Carlo Collodi, l'omaggio per il suo compleanno
C'era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno…. Così cominciano «Le avventure di Pinocchio» di Carlo Collodi, che il 24 novembre avrebbe compiuto 197 anni. E noi pubblichiamo due filastrocche di Mimmo Mòllica per rendere omaggio a Collodi e al suo capolavoro, il libro italiano più tradotto al mondo.
Le filastrocche in omaggio a Carlo Collodi
«Filastrocca di Pinocchio» di Mimmo Mòllica
Burattino Pinocchio era fatto di legno,
ma non era un automa o un congegno,
era frutto del genio di un uomo di ingegno,
detto Carlo Collodi ed ha lasciato il segno.
Ma quel pezzo di legno, e cioè il burattino,
d'improvviso un bel giorno divenne un bambino:
è una storia un po' lunga ma che va raccontata,
ci pensarono il Tonno, la Lumaca e la Fata.
Pinocchio si addormentò e in sogno gli venne la Fata, che dopo avergli dato un bacio, gli disse:
— «Bravo Pinocchio! In grazia del tuo buon cuore, io ti perdono tutte le monellerie che hai fatto fino a oggi. I ragazzi che assistono amorosamente i propri genitori nelle loro miserie e nelle loro infermità, meritano sempre gran lode e grande affetto, anche se non possono esser citati come modelli d'ubbidienza e di buona condotta. Metti giudizio per l'avvenire, e sarai felice».
A questo punto il sogno finì, e Pinocchio si svegliò. Immaginate voi quale fu la sua meraviglia quando si accorse che non era più un burattino di legno, ma che era diventato un ragazzo come tutti gli altri.
Era il segno sicuro che Pinocchio capiva,
era fatto di legno eppure soffriva,
i burattini non sono soltanto compagni di giochi,
finché siamo bambini, finché gli anni son pochi.
Senza sentirci alieni, senza crederci eroi,
«burattino Pinocchio» siamo un po' tutti noi,
quando poi ci crediamo al potere di un regno,
quando siamo superbi e sembriamo di legno.
Quando poi sentiremo forte battere il cuore,
quell'allegro bum bum che fa un certo rumore,
sentiremo Geppetto sussurrar con contegno:
«Burattino Pinocchio non è fatto di legno,
il suo naso era lungo, ma ora è grande il suo cuore,
e perciò batte forte perché è nato l'amore».
Mimmo Mòllica
«Pinocchio e l'Abbecedario» di Mimmo Mòllica
Non appena finì di nevicare
Pinocchio, con il libro sotto braccio,
a scuola s'accingeva lesto a andare
fantasticando: «Adesso cosa faccio?».
A scuola voglio subito imparare
a leggere, a scrivere e a contare,
così guadagnerò tanti quattrini
e a babbo comprerò giacca e calzini.
- Una bella casacca di panno. Ma che dico di panno? Gliela voglio fare tutta d'argento e d'oro, e coi bottoni di brillanti. E quel pover'uomo se la merita davvero: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia... a questi freddi! Non ci sono che i babbi, che sieno capaci di certi sacrifizi!...
E mentre il burattino camminava
sentiva una grancassa che suonava;
ed ecco nella piazza tanta gente
e un baraccone goffo e rilucente.
Chiese a un ragazzo: - «Ma che sarà mai?».
- «Leggi il cartello e così lo saprai».
- «Lo leggerei di corsa, volentieri,
soltanto che, malgrado io lo speri,
ancora non so leggere davvero,
ma di imparare molto presto spero».
Era il Gran Teatro dei Burattini
però Pinocchio non avea quattrini:
- «Se vuoi vedere son quattro denari»,
il prezzo esatto degli Abbecedari.
E senza avere poi nulla in contrario
Pinocchio diede via l'Abbecedario,
cose che a raccontarle non le credi
e invece lo vendette su due piedi.
Lo prendo io - gridò un rivenditore di panni usati, che s'era trovato presente alla conversazione. E il libro fu venduto lì su due piedi. E pensare che quel pover'uomo di Geppetto era rimasto a casa, a tremare dal freddo in maniche di camicia, per comprare l'Abbecedario al figliuolo!
