dal piccolo siano quelle che ha sentito di più, ma in realtà lo sviluppo del linguaggio è molto più complicato. (Leggi anche: lo sviluppo del linguaggio del neonato da 1 mese a 3 anni)
Parlare ai bambini anche quando non sono ancora in grado di rispondere è un'abitudine importante e utile perchè “allena” il cervello dei piccoli a parlare ancora prima di emettere una parola di senso compiuto. E' l'incredibile scoperta fatta da un team di ricercatori guidato da Patricia Kuhl, codirettore dell'Institute for Learning and Brain Sciences dell'Università di Washington, pubblicata sulla rivista scientifica Pnas (Proceedings of the National Academy of Science).
Utilizzando la magnetoencefalografia – una metodica non invasiva per visualizzare l'attività cerebrale – gli autori di questo studio hanno scoperto che sentire pronunciare delle sillabe stimola le aree del cervello dei bambini che in questo modo coordinano e pianificano i movimenti necessari per parlare. (Leggi: un bambino sereno e amato. Dunque più intelligente)
Nelle ricerche sono stati coinvolti 57 bambini di 7, 11 e 12 mesi ai quali sono state fatte ascoltare sillabe tipiche della loro lingua madre o di una lingua straniera. I risultati delle magnetoencefalografie hanno svelato l'attivazione delle aree del cervello responsabili dei movimenti richiesti per produrre suoni con la bocca (il cervelletto e l'area di Broca).
Nei bambini più piccoli questa attivazione è associata all'ascolto di entrambe le lingue, mentre a partire dagli 11 mesi di età l'attivazione è maggiore nel caso della lingua madre.
Ciò significa che il cervello dei bambini si impegna a provare a parlare molto prima di quando i piccoli pronuncino la loro prima parola e che fino agli 8 mesi d'età riesce a distinguere suoni in tutte le lingue, mentre dagli 8 mesi in poi ha più difficoltà a concentrarsi sui suoni non appartenenti alla sua lingua madre.
