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L’importanza del ruolo paterno nella crescita educativa dei figli

di Chiara Mancarella - 18.03.2019 - Scrivici

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Come cambia il ruolo del papà dalla nascita del bambino, passando da allattamento, linguaggio, gioco, scuola, preadolescenza e adolescenza? Scopriamolo in occasione della festa del papà

In questo articolo

Da sempre si è creduto che il primato di genitore attento ai bisogni del figlio fosse legato all’esclusività materna. Sin dalla notte dei tempi il padre era solito occuparsi delle faccende esterne alla casa e alla madre, invece spettava il lavoro domestico e la cura dei figli. Veniva temuto e aveva anche nei confronti della moglie una superiorità gerarchica e con questa convinzione crescevano i figli: i maschi avrebbero dovuto pensare a studiare, cercare un buon lavoro e al mantenimento della famiglia, mentre per la donna era sufficiente un’istruzione di base, lavori semplici che non portavano via troppo tempo alla cura delle attività domestiche.

I papà: figure fondamentali

I tempi però sono fortunatamente cambiati e alla figura paterna la pedagogia e la psicologia hanno dedicato importanti studi e ricerche su quanto la presenza non solo fisica, ma anche educativa sia fondamentale per il corretto sviluppo dei bambini. Sono tanti, infatti, i padri che si occupano dell’accudimento dei figli sin dalla nascita, ma non solo. Molti si preoccupano anche della gravidanza della compagna e partecipano attivamente alle varie visite mediche. Non c’è che dire non abbiamo più di fronte un uomo dedito al lavoro e a portare lo stipendio a casa, ma è pienamente inserito nel suo ruolo di padre.

Scelte educative? Da scegliere in due

Le scelte educative, è giusto dirlo, devono essere condivise dalla coppia, è importante per il bambino avere due genitori che la pensino allo stesso modo per non creare fraintendimenti e confusione. Stabilire delle regole sin da subito aiuta la coppia a mantenere quell’equilibrio e i figli ad avere una base solida su cui fare riferimento.

Il ruolo del padre man mano che il bambino cresce

Ovviamente la presenza del padre si modifica con la crescita del bambino. Se è normale, e al tempo stesso naturale, una certa diade madre-figlio nei primissimi mesi di vita in cui la mamma e il bambino sono in simbiosi perfetta e il padre poco può fare, crescendo si va a delineare la personalità del figlio e l’approccio con altre figure educative risulta estremamente fondamentale.

E qui entra in gioco la figura paterna.

  • Allattamento

Vari studi affermano oggi che la presenza o meno del padre già nel momento dell’allattamento può creare serenità oppure ansia e tensione nella donna che riversa a sua volta nel figlio.

È importante quindi non sottovalutare il clima che si vive all’interno della famiglia per la tranquillità dei bambini, tutto passa dai genitori ai figli, specialmente gli stati d’animo e le emozioni.

  • Linguaggio

Con lo sviluppo del linguaggio inizia il vero scambio tra padre e figlio, se prima la comunicazione era basata su sorrisi e sguardi adesso si possono scambiare brevi e semplici opinioni. Ciò che crea un legame fondamentale nel rapporto con l’adulto è il gioco.

  • Gioco

Attraverso il gioco i bambini esprimono al meglio la loro personalità e modo di essere, si creano scambi educativi e la fantasia è una valida alleata. Spesso gli adulti sono troppo presi dai loro impegni e dedicano soprattutto la sera poco tempo al bambino che invece aspetta proprio il rientro a casa del genitore per poter giocare insieme. Sarebbe buona abitudine, nonostante la stanchezza della giornata appena trascorsa, interagire con i bambini, anche solo per poco tempo, ma fargli sentire la nostra presenza e condividere un momento così importante con loro favorisce quel legame di attaccamento tanto caro a Bowlby (John Bowlby è stato uno psicoanalista britannico ed è considerato il padre della teoria dell'attaccamento).

L'istinto paterno


Una breve riflessione andrebbe fatta anche per quanto riguarda l’istinto paterno. Se quello materno risulta essere una caratteristica innata della donna, diversamente si pensa per quello paterno. Alcuni studiosi sono dell’idea che la paternità si formi con la nascita del figlio, un uomo non avrebbe quindi l’istinto verso la genitorialità, ma si va creando giorno per giorno instaurando un legame con il bambino. Se così fosse, a maggior ragione il padre dovrebbe vivere il suo ruolo sin da subito per poter accompagnare il figlio nella sua crescita morale e sociale. Poiché l’insegnamento che si possa dare ad un figlio è da sempre l’esempio, i figli possono essere paragonati a delle spugne e a degli specchi, nel primo caso assorbono tutto ciò che ruota intorno in positivo e negativo e a loro volta riflettono all’esterno quello che sono i genitori.

  • Età scolare

In età scolare le figure educative hanno il delicato compito di porre le basi per il corretto vivere civile con se stessi e gli altri. I bambini si rapportano con i coetanei, nascono le prime amicizie e le prime discussioni. Ciò che imparano a casa a livello relazionale lo trasmettono all’esterno. Se in famiglia si vive un clima sereno e cordiale dove tutti i componenti collaborano insieme e si rispettano automaticamente il bambino riporta questa serenità fuori casa, se, invece, i genitori sono soliti discutere, se viene utilizzato un linguaggio poco appropriato e viene a mancare il rispetto nei confronti del prossimo è facile pensare che tipo di emozioni riporterebbe il bambino nella convivenza con i coetanei.

In questa fase il ruolo educativo del padre è estremamente importante.

Man mano che i figli crescono ed entrano nella preadolescenza prima e adolescenza poi se sono stati fissate delle basi educative solide i figli non avrebbero difficoltà a rapportarsi con gli altri, mostrando rispetto e collaborazione. In una società in cui la prepotenza la fa da padrona e il richiedere tutto e subito fa da contrasto a quella sana educazione che invece dovrebbe essere impartita, il ruolo del padre non dev’essere quello di spettatore ma di protagonista insieme alla madre per impartire i giusti insegnamenti. In questa delicata fase della crescita dei figli fare l’”amico” di certo non aiuta.

Non è accettabile infatti un mescolamento di ruoli in un periodo in cui vengono vissuti emozioni contrastanti tra il corpo che cambia e la mente ancora un po' bambina, tra la voglia di indipendenza e l’attaccamento alla famiglia. Il genitore ha invece il compito di accompagnare il figlio nella crescita impartendo le giuste regole, facendo comprendere che anche nella distanza il padre e la madre saranno accanto, ma che a spiccare il volo devono essere i figli.

Per approfondire: come essere un bravo papà

Sull'autrice


Chiara Mancarella è pedagogista Clinico iscritta all'ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici) e docente di scuola primaria. Esperta in DSA e gestioni dei conflitti scolastici e formativi, ha seguito diversi corsi su bullismo e cyberbullismo. A breve uscirà il suo libro "Cari genitori, sveglia! Appunti di un pedagogista clinico" su educazione, rapporto di coppia, quieto vivere familiare, scuola.

Fonti e bibliografia: Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Raffaello; Khaleque, A. & Rohner, R.P (2012). Transnational Relations Between Perceived Parental Acceptance and Personality Dispositions of Children and Adults: A Meta-Analytic Review Personality and Social Psychology Review 16(2) 103– 115

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