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La «Filastrocca della fortuna»

di Mimmo Mollica - 29.07.2021 - Scrivici

dante
Fonte: Shutterstock
La «Filastrocca della fortuna» è scritta da Mimmo Mòllica e tratta il tema dell'interpretazione della fortuna in Dante e in altri autori celebri.

In questo articolo

La «Filastrocca della fortuna» è scritta da Mimmo Mòllica. Nel VII° centenario della sua morte, l'interpretazione della «fortuna in Dante» è tra gli argomenti in discussione.

Nella Divina Commedia la «fortuna», incomprensibile alla ragione umana, rappresenta l'intelligenza celeste, che amministra il disegno di Dio. Per Dante la fortuna è al di sopra delle capacità dei mortali. Per Cicerone, invece… la Fortuna è un po' come la luna.

«Filastrocca della fortuna»

Volubile fanciulla destinata

era Fortuna, una Dea bendata,

sedeva accanto a Giove ed a Giunone,

ad occhi chiusi baciava le persone,

la giovinetta con gli occhi bendati

dava ricchezze, doni inaspettati,

beni e favori a volte immeritati.

Fortuna è un po' come la luna,

a volte manca e a volte sembra bruna,

a volte è veramente luna piena,

a volte la si vede a malapena.

Come la luna delle volte è assente

e può apparire in modo differente,

ora è calante, prima era crescente,

ora è lontana, la si vede a quarti,

ora vicina che sembra baciarti.

Se la illumina il Sole per intero

mostra soltanto un mezzo emisfero,

a volte luna in cielo è un gran mistero,

il vento, il tempo, le donne e la fortuna, 

voltano e tornano come fa la luna.

Ma la fortuna non basta averla avuta,

va messa a nudo, va riconosciuta,

non aspettare il giorno fortunato,

corrigli incontro e mostratene grato.

Non aspettare che gonfi la tua vela, 

soffiaci dentro, cogli la tua mela,

la fortuna spesso premia chi è audace,

aiuta solamente chi le piace.

La fortuna sembra ami il coraggio,

non ha mai reso un uomo, però, saggio,

può procurare ricchezze e averi,

dicono che non ami i gatti neri, 

ma la sola fortuna come si dice

non farà mai una vita felice.

di Mimmo Mòllica

La Fortuna giri la sua rota

Nel VII° centenario della morte di Dante l'interpretazione della «fortuna in Dante» è tra gli argomenti in discussione. Nella Divina Commedia la «fortuna», incomprensibile alla ragione umana, rappresenta l'intelligenza celeste che amministra il disegno di Dio.

Per Dante la fortuna è al di sopra delle capacità dei mortali. Per Cicerone − invece − la fortuna è volubile, cieca e imprevedibile. Nell'Eneide fortuna e fato si identificano. Per altri la fortuna arride a chi non la merita. Per Giovanni Boccaccio la fortuna è la forza che muove il mondo. É cieca e casuale e l'umanità non può che misurarsi con essa. Per Machiavelli l'uomo può affrontare con la virtù le sfide che la fortuna gli riserva. Per Guicciardini, l'uomo non può fare nulla per contrastare la cattiva sorte e ingraziarsi la fortuna.

Brunetto Latini: profezia dell'esilio di Dante

La tua fortuna tanto onor ti serba,

che l'una parte e l'altra avranno fame

di te; ma lungi fia dal becco l'erba. [...]

Tanto vogl'io che vi sia manifesto,

pur che mia coscïenza non mi garra,

ch'a la Fortuna, come vuol, son presto. 

Non è nuova a li orecchi miei tal arra:

però giri Fortuna la sua rota

come le piace, e 'l villan la sua marra". 

Dante spiega d'essere già venuto a conoscenza dell'esilio da Farinata degli Uberti (canto X) e che accetta ciò che la Fortuna ha in serbo per lui. Perciò: giri la Fortuna la sua rota / come le piace, e 'l villan la marra".  [Canto XV Inferno – vv 61-99]

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