E fu l'inizio delle sue avventure,
o peggio, delle sue disavventure,
poiché alla scuola scelse il baraccone
e Mangiafuoco con il suo barbone.
All'origine delle avventure di Pinocchio - infatti - c'è la vendita dell'Abbecedario, per andare al teatro dei burattini. La scelta di marinare la scuola è l'esordio delle sue disavventure. Non sarebbe andata così se avesse scelto la scuola anziché l'allettante «paese dei balocchi», pieno di pericoli, inganni e cattiveria.
Il seguito è da tutti risaputo,
Pinocchio nella Fata s'è imbattuto,
racconta alla fatina le sue colpe,
del libro venduto, del Gatto e la Volpe…
ma con troppe bugie buttate a caso
e al burattino gli si allunga il naso.
A Pinocchio si allunga il naso. La Fatina spiega al bimbo che esistono due tipi di bugie: quelle con le gambe corte e quelle che fanno allungare il naso. E le bugie di Pinocchio sono di quest'ultimo tipo.
E tutto per un libro dato via
per quattro soldi, con faciloneria.
I libri non son mai cose banali,
un libro ha dei valori eccezionali,
ha tante meraviglie naturali
e appena lo apri puoi scoprire quali:
saprai che un libro ha occhi, bocca, sogni ed ali.
Mimmo Mòllica
Curiosità su Collodi
C'era una volta un burattino
«C'era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze. Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno: ma un burattino maraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino: che ve ne pare? ». (Da "Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino" di Carlo Collodi, 1883).
Carlo Lorenzini era il suo nome
Carlo Lorenzini era il vero nome di Carlo Collodi, nato a Firenze il 24 novembre 1826. La madre si chiamava Angelina Orzali ed era una maestra elementare che, però, faceva la cameriera in casa dei Garzoni Venturi, illustre casato toscano, e più tardi presso i Ginori, una ricca famiglia di Firenze. Il padre Domenico faceva il cuoco in casa Ginori e proveniva da una famiglia numerosa, come pure la sua: con Angelina, infatti, avevano avuto dieci figli, sei di loro morti in tenera età. Carlo, affidato a una zia, frequentava le scuole elementari a Collodi, dopodiché intraprese gli studi ecclesiastici presso il Seminario di Val d'Elsa e poi dai Padri Scolopi di Firenze.
Collodi, il paese della madre
Carlo adottò lo pseudonimo di Collodi dal nome del paese della madre, Collodi (appunto), che allora si trovava in provincia di Lucca, mentre a partire dal 1927 si trova in provincia di Pistoia. Carlo Collodi, di idee mazziniane, prese parte alle rivolte risorgimentali del 1848-49 e, divenuto giornalista, si appassionò molto alla realtà toscana, ricca di aspetti stravaganti, e fatta di intrighi e pettegolezzi. Così diede vita al suo capolavoro "Le avventure di Pinocchio", che fu pubblicato per la prima volta nel 1881 sul "Giornale dei bambini" col titolo "La storia di un burattino".
Nel 1883 «Pinocchio. Storia di un burattino» venne pubblicato come volume dall'editore Felice Paggi di Firenze.
Pinocchio salvato dai bambini
Il «Pinocchio» di Collodi inizialmente si concludeva con l'impiccagione e la morte del burattino, ma i piccoli lettori del "Giornale dei bambini" fecero sentire le loro 'invocazioni'.
La Fata Turchina – allora – fece in modo (nella fantasia di Collodi) di fare ravvedere Pinocchio che diventò un bravo bambino, smettendo di disubbidire e di fare birbonate. Fu così che il burattino di legno divenne un bambino come tutti gli altri, e cambiò il suo destino. Pinocchio si salvò e il racconto di Collodi ebbe un grande successo di lettori e di vendite, divenendo un classico della letteratura, non solo per l'infanzia. Ad oggi l'opera di Carlo Collodi risulta essere stata pubblicata in 187 edizioni e tradotta in 260 lingue, dialetti compresi.