La «Filastrocca delle parole per ferire» di Mimmo Mòllica riguarda quelle parole che il celebre linguista Tullio De Mauro indica come "le parole dell'odio" circolanti in Italia. Si tratta di parole dell'intolleranza, il cui catalogo "può essere forse istruttivo, ma a tratti è ripugnante". Ma bisogna mettere i piedi nel fango, a volte, per aiutare gli altri ad uscirne.
In particolare, Mollica ricorda il libro Le parole per ferire di Tullio De Mauro: in questo libro l'autore descrive le iniziative per contrastare in maniera sistematica «manifestazioni di intolleranza, xenofobia, razzismo e incitamento all'odio, a cui la rete permette di avere ampia risonanza».
De Mauro cita, in particolare, il Consiglio d'Europa per avere «concentrato la sua attenzione sui discorsi e le parole dell'odio (hate speech e hate words)» e censisce «le parole dell'odio circolanti in Italia: nell'odio le parole non sono tutto, ma anche l'odio non sa fare a meno delle parole». «Di queste parole dell'odio e dell'intolleranza», afferma il prof. De Mauro, «il catalogo può essere forse istruttivo, ma a tratti è ripugnante».
Infine Mollica ricorda anche le parole di Gianrico Carofiglio, che scrive che «bisogna entrare nel fango, a volte, per aiutare gli altri a uscirne».
«Filastrocca delle parole per ferire»
Uno «zulo» o uno «zulù»
è un uomo e niente più,
e il suo nome significa preciso
«gente del cielo», cioè del paradiso.
Per alcuni dire «zulù» però è un'offesa,
come dire befana alla marchesa,
ci son parole dette per ferire
parole che dovrebbero abolire.
Così baluba per dire incivile
oppure servo per dire servile,
barbaro che non è molto gentile,
zingaro, mammalucco,
ebreo, guascone o crucco.
Mongolo, negro, beduino, polentone
maumau, meridionale o anche terrone,
burino, cavadenti, sei un facchino,
cerebroleso, zoppo, sei un cretino.
Beccamorto, cafone, bottegaio,
cecato, nano, storpio, pecoraio,
omuncolo, sciacallo o anche scartina,
cozza, cretino, tonto, e poi cretina.
E ancora, deficiente, ritardato,
balordo, babbaleo, handicappato,
nullatenente, ebete, puerile,
verme, schifoso, porco ed incivile.
Scemo, testone, stupido, sei un fesso,
gobbo, imbecille, scorfano, sei un cesso,
deficiente, umanoide, finocchio,
somaro, asino, racchia o anche pidocchio.
Sono solo «parole per ferire»,
parole che dovrebbero finire,
parole di cui si può fare a meno,
«parole d'odio» da tenere a freno,
ma è l'odio che non riesce a farne a meno.
Mimmo Mòllica ©