La cornacchia e il corvo
In una serie di filastrocche, Mimmo Mòllica riscrive in versi e rime le favole morali di Esopo. L'accettazione di sé stessi è la metafora di questa bellissima favola, che esorta a non cercare di somigliare ad altri tradendo la propria natura e senza averne i mezzi. La cornacchia, gelosa del corvo, perché gli uomini lo tenevano in considerazione per la sua capacità di prevedere il futuro, si mette in mente di imitarlo, di somigliargli. Vedendo dei passanti, la cornacchia si mette a gracchiare a tutta forza per farsi notare. I passati si voltano spaventati, ma uno di loro dice: «Non è niente, andiamo avanti, è soltanto una cornacchia che grida cose senza senso». E proseguono senza dare alcun peso.
Filastrocca della Cornacchia e il Corvo
La cornacchia del corvo era gelosa
perché creduto mago dalla gente,
capace di predir qualunque cosa,
considerato vate e anche veggente.
Allora la cornacchia si decise,
vedendo della gente di passaggio,
e ad imitare il corvo lei si mise,
gracchiando per infondersi coraggio,
nascosta quanto basta nella macchia
per non sembrare proprio una cornacchia.
La gente l'ascoltava spaventata:
− Che bestia sarà mai così stonata?
− È forse una cornacchia assai affamata?
− No, è solo una cornacchia scapestrata!
Morale
Così chi per invidia altri vuole imitare,
chi ad altri con malizia cerca di somigliare,
ma senza avere i mezzi necessari,
solo con pochi mezzi e assai precari,
poi resterà deriso e amareggiato,
scansato dalla gente e anche scornato.
Successi non ne avrà giammai parecchi,
le nozze le farà coi fichi secchi.
Mimmo Mòllica ©
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