Rientro al lavoro dopo la maternità
Il rientro al lavoro dopo la nascita di un figlio è un momento molto delicato. Purtroppo, in Italia, tende di frequente a crearsi una situazione di gioco-forza in cui sono quasi sempre le aziende ad averla vinta. Carolina Casolo, fondatrice di Sportello Mamme, ci spiega quali sono le richieste legittime e le indennità riconosciute per le neomamme che devono riprendere a lavorare.
Il rientro dalla maternità: dopo quanti mesi avviene e come funziona
"Nel caso di lavoratrice subordinata, la stessa entra in maternità obbligatoria per una durata massima di 5 mesi a cui poi può aggiungere in modalità continuativa la maternità facoltativa (ovvero il congedo parentale) per una durata massima di 6 mesi. La maternità obbligatoria si può richiedere dal 7° mese di gravidanza in avanti. Le combinazioni di cui si può usufruire sono varie:
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2 + 3 (due mesi prima del parto e 3 mesi dopo il parto)
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1 + 4 (1 mese prima del parto e 4 mesi dopo il parto)
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0 + 5 (lavorare fino al parto e usufruire dei 5 mesi dopo il parto) dal 2019.
La maternità facoltativa si può richiedere al termine di quella obbligatoria o anche successivamente, previa verifica dei requisiti e dell'età del minore. In caso in cui la lavoratrice sia in stato di gravidanza a rischio dovuto a questioni mediche personali oppure legate alla mansione svolta è possibile presentare domanda per maternità anticipata a decorrere dal mese in cui siano accertate tali condizioni. Tale indennizzo termina al compimento del 7° mese di gravidanza, in coincidenza con l'inizio della maternità obbligatoria".
Cosa accade in pratica: il punto di vista dell'osservatorio Sportello Mamme
"La maternità obbligatoria retribuita al 100% in modalità diretta alla dipendente a carico del datore di lavoro (per cui riceve da Inps un supporto per l'80%) e la maternità facoltativa retribuita al 30% in modalità diretta alla dipendente a carico del datore di lavoro, sono indennizzi che rimandano a diritti sacri e inalienabili per le lavoratrici madri e prevedono naturalmente determinate tutele.
Una tra tutte il rientro a lavoro con mantenimento del proprio ruolo, mansione e retribuzione. Purtroppo invece sempre più frequentemente in Italia, le aziende per disincentivare la permanenza della risorsa realizzano de-mansionamenti o distaccamenti presso altre unità produttive, spesso anche molto distanti dalla residenza del nucleo familiare. Di fatto però la ricollocazione della lavoratrice presso altra unità produttiva non è possibile fino al compimento dell'anno del bambino. La normativa a tutela della maternità prevede infatti che, al termine del periodo di astensione obbligatoria, la lavoratrice madre ha diritto alla conservazione del posto di lavoro e, salvo che rinunci espressamente, di rientrare nella stessa unità produttiva nella quale era occupata in precedenza, o in altra ubicata nel medesimo Comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino. Successivamente, l'eventuale trasferimento della lavoratrice sarà possibile solo allorché la società abbia reali esigenze tecnico, organizzativo, produttive che possano giustificarlo".
Come comportarsi al rientro: le richieste che si possono fare
"Per quanto concerne invece la possibilità per la lavoratrice di richiedere orari flessibili o magari una riduzione oraria tramitle la richiesta di un part-time, la situazione è ancora più complessa. I congedi parentali riconosciuti per alcune particolari situazioni del minore oppure le ore di allattamento sono richieste più che legittime e prodotti previdenziali tutelati. Tuttavia molte aziende non accettano tali richieste e non ne riconoscono i diritti. Purtroppo si concretizza una situazione spinosa, un gioco forza che vede vincere l'azienda. Le richieste di part-time invece sono seguite quasi sempre da risposte negative. I part-time in Italia hanno costi elevati rispetto ad un orario di lavoro pieno e inoltre costringono le aziende ad assumere altro personale per sanare le ore mancanti. Questi motivi finiscono per spingere le donne lavoratrici madri a dover rassegnare volontariamente le dimissioni e a richiedere l'indennizzo di disoccupazione.
Un loop che non si riesce a interrompere. La realtà dei fatti a mio parere è sempre una mancanza strutturale di welfare statale che permetta ai nuclei familiari di disporre di realtà, aiuti e strutture, dando così la possibilità di poter gestire i minori a costi abbordabili o di ricevere aiuti economici ben definiti per retribuire figure di tutoring per i minori stessi".
L'intervistata
Carolina Casolo, fondatrice di Sportello Mamme, è una consulente fiscale di 35 anni con una lunga esperienza in campo previdenziale. Imbattendosi nella giungla della disinformazione sulla previdenza in tema di maternità e paternità ha deciso di studiare i contributi, gli ammortizzatori e le norme per dare vita a un servizio online che assistesse gratuitamente i genitori anche nello svolgimento delle pratiche. "Forniamo informazioni gratuite, se interessato il neogenitore può acquistare a costi convenienti il servizio di presentazione domanda per ottenere ciò di cui ha diritto. Diamo una mano, aiutiamo e informiamo gratuitamente su tutti i bonus e le contribuzioni disponibili". Sportello Mamme è un servizio di consulenza digitale a cui hanno già chiesto informazioni quasi duemila mamme.