Smart working per le mamme: soluzione ai problemi o fonte di ulteriore stress?
Smart working significa letteralmente "lavoro agile". Così lo definisce l'articolo 18 della legge n. 81/2017. Il suo scopo è "incrementare la produttività aziendale e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro": in sostanza, lo smart working è una modalità di lavoro flessibile che, grazie all'uso del digitale, permette di portare avanti i compiti normalmente svolti in ufficio da casa, o comunque a distanza. Ma si tratta veramente di una soluzione efficace?
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Smart working e stress
L'agilità di questa formula, tuttavia, non è così scontata: secondo l'ultima ricerca svolta da Sitly, piattaforma specializzata nella ricerca di babysitter, il 72% delle mamme intervistate in Italia ammette che la conciliazione tra lavoro e famiglia è possibile, ma non è semplice. Secondo il Household Longitudinal Survey (il più grande sondaggio di questo tipo mai realizzato in Inghilterra) è risultato che le donne lavoratrici con figli mostrano livelli di stress più elevati del 18% rispetto alle donne senza figli. E il 34% delle mamme coinvolte nella ricerca di Sitly ha ammesso di essere fortemente stressato. Abbiamo chiesto un parere a Sabino Maria Frassà, esperto di corporate social responsability, vicepresidente di Fondazione Cure e direttore di Ama Nutri Cresci.
Lo smart working può davvero servire a ridurre lo stress delle mamme che lavorano?
"Io non credo ci siano ricette perfette contro lo stress, che è una reazione soggettiva a degli stimoli esterni – spiega Frassà -. Lo smart working può indubbiamente aiutare, ma deve essere correttamente recepito e messo in pratica tranquillamente e positivamente sia dalla mamma che lo sceglie, sia dai datori di lavoro: altrimenti rischia di generare ulteriore stress. Dev'essere chiaro a entrambe le parti che non è la stessa cosa che lavorare dall'ufficio: dobbiamo ammettere che cambia l'interazione tra le persone e che andranno riviste alcune consuetudini e credenze dure a morire in Italia. Prima tra tutte lo smart Working mina e dovrebbe scardinare la convinzione che vede nelle ore passate in ufficio un segnale di "fedeltà" da elogiare.
In tanti uffici chi se ne va presto è visto male. Tanti preferiscono leggersi le email o leggere al PC piuttosto che uscire "presto". Dovremmo capire, banale a dirsi, che non sono le ore passate a lavoro, ma il modo. Ovvio ci vuole serietà da parte del lavoratore, altrimenti il patto di fiducia necessario viene a mancare".
Smart working in gravidanza e smart working in periodi “normali”: le differenze
Come mettere in pratica lo smart working al meglio?
"Naturalmente dipende dal tipo di impiego, ma in generale il lavoro in team è fondamentale, e l'empatia è parte di una corretta comunicazione e del buon funzionamento di un qualsiasi ufficio - prosegue Frassà -. Temo quindi che sia difficile e rischioso il pensare a un lavoro da casa totalizzante, o quasi. Può essere uno strumento anche significativo, ma senza superare, se non in particolari casi (Coronavirus, gravidanza o periodi contingentati) la soglia del 40%. Per metterlo correttamente in pratica, bisogna studiare i reciproci bisogni e trovare il mix perfetto".
Smart Working, come iniziare
Ci potrebbe dare qualche consiglio pratico per la gestione dello smart working?
- BABYSITTER PER QUALCHE ORA. "Io credo che, potendo, la soluzione migliore sia quella di avere al proprio fianco una baby sitter, o comunque una persona che si occupi dei bambini mentre la mamma lavora, magari anche solo per qualche ora, o nei momenti cruciali. Così la mamma sarà comunque presente, a fianco dei figli, ma potrà dedicarsi al lavoro".
- NO ALLA TV E TABLET, SPAZIO ALLA CREATIVITA'. "Sconsiglio, in generale, di piazzarli davanti alla televisione o al tablet, proponendo altre attività, dalla lettura al disegno, alle quali la mamma potrà partecipare di tanto in tanto. Parlo naturalmente di bambini di qualche anno: per i neonati la questione è chiaramente diversa".
- L'IRONIA COME MODALITA' DI GESTIONE DELLE EMERGENZE. "Se quando un cliente o il capo chiama il bambino piange, non scusatevi: buttatela sul ridere".
Gestione dello smart working
E se la lavoratrice percepisce che in azienda non è "visto di buon occhio" chi chiede di accedere a questa modalità di gestione del tempo di lavoro?
- FAR CAPIRE CHE SODDISFAZIONE FA RIMA CON PRODUTTIVITA'. Per far "accettare socialmente" che lo smart working per chi ha figli è una buona soluzione anche per l'azienda, il dialogo è il primo passo. "Fondamentale è far capire che una persona soddisfatta e serena è più efficace e produttiva. Non rivendicare, ma proporre e socializzare i bisogni con il capo e con i colleghi che non devono vedere nel figlio altrui un problema, ma una condizione almeno neutra, se non positiva".
- NON ESSERE MONOTEMATICI. "È normale che i figli siano al centro del nostro vivere, ma attenti a parlarne troppo in ufficio: si rischia di urtare la sensibilità di chi magari non è riuscito ad averne e non ne parla e rischia di far fraintendere anche la propria professionalità: sono una persona adulta, che sta lavorando e che ha vissuto e vive una grande fortuna che è quella di avere avuto un figlio".
- CONDIVIDERE L'UFFICIO DA CASA. Se si lavora in una piccola realtà o in un'azienda in cui c'è un buon dialogo e dei rapporto umani discreti, una soluzione potrebbe essere quella di aiutare le persone a mettersi nei panni altrui. "Un suggerimento: visto che vedersi di persona è fondamentale, perché non invitare una volta il capo o un collega a lavorare due ore o ad esempio a fare una call a un cliente insieme da casa? Così si vedrà che a casa si lavora e che il bambino è un elemento non solo di rumore, ma anche di serenità e quindi maggiore produttività".