Un moderno Pollicino
Nella «Filastrocca di Pollicino», Mimmo Mòllica ripropone la celebre fiaba di Perrault rendendola attuale introducendo, con sarcasmo e ironia, elementi di 'modernità', come orologi da taschino, carte postali, titoli e contanti. E ancora, cibi confezionati e surgelati, la birra alla spina, il patè ed un menù fiabesco, da tempo delle streghe. Ma pure un argomento decisamente serio come la confisca dei beni sottratti ai prepotenti, agli orchi della società moderna. Pollicino assume così un ruolo altrettanto attuale, universale, agendo con coraggio, audacia e intelligenza, fino a farsi beffa dell'Orco che mangia bambini, sequestrando le sue ricchezze, accumulate con la prepotenza e l'illiceità, e utilizzandole per «opere sociali» e «bene comune».
La fiaba di «Pollicino» racconta di una grande carestia e di un povero taglialegna (e consorte) che non avendo più nemmeno il cibo per sfamare i sette figli, decide di abbandonarli nel bosco: là troveranno cibo per sfamarsi, una capanna e della legna per ripararsi dal freddo e dalla pioggia.
«Pollicino» è il più piccolo dei 7 fratelli ed è un bambino minuscolo di statura ma straordinariamente intelligente e astuto, ricco di intraprendenza e perspicacia.
Nella fiaba di Perrault il tema dell'abbandono (dei figli) è certamente toccante e controverso, eppure ne «Il Profeta» K. Gibran così parla: "I vostri figli non sono figli vostri, sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita. Nascono per mezzo di voi, ma non da voi. Voi siete l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti… sul sentiero dell'infinito… con tutto il vigore, affinché le frecce possano andare veloci e lontane". Ma il bosco è lontano?
Ascolta il podcast con la Filastrocca di Pollicino
«Filastrocca di Pollicino»
C'era una volta…
… un taglialegna che sette figli aveva,
però come sfamarli non sapeva,
era povero in canna veramente
e per nutrirli non aveva niente,
e così un giorno grigio, cupo e fosco
pensò di abbandonarli dentro il bosco.
Il più piccino, che era Pollicino,
era nato davvero piccolino,
non si può dire che non fosse strano:
era alto come il dito di una mano.
Piccolo di statura però bello,
astuto e molto acuto di cervello,
era un ometto attento e giudizioso,
intraprendente, onesto e laborioso.
Quell'anno ci fu grande carestia
che a immaginarla ci vuol fantasia,
non c'era pane e niente da mangiare
e sette figli son tanti da sfamare.
Il padre allora in preda allo sconforto
nei suoi pensieri un giorno tagliò corto:
«Se proprio tutti non posso sfamarli
nel bosco sarà meglio abbandonarli,
là troveranno cibo da mangiare,
una capanna dentro cui abitare
e per scaldarsi al fuoco del legname,
piuttosto che morir di freddo e fame».
Giunti nel bosco, l'astuto Pollicino,
che aveva udito il padre pian pianino,
si mise in tasca tanti sassolini,
altri ne diede pure ai fratellini
e li lasciò cadere sulla strada,
lungo il tragitto di quella contrada,
e ritrovò la strada del ritorno
seguendo i sassolini tutto il giorno.
Tornati a casa al padre altro non resta
che riportarli dentro la foresta,
e Pollicino che non ha più sassolini
lascia cadere come dei semini
la sola cosa che in tasca gli rimane:
le briciole del suo tozzo di pane.
Ma gli uccellini le mangiano in fretta
e Pollicino più non trova la casetta,
così tristi e impauriti verso sera
vedono luce là nella brughiera:
era una casa vecchia e Pollicino
sfidando il buio pesto andò vicino,
si avvicinò alla porta e poi bussò
venne fuori una donna ed esclamò:
«Oh, poveri piccoli, vi siete smarriti!? Ma come faccio ad ospitarvi per la notte? Non sapete che questa è la casa dell'Orco che mangia i bambini e se vi trova qua, di tutti voi farà un sol boccone?!».Ma Pollicino rispose: «Brava donna, ti prego, lasciaci entrare, se restiamo fuori tutta la notte ci mangeranno i lupi, moriremo di fame e di freddo o, al buio pesto, precipiteremo in chissà quale dirupo».
