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Essere genitori agevola nel mondo del lavoro?

di Sara De Giorgi - 05.06.2018 - Scrivici

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Fonte: Pixabay
Si impara ad essere madri (e padri) e la genitorialità e il lavoro sono due sfere che possono e devono interagire. E' questa una delle idee principali del progetto fondato da Riccarda Zezza e da Andrea Vitullio: portare le competenze che nascono con l'esperienza della genitorialità nell'ambito del lavoro. Abbiamo intervistato Elisa Vimercati, che si occupa di Research & Development all'interno di   Maam, la quale ci ha spiegato esattamente il messaggio che MAAM veicola nel mondo professionale e nell'ambito della cultura aziendale.

In questo articolo

Mamme (e papà) non si nasce, ma si impara ad esserlo. E la maternità è una laurea. O meglio un master nella "scuola della vita".

Abbiamo intervistato Elisa Vimercati, che ci ha raccontato cos'è MAAM - Activates Life Based Learning, il progetto fondato da Riccarda Zezza e da Andrea Vitullio per portare le competenze che nascono con l'esperienza della genitorialità nell'ambito del lavoro. Elisa si occupa di Research & Development all'interno di Maam e ci ha spiegato esattamente in cosa consiste il loro progetto e quali sono i concetti che divulga negli ambiti del mondo professionale e della cultura aziendale.

"L’idea di MAAM parte nel 2012 e ha una lunga storia di ricerca scientifica. Il percorso digitale nasce da una richiesta delle aziende e, quindi, da un crescente bisogno del mercato ed è arrivata subito dopo la pubblicazione del libro Maam, la maternità è un master che rende più forti uomini e donne", racconta Elisa.

Riccarda Zezza e Andrea Vitullio, entrambi con un passato manageriale per grandi aziende italiane e multinazionali, sfida uno degli stereotipi più pericolosi del nostro secolo, ossia quello che fa della maternità un punto di debolezza nel lavoro delle donne. La genitorialità offre competenze utili per il lavoro, questo è il messaggio chiave contenuto nel libro e che ha portato MAAM a diventare un progetto digitale che è stato portato nelle aziende.

"In realtà il primo passaggio che abbiamo fatto è stato in "aula", cioè abbiamo organizzato dei workshop: ciò però ha evidenziato un limite che ci ha spinto a fare il salto verso il digitale. Due motivazioni ci hanno portato in particolare alla comunicazione digitale: la prima per permettere a tutti di usufruire dello stesso messaggio e dello stesso percorso in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. La seconda è quella che noi identifichiamo con l’impatto: il digitale "segue" nel modo giusto la persona in relazione a un’esperienza che sta già facendo, che è quella della genitorialità".

Elisa spiega che le esperienze di vita "di transizione", come la maternità e la paternità, sono un’enorme fonte e occasione di apprendimento. Però non è detto che i neo-genitori se ne rendano conto. "L’esperienza legata alla maternità e alla paternità attiva conoscenze e non sempre si è consapevoli di ciò. Vogliamo offrire spunti per attivare questa nuova consapevolezza sull'essere genitore".

Le problematiche legate alla genitorialità presenti nel mercato del lavoro

"Secondo i dati del World Economic Forum del 2017, l’Italia è al 116esimo posto per quanto riguarda la partecipazione delle donne al lavoro, mentre il 78 per cento delle dimissioni che l’Ispettorato del lavoro ha convalidato è femminile. Per donne e, soprattutto per le mamme, la situazione occupazionale è negativa, ma anche per i papà ci sono dati altrettanto forti. Ciò significa che la popolazione presenta problematiche legate al rapporto tra vita e lavoro. L’essere donna e diventare madre spesso è un ostacolo alla carriera lavorativa. E i papà? Nel loro caso, le ricerche ci dicono che spesso i padri vengono riconosciuti come lavoratori, ma non sono visti come "padri". Un padre part-time sembra ancora una stranezza", chiarisce Elisa.

