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Mi sposo, anzi no convivo

di Sarah Pozzoli - 11.11.2011 - Scrivici

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Anche in Italia, come nella maggior parte dei Paesi Occidentali, sempre più coppie scelgono la convivenza e non il matrimonio. Resta un dubbio: la famiglia di fatto, cioè basata su un'unione non regolare, continua a essere considerata una famiglia di serie B? Scopri i pro e i contro delle due scelte.

PRO E CONTRO DEL MATRIMONIO E DELLA CONVIVENZA

Ci sposiamo o conviviamo? Il dubbio soprattutto per chi è in dolce attesa resta e cioè che la famiglia di fatto sia considerata per lo stato una famiglia di serie B. E questo nonostante gli ultimi dati Istat dicano che gli italiani scelgono sempre più la convivenza: nel 2008 si contavano 820mila famiglie di fatto contro le 564mila nel 2003 e la metà ha figli.

I matrimoni invece nei cinque anni sono calati di 17.484 (in circa 35 anni si sono quasi dimezzati) e un rito su tre è civile.

Insomma oggi che cosa conviene di più alle coppie: il matrimonio o la convivenza? “Se si guarda la questione dal punto di vista dei diritti dei figli non ci sono grandi differenze,” spiega Nicola Perrotti, consulente legale in materia di diritto di famiglia dell’associazione Ama (Auto mutuo aiuto).

Con la riforma del diritto di famiglia del 1975, la posizione dei figli naturali (nati fuori dal matrimonio) è stata equiparata a quella dei figli legittimi (nati da matrimonio regolare). Inoltre, sostiene l’avvocato Perrotti, la legge sull’affidamento condiviso (n. 54/2006) ha stabilito un legame giuridico, che prima non c’era, tra nonni e nipoti nati fuori dal matrimonio.

Inoltre “la giurisprudenza sull’adottabilità in caso di morte di entrambi i genitori o di abbandono dei minori - continua l’avvocato - prende in considerazione il reale rapporto d’affetto tra il bambino e il parente affidatario, più che la formalità dei rapporti”.

L’unica differenza che ancora resiste tra figli legittimi e naturali riguarda il diritto successorio: nel caso in cui ci siano figli legittimi e figli naturali eredi di uno stesso asse il codice civile stabilisce che i figli legittimi “possono soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano”.

Ma presto anche questa differenza potrebbe cadere: un ddl, appena presentato dal governo, punta a eliminare la differenza tra figli legittimi e naturali (si chiameranno solo figli) e il comma sull’eredità.

Se però si guarda ai rapporti dei coniugi tra loro, il matrimonio tutela di più rispetto alla convivenza anche se la giurisprudenza ha fatto grandi passi avanti. Per esempio, ha riconosciuto al convivente il diritto di successione nel canone di locazione e la possibilità di non restituire quanto spontaneamente ricevuto dall’altro.

Alcuni comuni inoltre (il primo è stato Empoli nel 1993) e regioni (la Puglia ha varato una legge che estende i servizi sociali alle unioni di fatto e gay) hanno invece istituito dei pubblici registri di convivenza.

La situazione legislativa però resta sbilanciata: il matrimonio trova riconoscimento nell’articolo 29 della Costituzione (la famiglia è fondata sul matrimonio) mentre sulla convivenza la legge italiana è confusa.

Anni fa sono stati redatti diversi disegni di legge per riconoscere diritti alle unioni di fatto (chi non si ricorda dei Pacs, Patti civili di solidarietà, di ispirazione francese o Dico, acronimo di Diritti e doveri delle persone conviventi?) ma giacciono dimenticati da tempo.

E così non sono mai state sanate alcune grosse differenze di trattamento tra sposati e conviventi: il convivente può ereditare solo per testamento, fatta salva la quota necessaria spettante ad alcuni parenti; in caso di fine della convivenza non ha alcun diritto al mantenimento e non ha diritto alla pensione di reversibilità (ci sono però alcune eccezioni previste da casse autonome rispetto all'Inps).

C’è un modo per tutelarsi se la dolce metà di matrimonio non ne vuole o non ne può proprio sapere (perché per esempio è in attesa di una sentenza di divorzio)? “Quando c’è una convivenza stabile si consiglia di fare testamento e eventualmente regolare con un accordo separato la gestione di una eventuale crisi,” dice l’avvocato Perrotti.

“Si tratta di una semplice scrittura privata che si può fare da soli. Affidarsi a un professionista, avvocato o notaio, può però essere utile. Non solo per verificare le condizioni ma anche perché c'è un deposito cauzionale del documento. Non si sa mai … “

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Aggiornato il 19.11.2014

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