Pollicino pregò: «Brava signora,
lasciaci entrare nella tua dimora,
fuori c'è freddo, ci mangeranno i lupi,
sennò forse cadremo nei dirupi.
E così Pollicino, convincente,
prego di farli entrare gentilmente.
La donna allora ne ebbe compassione,
ci sono sempre le brave persone,
li lasciò entrare in casa a riposare
e diede anche qualcosa da mangiare.
Ma all'improvviso si spalancò la porta:
«Ecco tornato l'Orco e non sopporta
di attendere per fare un bel banchetto»,
la donna li nascose sotto il letto.
Ma l'Orco appena in casa sentì odore
di carne umana, o forse udì rumore
e cominciò a frugare ogni angolino
"Qua sento un buon profumo di bambino".
E fruga negli armadi, dappertutto:
«Eccoli, adesso ne farò prosciutto»,
e i fratellini tremanti di paura
afferra per le orecchie e li cattura.
«Oh che bella serata che mi aspetta,
ora ne potrò fare una cenetta.
Una cena speciale!» lui esclamò,
però la moglie in fretta lo fermò.
«C'è già una buona cena che ti aspetta,
ti ho preparato una buona cenetta:
rane, lucertoline con lo strutto,
rospi, ramarri, cimici al prosciutto,
salame, lardo, patè di coccodrillo,
peperoni ripieni e liquore al mirtillo,
birra bionda alla spina, sei palle di gelato,
cibo del Bosco fresco e congelato».
«Come vedi ti ho preparato cibi sani,
i fratellini li mangerai domani».
E l'Orco come un… orco stramangiò,
bevve la birra e poi si addormentò.
Quando i bambini lo udirono russare,
erano già prontissimi a scappare,
l'Orco al risveglio non li poté trovare,
corse nel bosco e là li andò a cercare.
Con gli stivali delle sette leghe,
simili agli stivali delle streghe,
diede la caccia ai poveri bambini,
non li trovò, eppure eran vicini:
«Maledizione, chissà in quali posti
i fratellini si saran nascosti?».
Stanco e affamato l'Orco si addormenta
e allora Pollicino che s'inventa?
All'Orco ruba in fretta gli stivali,
li indossa e come il vento mette le ali,
corre dall'Orca moglie e la spaventa
mentre lei sta cuocendo la polenta.
Le dice: «L'Orco è stato catturato,
dei malfattori l'hanno incatenato,
mentre dormiva l'hanno sopraffatto,
per liberalo chiedono in riscatto
tutto l'oro che avete ed i diamanti,
il libretto di assegni e anche i contanti.
È questa la richiesta dei briganti!».
L'Orca impaurita allora prende l'oro,
tira fuori lo scrigno col tesoro:
collane, fibbie, anelli in oro fino,
bracciali e tre orologi da taschino,
catene, catenine e dei diamanti,
carte postali, titoli e contanti.
Consegna tutto in fretta a Pollicino
che la saluta e si mette in cammino.
Pollicino pur senza l'unicorno
a casa come un razzo fa ritorno,
insomma se la diede proprio a gambe,
con piedi ed ali, come li avesse entrambe,
e vuota il sacco che contiene l'oro,
le ricchezze dell'Orco, il suo tesoro.
E' il più grande tesoro che conosco
ora non torneremo più nel bosco,
ce n'è abbastanza per vivere contenti
senza difficoltà né patimenti.
Ed i suoi genitori là piangenti
giurarono con frasi commoventi
di non lasciarli più nella foresta,
piansero a lungo e poi fecero festa.
Nessuno ormai dell'Orco ha più paura,
c'è Pollicino che li rassicura,
l'Orco cattivo s'era molto arricchito,
ma il suo tesoro adesso era servito
a riportare a casa i fratellini,
ai loro giochi ed ai loro lettini.
L'onesto Pollicino ci ha insegnato
che col tesoro all'Orco confiscato,
o sequestrato a ladri e criminali,
si posson fare «opere sociali»,
e per Natale ai poveri e ai bambini
si posson fare tanti regalini.
Così una fiaba spesso può servire
a farci stare meglio ed a capire
che dei violenti, ricchezze e fortune
possono diventar «bene comune».
Mimmo Mòllica ©