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Separazione: quali sono i problemi che affrontano i figli

di Giorgia Fanari - 20.09.2017 - Scrivici

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Fonte: Di VGstockstudio / shutterstock
Cosa succede quando mamma e papà si separano? Quali sono i problemi che possono riguardare da vicino i figli che vivono l’esperienza della separazione dei genitori? «In base all’età le difficoltà possono essere diverse: generalmente sono transitorie e servono a sollecitare la riattivazione della funzione genitoriale», spiega Arianna Montagni, pedagogista e mediatrice familiare

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La rottura dei legami tra mamma e papà può avere effetti negativi sui figli a tutte le età: «non è l’evento “separazione” o “divorzio” a essere la causa dei disagi personali è, piuttosto, la coesistenza di alcuni fattori che incidono sulla messa in sicurezza o meno del futuro dei figli».

A spiegarlo è Arianna Montagni, pedagogista e mediatrice familiare. «Per districarsi nelle pieghe del processo di separazione i genitori hanno un ruolo determinante: devono reggere con efficacia il mondo interiore proprio e quello dei figli, poiché il loro comportamento influenza l’intero sistema parentale».

Una nuova realtà

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In questo contesto, i principali fattori da monitorare sono:

  • «l’instaurarsi di efficaci modalità di gestione delle vicende emotive e relazionali dei genitori;
  • la capacità individuale di preservare il grado di collaborazione e soprattutto le competenze genitoriali;
  • le modalità di risposta attivate dai figli per riequilibrare il loro mondo interno».

Quello che è importante ricordare è che «esiste un periodo, un intervallo temporale superiore anche all’anno, dove le risposte dei figli vanno considerate solo come "risposte" e non come tratti comportamentali personali permanenti. Non si deve dimenticare che i figli necessitano di tempo per posizionarsi nella nuova realtà familiare, abitativa, relazionale, definire nuovi confini e soprattutto accettare che l'assenza fisica non equivale a un'assenza psicologica-affettiva. In questo arco temporale, a seconda della fase di età, i figli adotteranno delle “strategie comportamentali tese al recupero di ciò che si teme di perdere e al riavvicinamento della figura di accudimento e protezione”. Si tratta di un comportamento del tutto fisiologico».



Età e difficoltà

In base all’età, i figli che affrontano la separazione possono manifestare alcune difficoltà: «di norma sono transitorie - assicura Arianna Montagni - e servono a sollecitare la riattivazione della funzione genitoriale. In ogni fase di crescita esistono delle caratteristiche e dei passaggi evolutivi tipici del processo di sviluppo ma a condizionare il riadattamento dei rapporti familiari e l’instaurarsi di disagi e difficoltà dei figli sono principalmente tre fattori: le risposte attivate dai figli per inviare segnali e comunicare emozioni; l’incastro col mondo emotivo-relazionale dei genitori; la capacità genitoriale di contenere e soddisfare le richieste di recupero, riavvicinamento, protezione nei confronti dei figli».

Difficoltà nella prima infanzia (0-5 anni)


«Essendo carenti di strategie cognitive e di strumenti verbali, i bambini divengono irritabili e/o indisciplinati. Possono comparire difficoltà nel gioco, pianto, balbuzie, regressioni varie, come ad esempio risvegli notturni e difficoltà nel distacco, ma anche comportamenti aggressivi. 
Tali risposte sono funzionali per riattivare le pratiche educative che calmano il bisogno di appartenenza, sicurezza e protezione, superando insicurezza e paura. Entrambi i genitori devono, con comportamenti prevedibili e incontri regolari, impegnarsi anche nel rapporto tattile (coccole, abbracci, carezze), nel contatto visivo e uditivo, continuo e ripetuto, oltre ovviamente a fare attenzione alle proprie emozioni nelle relazioni di coppia, che non devono sopraffare la vita dei figli».

Difficoltà nella seconda infanzia (6-10 anni)



«In questa fase i figli iniziano a essere più consapevoli del mondo che li circonda, quindi anche la separazione ha delle ripercussioni sulla loro sicurezza personale. A seguito della separazione l’adulto perde il ruolo guida e diviene il responsabile dell’insicurezza personale. Nello sviluppo possiamo avere un bambino insicuro, a causa della situazione di solitudine e di assenza di appoggio adulto. Senso di solitudine, stanchezza, sonnolenza, insonnia, perdita dell’appetito, distrazione, diminuzione degli interessi e dello stimolo al gioco, ripiegamento su se stessi, tristezza, rassegnazione passiva ai fatti, ansia possono sviluppare un senso di inferiorità, difficoltà a relazionarsi, atteggiamenti di ritiro o talvolta aggressivi e sopraffazione dell’altro. Altre problematiche possono essere: disinteresse o difficoltà negli apprendimenti, disordini alimentari e la negazione, cioè un meccanismo auto-protettivo con il quale negano la realtà esistente».

Difficoltà nella preadolescenza (11-13 anni)


«È la fase della definizione dei caratteri somatici, dove la richiesta è quella del rispecchiarsi in un adulto che aiuti a comprendere, accettare, capire i cambiamenti fisici che avvengono. È il periodo durante il quale nasce il bisogno di maggior autonomia nei confronti della famiglia, annesso alle sperimentazione dei rapporti amicali che richiamano la necessità di una maggiore intimità e ricerca di sé. Si attiva il fisiologico pendolo tra sentimenti di delusione e idealizzazione delle persone adulte. Quando la rottura dei rapporti si colloca in questa fase, i ragazzi caricano quei sentimenti che ritengono essere più funzionali per ottenere il rafforzamento del legame o comunque funzionali al richiamo del ruolo genitoriale. A livello comportamentale la reazione può essere l’accelerazione verso “l’adultità fisica” e una precoce maturazione psico-emotiva o, al contrario, il rallentamento e blocco degli aspetti evolutivi tipici dell’età».

