Leggere una fiaba ai propri figli per farli addormentare è una bellissima abitudine. Ma se invece di limitarci a leggere inventassimo noi la storia? Non è così difficile come può sembrare, perché gli elementi di base si ripetono, e i contenuti arrivano direttamente dalla vita e dalle esperienze del bambino. Ne abbiamo parlato con Massimo Fancellu, formatore, autore del libro «Educare con le favole. Come inventare e raccontare storie per aiutare i bambini a crescere felici», e organizzatore di laboratori di creazione di favole per genitori e insegnanti delle scuole dell'infanzia, e con Lorena Figini, insegnante, curatrice del blog Pedagogia e Didattica.
Ascoltate anche il nostro podcast sulle favole lette ad alta voce per bambini.
Massimo Fancellu, come le è venuta l’idea di inventare fiabe?
«Di professione io sono un formatore, e una delle modalità che si usa anche con gli adulti è quella del racconto. Poi sono diventato papà. Attorno ai 3 anni mia figlia ha iniziato ad avere degli incubi notturni, che sono molto comuni; una notte ha sognato i mostri. Io le ho spiegato che non esistono, ma lei aveva paura lo stesso. Così, per distrarla, ho iniziato a mettere una parola dopo l’altra, fino a costruire la storia di un bambino che riesce grazie alle indicazioni del papà a superare la paura. Si è tranquillizzata, e il giorno dopo ha richiesto la storia con l’aggiunta del personaggio di una bambina, lei stessa, che ha sconfitto i mostri. Da quel momento non ha più avuto problemi, o se ha avuto incubi li ha gestiti da sola. Ho pensato dunque che quelle dalla favola fosse un buon metodo per far passare concetti che a livello razionale non passano. Successivamente, io e mia moglie abbiamo continuato a usare favole e altre storie in altri momenti di difficoltà o di crescita ed il riscontro è stato molto positivo, quindi ho deciso di raccontare anche ad altri genitori come usare le favole in maniera più consapevole e finalizzata».
Qual è il vantaggio di inventare fiabe, piuttosto che leggere quelle già esistenti?
«Si stabilisce una relazione più intensa con il bambino, e si personalizza la vicenda sulla base delle sue necessità. Si possono costruire storie per aiutarlo a superare momenti di difficoltà fisiologica, non patologica: parliamo di piccole insicurezze, stimoli, o anche solo per divertirsi. Le favole sono uno strumento incredibilmente efficace perché permettono di superare le barriere di ruolo: non è più papà o mamma che usa la sua autorità, sono i protagonisti a parlare. Per questo è importante non rendere troppo esplicito l’intento. Inoltre, il racconto di una favola dev’essere sempre un momento gioioso, sereno, di condivisione: non va caricato di aspettative».
Come si fa a strutturare una favola?
«Le favole hanno dei punti fermi: si parte da uno stato di benessere, poi succede qualcosa che porta una difficoltà nella vita del protagonista, che per superarla deve affrontare un viaggio, concreto o metaforico, un cambiamento, durante il quale incontra qualcuno che gli dà una mano attraverso consigli o strumenti magici, permettendogli di superare la difficoltà. Sconfitto il nemico, superata la difficoltà, il protagonista approda a una nuova situazione di benessere».
Come fare riferimento alla situazione in cui si trova il bambino senza parlarne in modo esplicito?
«Basta creare un parallelo tra la situazione concreta e una situazione fantastica. Se il bambino ha un compagno di scuola che gli rende la vita difficile, il bambino potrebbe essere una tartaruga e il bullo un leoncino. La favola va poi arricchita di ulteriori elementi, non presenti nella realtà, per non rendere il parallelo troppo palese: magari ci potrebbe essere un fratellino inventato. Il finale dev’essere positivo, ma non in contrasto con la realtà: se i genitori stanno divorziando nella favola non devono tornare insieme; se la nonna è morta nella favola non deve tornare in vita. Semplicemente, il protagonista sarà in grado di superare la difficoltà e ritrovare un nuovo equilibrio, un nuovo modo di essere felice».
Lorena Figini, la fiaba è uno strumento utile nella relazione col bambino e nella sua educazione? Perché?
«Come spiega molto dettagliatamente Bruno Bettelheim nel suo testo Il mondo incantato, la fiaba permette al bambino di esorcizzare delle paure, evocando delle situazioni in qualche modo vicine alla sua esperienza, oppure che si troverà ad affrontare durante la crescita.
Anche Rudolf Steiner ha dato grande importanza alla fiaba e al mito come prerequisiti dell’apprendimento della storia, nella scuola da lui fondata. Le fiabe, dunque, sono occasione per educare i bambini in modo indiretto e non esplicito, andando a toccarli nel profondo attraverso le emozioni, ma senza mai parlare direttamente di loro o di avvenimenti che li toccano da vicino (separazioni, lutti, paure, bullismo, ecc)».
Ci sono fiabe in particolare più adatte di altre, o particolarmente educative?
«Ricordiamoci che le fiabe "popolari" sono state tramandate per secoli a voce in un contesto contadino e non erano indirizzate esclusivamente ai bambini, anzi spesso venivano narrate tra adulti. Infatti, le versioni originali spesso raccontano episodi poco adatti al pubblico infantile. Una volta che ci si è assicurati che la fiaba sia in una versione adatta all’età dei bambini a cui ci rivolgiamo, allora non ci sono altri limiti se non il gusto letterario di chi ascolta».
Se un genitore volesse invece inventarsi una fiaba, quali elementi dovrebbe contenere?
«Premesso che la fiaba ha delle caratteristiche fisse (protagonista, antagonista, prove da superare), la cosa più importante è sicuramente che abbia una morale, un lieto fine che insegni che è possibile superare le difficoltà. Consiglio, poi, di prendere ispirazione da Gianni Rodari: questo autore ha scritto numerose fiabe moderne, ma soprattutto, nel suo libro Grammatica della fantasia ci ha insegnato come trasformare, modificare, stravolgere le fiabe, per renderle più accattivanti. Si tratta di una sorta di gioco che da una parte permettere di conoscere la struttura della fiaba e il suo significato e dall'altro di divertirsi sviluppando il pensiero divergente».
Aggiornato il 29.04.2020