Le favole di Esopo: un bagaglio culturale condiviso
Esopo è uno scrittore greco vissuto tra il 620 a.C. e il 564 a.C. circa, ed è uno tra gli scrittori più conosciuti ed apprezzati di tutti i tempi.
Le favole di Esopo hanno riscosso nel tempo un tale successo che centinaia di autori si sono cimentati con questo genere. Il termine favola, è entrato nella cultura popolare per indicare un genere letterario vero e proprio, di cui Esopo è l'ideatore e il primo scrittore di cui abbiamo traccia. Molte delle sue favole sono diventate un bagaglio culturale condiviso: in poche righe ci raccontano la storia di animali personificati, con lo scopo di insegnarci una morale.
Le favole di Esopo: cosa insegnano ai bambini
Le favole di Esopo hanno ancora oggi molto da insegnare, infatti contengono sempre un insegnamento morale facile da comprendere anche per i più piccoli. Non avendo trame complesse come le fiabe, ed essendo generalmente testi brevi, comportano comunque un piccolo sforzo avendo un minimo di intreccio narrativo che fa interagire i personaggi e confluisce nel finale, dove si traggono le conclusioni morali della storia.
Per la loro semplicità nell'esposizione, queste favole possono essere ascoltate con la lettura ad alta voce a partire dai 4-5 anni.
Vi proponiamo le più belle favole di Esopo riviste da Fedro e i podcast da ascoltare.
Le favole di Esopo: le più belle
Le più belle favole di Esopo sono quelle con gli animali più caratterizzati: come la volpe, astuta e orgogliosa, o la formica nota lavoratrice in opposizione all'oziosa cicala; oppure il topolino che, seppur piccolo, riesce bene a districarsi bene nelle situazioni più difficili.
La volpe e la maschera tragica: la favola di Fedro-Esopo
Una volpe vide per caso una maschera da teatro: "Oh, che bellezza - disse - ma non ha cervello".
Morale: Una storiella per coloro a cui la fortuna ha concesso onori e gloria, ma ha negato il buon senso.
Il passero e la lepre
Una lepre, mentre correva nel prato, fu ghermita dagli artigli di un'aquila, che voleva farne un solo boccone. Venne vista da un passerotto di passaggio, che le disse: "Ah, che lepre distratta! Avresti dovuto prestare più attenzione prima di metterti a correre nel prato e adesso farai la fine che meriti. Che fine ha fatto la tua famosa velocità? Che cosa è successo alle tue gambe?". Il passero non aveva finito la frase che uno sparviero si buttò a capositto su di lui e lo catturò. Ora fu il turno della lepre, che rispose: "Sciagurato, pensavi di darmi una lezioni di vita, ma ora piangi per il tuo di destino".
Morale: E' da sciocchi non badare a se stessi per dare consigli agli altri.
La volpe e la cicogna
Una volpe decise di invitare a cena una cicogna. La volpe, prima dell'invito, preparò un piatto pieno di cibo liquido, che la cicogna, benché avesse fame, non potè per nulla gustare. Ahhh, tutta colpa del suo lungo becco. La volpe invece si riempì la pancia a sazietà.
Toccò poi alla cicogna di invitare la volpe a cena. Memore del digiuno forzato, le preparò un vaso dal lungo collo pieno di cibo triturato. La cicogna usò il lungo becco per sfamarsi fino a scoppiare. La volpe restò invece a bocca asciutta. Non le servì a nulla leccare da fuori il collo del vaso. Sogghignando, la cicogna le disse: "Ora ti tocca sopportare, dato che hai dato tu il cattivo esempio".
Morale: non si deve fare del male a nessuno, ma se qualcuno ci fa un torto, perché non ripagarlo con la stessa moneta?
La vacca, la capretta, la pecora e il leone
Una vacca, una capretta e una pecora avvezza a sopportare offese e soprusi, fecero combutta con un leone.
Passeggiando insieme in un bosco, trovarono un cervo enorme e decisero di dare la caccia. Insieme, riuscirono a catturarlo!
Venne il momento di dividersi il bottino. Ci pensò il leone: "Io prendo la prima parte, perché mi chiamo leone. Mi darete anche la seconda parte, perché sono forte. La terza, perché valgo di più. La quarta... perché se proverete ad accaparrarvela finirete nei guai". Così il prepotente leone, si portò via la preda intera.
Morale: Meglio non fidarsi dell'allenza con un potente... prepotente!
La cicala e la formica
Era estate e faceva molto caldo. Nonostante la fatica, una formica era tutta presa a lavorare duramente, per mettere da parte provviste per l'inverno. Avanti e indietro, avanti e indietro. Lavorava così duramente che attirò l'attenzione di una cicala, tutta presa invece a cantare tutto il giorno.
Arrivò presto l'inverno e con questo la neve e il freddo. La formica non aveva di che temere: aveva fatto grandi scorte in previsione. La cicala cominciò invece a sentire i morsi della fame. Andò quindi dalla formica e le chiese: "Dato che ne hai in abbondanza, potresti darmi qualcosa da mangiare?"
E la formica: "Io ho lavorato duramente tutta l'estate per accumulare tutto questo. Tu che cosa hai fatto?"
"Ho cantato" rispose la cicala.
E la formica: "E allora adesso balla!"
Morale della favola: chi nulla fa, nulla ottiene.
La rana e il bue
Un giorno una rana vide in un prato un bue e, toccata dall'invidia per una così grande mole, gonfiò la sua pelle rugosa. Domandò poi ai suoi figli se non fosse più grossa del bue.
Quelli dissero risposero in coro: "Noooo".