Difficoltà nell’adolescenza e nella prima adultità



«In linea con la fase precedente, i ragazzi vivono le difficoltà legate al cambiamento puberale, a cui si aggiungono le preoccupazioni economiche. Comprendono gli sforzi e le limitazioni che i due nuclei formati devono affrontare; paure e preoccupazioni pervadono attaccando la tranquillità dei figli. La sensazione di essere limitati nelle risorse, nella loro espansione psicologica e comportamentale potrà far nascere due reazioni polarizzate nei ragazzi: una di accelerazione nel processo di distacco dai genitori portandoli a chiedere in modo aggressivo, coercitivo e ansioso la rottura dei legami affettivi, con conseguente sofferenza emotiva; l’altra, al contrario, potrebbe essere di decelerazione, cioè di un rallentamento verso un blocco evolutivo».

Come aiutare i figli


Come possiamo creare un clima a casa che accompagni i figli a comprendere cosa sta avvenendo, evitando che confusione ansie e paure creino un terreno instabile per la crescita? «Innanzitutto, non lasciamo i figli nell’incertezza, in una “sospensione” che crea difficoltà». Quando si è deciso di separarsi e la situazione risulta chiara bisogna procedere: «informando con chiarezza su cosa accadrà, quali saranno i cambiamenti che dovranno affrontare, dove il genitore che esce di casa risiederà» e «spiegando dove vivranno, con quale genitore, quando e quanto staranno con entrambi i genitori».


1. Come comunicare la separazione

Informare prima, durante e dopo gli eventi è una strategia efficace per abbassare l’ansia dell’ignoto. «È importante rassicurare i figli riguardo al fatto che quello che accade non è colpa loro, che è una scelta di mamma e papà in quanto non si amano più, specificando anche che la decisione è irrevocabile e che non possono fare nulla per ricomporre la famiglia: questo è fondamentale perché allevia i pensieri che i figli creano per impegnarsi a riportare mamma e papà ad essere coppia».

La comunicazione della separazione deve «essere fatta dai genitori e non da altre figure quali nonni o zii, e va fatta con un certo preavviso: per i bambini sotto la preadolescenza sono sufficienti due o tre settimane in anticipo prima dell’effettiva uscita di casa di uno dei genitori; per gli adolescenti talvolta è necessario considerare un periodo più lungo, ad esempio 4-5 settimane prima, in quanto esiste una esigenza espressiva chiarificatrice, tipica dell’età, che si esprime con l’esigenza di affrontare entrambi i genitori insieme».


2. Come comportarsi con l'ex

Per la serenità dei figli è altresì importante «non denigrare mai l’altro genitore, per non costringere il bambino a scegliere, quindi curare dialogo e collaborazione. Non si deve chiedere ai figli una precoce adultizzazione, né di colmare il vuoto in termini di tempo e presenza del genitore mancante. Bisogna invece aiutarli a capire: l’adulto deve essere presente per rassicurare e rispiegare, anche più volte, ciò che il figlio richiede: le continue domande servono per sedare l’ansia».


3. Come comportarsi con i figli

Anche piccoli gesti quotidiani possono fare la differenza: «mettere sul frigo il calendario dei turni di responsabilità; fare attenzione a rispettare gli orari di ricongiungimento alla fine di asilo o scuola primaria; aiutarli a capire cosa possono fare se sentono la mancanza del genitore che non risiede in casa, ad esempio stilando con loro uno schema di azioni per proteggersi dalla distanza emotiva». Anche la solitudine a volte può essere una "cura": «i figli devono avere spazi personali in cui poter stare da soli: non è sempre segno di fatica emotiva ma anche di esigenza di pensare e riflettere sulle informazioni ricevute».

Libri utili sulla separazione

La lettura può essere un tramite per aiutare i ragazzi ad esprimersi e a parlare della separazione: «I genitori possono leggere con loro dei libri che parlano della separazione e permettere loro di parlare ed esprimersi. Interessanti sono: "Mi chiamo Nina e vivo in due case" di Marian De Smet e Nynke Talsma; "Io non mi separo" di Beatrice Masini e Monica Zani; "Non è colpa tua!" di M. Adele Garavaglia; "Due nidi" di Laurence Anholt e James Coplestone».


Nei casi in cui i genitori non riescano da soli ad aiutare i loro figli può essere utile «Prevedere un percorso di mediazione familiare per la stesura degli accordi di separazione; ipotizzare in caso di forte sofferenza il supporto di uno psicoterapeuta per loro stessi o i loro figli; pensare, se presente sul territorio, alla frequentazione di un “Gruppo di parola”. Si tratta di uno strumento tecnico per bambini e adolescenti che vivono situazioni di rottura dei legami. Tale metodologia mira a creare un luogo, anche simbolico, per permettere di elaborare i sentimenti che condizionano la quotidianità dei bambini. Il Gruppo di Parola può essere utilizzabile dai 6 anni fino a l’adolescenza, ed è caratterizzato da una metodologia educativa breve: 4 incontri da due ore, con un momento di condivisione tra genitori e figli».

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