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Riforma del diritto di famiglia, il commento dell'avvocato

di Nostrofiglio Redazione - 24.02.2014 - Scrivici

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Nel codice civile non si distingue più tra figli legittimi e figli naturali. Inoltre sono state introdotte altre novità, tra cui la responsabilità dei genitori, il diritto dei nonni sui nipoti e il coinvolgimento dei bimbi dai 12 anni insù nelle decisioni del tribunale che li riguardano

di Nicola Perrotti

Il decreto legislativo 154 /2013, entrato in vigore nella sua massima parte lo scorso 7 febbraio, rappresenta l’esecuzione di quanto a suo tempo disposto dalla legge delega 219/2012 la quale aveva incaricato il Governo di provvedere alla completa parificazione tra i figli cosiddetti legittimi (ovvero nati in costanza di matrimonio) e quelli naturali sul piano dei diritti e dei doveri in ambito familiare e successorio.

La novella legislativa, dunque, si caratterizza per un certosino lavoro di individuazione e sostituzione della locuzione “figlio naturale” con la più neutra “figlio nato al di fuori del matrimonio” in ogni passaggio normativo ove esso fosse presente. Si tratta, dunque, in massima parte di un lavoro formale il cui obiettivo è espungere dal tessuto del diritto positivo la distinzione anche lessicale tra le due storiche categorie di discendenti.

A questo lavoro imponente si affiancano, tuttavia, talune innovazioni legislative che vanno analizzate con maggiore profondità. (Leggi anche: riforma del diritto di famiglia, che cosa cambia)

I genitori sono responsabili dei figli. Tolto il concetto di potestà

Innanzitutto, va preso nota della scelta del legislatore di abbandonare, in tema di filiazione, il termine “potestà genitoriale”, già a sua volta un’evoluzione della più tradizionale “patria potestà”, quale definizione del potere manifestato dai genitori sulla prole per un più neutro “responsabilità genitoriale” con il quale si intende sottolineare il livellamento della scala gerarchica tra genitori e figli, l’assunzione di compiti ed oneri da parte dei genitori con la scelta di riprodursi e la compressione sempre più accentuata del lato coercitivo dell’essere genitori.

Ancora, non deve sfuggire la decisione del legislatore di spostare l’intera disciplina sulla gestione della crisi coniugale e dei suoi effetti sui figli minori dal Titolo VI Del matrimonio al Titolo IX Potestà dei genitori (ora Responsabilità dei genitori).

Questo spostamento non è privo di effetti in quanto comporta l’automatica applicazione della disciplina sull’affido condiviso di recente introduzione dai casi di crisi dei rapporti coniugali, alle crisi di coppie non formali con prole.

In questo senso, la parificazione tra figli naturali e legittimi appare finalmente pienamente raggiunta anche se il legislatore non sembra aver colto l’occasione per risolvere talune criticità che l’introduzione dell’affido condiviso appare aver fatto emergere e che sono, infine, ragione del successo relativo di questo istituto. (leggi anche: figli naturale uguali ai legittimi)

I nonni hanno diritto a un rapporto con i nipoti

Altra novità, in questo caso, da cogliere appieno come positiva, è il rafforzamento ed ampliamento dei diritti degli ascendenti nei rapporti con i propri nipoti.

 

Si è infatti introdotto il nuovo articolo 317bis che attribuisce finalmente in maniera chiara agli ascendenti un diritto proprio di conservare un rapporto significativo e costante con i nipoti, azionabile coattivamente in caso di opposizione illegittima.

 

Allo stesso modo, va salutata positivamente la revisione complessiva delle procedure previste per il riconoscimento ovvero il disconoscimento dello stato di figlio (una volta della paternità) che sono state unificate tra legittimi e naturali con l’inserimento di talune circostanze di media frequenza che il Codice Civile non prevedeva precedentemente. POTREBBE INTERESSARTI LA SEZIONE SULLA SEPARAZIONE

 

I bambini dai 12 anni coinvolti nelle decisioni che li riguardano

Si deve, al contrario, prendere nota della decisione del legislatore di voler maggiormente coinvolgere nei processi decisionali gli stessi figli minori, anche se lo sforzo pur apprezzabile di allargare la base del consenso e dei protagonisti di determinate dinamiche appare aver portato a un risultato almeno apparentemente eccessivo quando si prevede quale età minima perché il minore sia coinvolto attivamente il 12esimo anno di età.

Pur nella consapevolezza di una sempre maggiore maturità anticipata dei nostri ragazzi, si ritiene che tenere quale età minima di riferimento i quattordici anni sarebbe stata una scelta prudente ed efficace anche nell’ottica di risparmiare al minore il trauma inevitabile di essere coinvolto in prima persona in procedure delicate quali l’affido, il riconoscimento dello status di figlio ovvero la separazione dei genitori.

Da ultimo, il legislatore ha lasciato tuttora irrisolto il nodo dei figli non riconoscibili perché figli di genitori parenti o affini tra loro, per i quali non risulta che la presente riforma attribuisca nuovi o più ampi diritti di quanti tradizionalmente (ed in misura minore rispetto agli altri) ad essi siano riconosciuti.

Complessivamente, dunque, un testo coerente con l’intento del legislatore di annullare ogni differenza residua (anche lessicale) tra le due tradizionali tipologie di figli, che coglie l’occasione per aggiornare l’impostazione complessiva del diritto di famiglia, senza tuttavia produrre cambiamenti epocali.

Avv. Nicola Perrotti

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