Tre madri su dieci non sanno neanche che esiste il congedo parentale e due padri su dieci non lo usano (lo dice il report “Diamo voce ai papà”, scritto da Piano C e Doxa nel 2017). Da un lato la situazione è desolante, dall'altro però no, anzi vi sono possibilità che occorre sfruttare.

Infatti, Elisa Vimercati spiega che "Le aziende investono 1 miliardo di euro all'anno per lo sviluppo di competenze "soft", che sono quelle che si sviluppano nelle persone parallelamente alla genitorialità. Queste aziende effettuano investimenti al fine di gestire l'assenza delle donne in congedo maternità e di sostenere altre diversità. Da ciò arriva dunque una ricchezza strategica che fa la differenza".

Maam per i neo-genitori

"Noi pensiamo che donne e uomini, nel momento in cui divengono genitori, sviluppano nuove competenze.

Noi li aiutiamo ad avere consapevolezza di queste competenze. MAAM non dà supporto a problematiche pratiche (come la ricerca di un asilo nido o informazioni sui benefit a disposizione), ma offre un nuovo modo di percepire la genitorialità: tale modalità è innovativa soprattutto per quanto riguarda la cultura aziendale, che corrisponde anche alla cultura personale. Attualmente la genitorialità può essere vissuta come un problema nel mondo lavorativo: l'obiettivo di Maam è capovolgere questo paradigma, perché sempre più la genitorialità venga percepita - dal singolo, dalle aziende e in generale dalla società - come opportunità anche professionale", afferma Elisa.

Il percorso digitale MAAM offre contenuti multimediali, video con contenuti ispirazionali e approfondimenti scientifici, che attivano la riflessione su come la genitorialità sia un'occasione per sviluppare competenze anche sul lavoro.

Il progetto digitale Maam prevede anche lo svolgimento di esercizi pratici, che mutano in positivo il modo in cui la persona percepisce se stessa. In particolare, questi esercizi suggeriscono di trasferire e applicare alcune cose che si fanno con i propri figli al mondo del lavoro. Si può provare, ad esempio, ad ascoltare il proprio collega così come si ascolta il proprio figlio. Poi bisogna solo stare a vedere cosa succede. Separare nettamente la sfera della vita personale da quella del lavoro è una forzatura che non aiuta nessuno. Essere in sinergia invece aiuta se stessi, le altre persone e l’azienda", afferma Elisa Vimercati.

Trasferire le competenze genitoriali al lavoro è possibile?

"Sì, noi siamo convinti di ciò, tanto che abbiamo dato un nome proprio a questa capacità: la chiamiamo transilienza, che deriva dall'unione di due termini, ossia transizione più resilienza. Letteralmente è la capacità di trasformarsi nel cambiamento e corrisponde all'abilità di portare le risorse e le competenze che si hanno a casa sul luogo di lavoro. Ciò già accade: i riscontri che abbiamo avuto e continuiamo ad avere lo confermano".

Consigli pratici per genitori sul lavoro

Elisa Vimercati offre i seguenti consigli ai genitori che lavorano e che hanno difficoltà a conciliare la vita privata con il mondo professionale:

  1. Il consiglio principale è quello di mettere in pratica le abilità che caratterizzano la vita con i figli sul lavoro.
  2. Un altro suggerimento riguarda la gestione del tempo: "Noi non siamo multitasking, le neuroscienze dicono che il cervello non riesce a fare due cose insieme, siamo invece multishifting, cioè facciamo una cosa alla volta con grande concentrazione".
  3. Il terzo consiglio riguarda l'osservazione di se stessi: è importante osservarsi e capire come ci si comporta con il proprio figlio o con il proprio collega per scoprire qual è il proprio modo di essere empatici o di delegare, ad esempio. La delega è importante: non si riesce a gestire tutto, quindi bisogna imparare a lasciare spazio agli altri. "Non si può stare dietro a tutto: la comprensione di ciò libera e alleggerisce", afferma.
  4. Il quarto suggerimento, più importante di tutti, è relativo all'attivazione della transilienza, che significa che bisogna cambiare il modo di percepirsi e portare le competenze dalla vita al lavoro. Occorre dunque dirsi: “Quello che io sono va bene e anche quello che sto facendo come genitore va bene".

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