Di nuovo, con uno sforzo maggiore, tese la pelle e chiese di nuovo chi dei due fosse più grosso.
I figlioletti risposero: "Il bueeee".
Infine, mentre provò a gonfiarsi ancora di più, inspirò moltissima aria finché... BOOOOOM!
Perché chi troppo vuole...
Morale della favola: questa facola insegna che non bisogna cercare di essere ciò che non siamo. Non dobbiamo cercare di imitare chi è diverso da noi, solo perché invidiamo quello che è.
ll cane e il pezzo di carne
Un cane, mentre stava attraversando a nuoto un fiume, portando in bocca un pezzo di carne, vide nello specchio dell'acqua la sua immagine e credendo che ci fosse un altro cane con un'altra preda, volle strappargliela: ma quell'avido, deluso, non solo lasciò andare il cibo che aveva in bocca, ma neppure potè afferrare quello che desiderava.
Perde giustamente il proprio, chi cerca di carpire l'altrui.
Morale della favola: Chi troppo vuole, nulla stringe. Meglio accontentarsi di quello che si ha, che rischiare di perderlo.
Il lupo e l'agnello
Un lupo e un agnello, stimolati dalla sete, erano giunti a uno stesso ruscello. Più in alto stava il lupo, molto più in basso l'agnello.
Allora il primo, prepotente e spinto dall'insaziabile gola, addusse un pretesto di contesa: "Perché - disse - mi hai intorbidito l'acqua mentre bevevo?"
E l'agnello timoroso: "Ma scusa, o lupo, come posso fare quello di cui ti lamenti? L'acqua scorre in giù dalle tue alle mie labbra".
E l'altro, vinto dalla forza della verità: "Sei mesi fa - riprese - hai detto male di me".
Rispose l'agnello: "Ma se non era ancora nato!"
"Tuo padre allora - replicà - disse male di me". E senza dire altro, affera il povero agnello e lo mangia ingiustamente.
Questa favola è stata scritta per quegli uomini che con falsi pretesti opprimono gli innocenti.
Morale di questa favola: contro chi ha deciso di fare un torto non c'è un'adeguata giustificazione o difesa che tenga.
Il cervo alla fonte
Un cervo, dopo aver bevuto, si fermò nei pressi di una fonte e vide specchiata nell'acqua limpida la sua immagine. Fermo lì, ammirandosi, lodò le sue imponenti e ramose corna, biasimando invece le zampe lunghe e sottili.
Atterrito, a un tratto si mise a fuggire sentendo le voci dei cacciatori.
Agile e scattante, fuggì per la campagna, riuscendo a sfuggire ai morsi dei cani da caccia.
Si tranquillizzò solo dopo aver trovato scampo in un boschetto lì vicino. Ma venne trattenuto e fermato dalle lunghe corna. Venne raggiunto dai cani da caccia, che lo stanarono.
Si narra che poco prima del colpo finale pronunciò queste parole: "Oh, me infelice! Perché solo ora comprendo quanto siano state utili le cose che avevo poco prima disprezzato e quanto danno invece mi abbiano recato quelle che avevo lodato!"
Questa favola conferma che spesso ciò che puoi aver disprezzato, risulta più utile di quello che hai esaltato poco prima.
Morale: questa favola conferma che non bisogna disprezzare le doti che si hanno, possono sempre tornare utili.
La volpe e l'uva
Una volpe, spinta dalla fame, saltando con tutte le sue forze cercava di cogliere dell'uva su un'alta pergola.
Ma poiché non la potè toccare, andandosene disse: "Non è ancora matura: non voglio coglierla acerba".
Coloro che disprezzano a parole ciò che non sono capaci di fare, dovranno riferire a sé stessi questa favoletta.
Morale: la morale per Esopo è che la volpe fa proprio come alcuni uomini che, non riuscendo a superare le difficoltà, accusano le circostanze e non si interrogano sui loro limiti.
La cornacchia superba e il pavone
Gonfia di vana superbia, una cornacchia raccolse le penne cadute ad un pavone e se ne adornò.
Poi, disprezzando le compagne, si unì al bello stormo di pavoni.
Questi però strapparono le penne all'improvviso al pennuto e lo misero in fuga a colpi di becco.
La malconcia cornacchia si avviò addolorata per tornare dal proprio gruppo.
Ma da questo venne respinta e dovette sopportarne l'umiliazione.
Poi una di quelle che prima aveva disprezzato disse: "Se ti fossi accontentata di noi e delle nostre origini e avessi voluto tollerare ciò che la natura ti aveva dato, non avresti provato questo affronto, né ora saresti infelice per questo rifiuto".
Morale: Nessuno giosca nel vantarsi dei beni altrui. Sempre meglio accontentarsi del proprio stato e di quello che si ha.
Il leone e il topo
Un grande e feroce leone cattura un piccolo topo. Quest'ultimo riesce a convincere il leone a lasciarlo andare in cambio della sua amicizia fedele. Il leone si convince e lascia libero il topo. Quando il leone viene catturato da un cacciatore, il topo dimostra la sua lealtà alla promessa data: trae in salvo il leone dalle grinfie del cacciatore.
Morale: anche i più piccoli possono essere di grande aiuto.
Il lupo e l'agnello
Un lupo scorge un agnello che beve nel torrente e decide di mangiarselo. Si avvicina all'agnello, impaurito, e inizia ad accusarlo: sporchi la mia acqua, i tuoi genitori mi erano nemici... L'agnello si difende facendo notare al lupo i suoi errori. Ma il lupo decide comunque che per queste ragioni lui dovrà soffrire e se lo mangia.
Morale: contro chi ha deciso di fare un torto non c'è un'adeguata giustificazione o difesa che tenga.