Musica e bambini. Un piacere senza obblighi
vai alla galleryCome si fa a capire se un bimbo ha voglia di cimentarsi nello studio di uno strumento musicale? Qual è il modo migliore per trasmettere l'amore per la musica rispettando le sue...
Se la vostra agenda è stracolma, attenzione a non fare altrettanto con il “tempo” di vostro figlio. È bello proporre esperienze nuove e stimolanti ma un bambino non è un manager. Le sue giornate non vanno riempite con un fitto programma di attività (magari perché non ci siete e così siete più tranquille). Soprattutto niente imposizioni. E questo vale per lo sport, il corso di inglese o la musica se è quello a cui state pensando.
La musica deve essere un esperimento, e poi una scelta - libera e senza obblighi - del bambino stesso. A sostenerlo è il Maestro Daniele Parziani, Direttore dell'Orchestra I Piccoli Pomeriggi Musicali di Milano, composta da giovanissimi musicisti. “La proposta verso la cultura musicale è sempre positiva ma è indispensabile grande empatia, attenzione e volontà per seguire il piccolo durante l'esperienza. Il genitore deve essere sempre parte attiva, il processo educativo è qualcosa che noi creiamo, la questione non è quella di imporre 10 minuti al pianoforte tutti i giorni”.
Allora, come si fa a capire se un bimbo ha voglia di cimentarsi nello studio di uno strumento senza “propinarglielo” dall'alto? Qual è il modo migliore per trasmettere l'amore per la musica rispettando, però, le inclinazioni del proprio figlio? Scopriamolo insieme al Maestro Daniele Parziani - che da anni lavora con i bambini, e ora ha in corso un dottorato di ricerca in Gran Bretagna sul tema musica e infanzia - in quella che per noi è stata una lunga e piacevole chiacchierata... Di fronte al Teatro Dal Verme, in una mattinata di sole, il Maestro ci ha dedicato il suo tempo con il preciso desiderio di sfatare qualche mito.
Una scoperta (libera) e graduale
Se pensate di avvicinare vostro figlio alla musica, probabilmente vi state chiedendo a quale età si può iniziare a suonare uno strumento. E già su questo primo punto, occorre fare molta chiarezza, secondo il Maestro: “La domanda, in questi termini, è sbagliata, non c'è un'età ideale (e nemmeno una ricetta), quella giusta è quando il bambino - liberamente! - esprime il desiderio di suonare uno strumento.
In genere, questo può accadere intorno ai 4-5 anni, ma occorre seguire un percorso che metta sempre al centro il bimbo e i suoi desideri. Il primo passo è quello di avvicinarsi alla musica in modo graduale e giocoso. L'approccio ottimale è quello dei corsi propedeutici di gruppo - pensati per piccoli di 3-4 anni - dove si scopre tutto l'universo musicale in modo divertente. La voce e il ritmo fanno parte di una introduzione alla musica e le mani sono percussioni che battono. Il primo strumento è la voce dell'uomo e il ritmo del corpo, non dimentichiamolo. Se durante questa esperienza, il bimbo inizia a manifestare un particolare interesse e molta attenzione verso una dimensione musicale si può sperimentare lo studio di uno strumento”.
Violino o pianoforte?
La strada corretta è il corso propedeutico che permette al bimbo di conoscere tanti aspetti della musica e gli strumenti e poi di scegliere a cosa è più interessato in modo spontaneo. “In ogni caso, l'approccio propedeutico per eccellenza lo offre il pianoforte, - aggiunge il Maestro – perché assicura un feedback immediato: premi un tasto e ottieni un suono, e poco dopo, delle note. In questo senso è lo strumento re della propedeutica musicale anche se è tra i complessi da suonare a livello professionale.
E per essere ancora più chiari, il musicista chiude così la questione strumenti: “L'età giusta, quindi, è quando si evidenzia chiaramente una volontà: “Mamma, voglio suonare il piano!”- ecco cosa intendo”, ribadisce con forza il Maestro che ha molto a cuore questo aspetto. “Se il bimbo insiste molto su uno strumento, si può provare anche con le lezioni, in ogni caso non deve MAI essere il genitore a decidere a cosa può dedicarsi il figlio di 4 anni... Questo è veramente scorretto e potrebbe negare lo sviluppo di un possibile interesse futuro”.
La regola d'oro: niente pressioni
L’idea di avvicinare il bimbo alla musica è sempre positiva, ma attenzione: l’interesse del bimbo dovrebbe essere genuino e non un’ambizione - e tanto meno una forzatura - da parte della famiglia.
Questo è un altro punto essenziale, secondo Daniele Parziani: “L’educazione musicale è comunque una buona opzione ma non significa, per forza, che tutti debbano diventare musicisti. Se i genitori ci credono, è importante confermare quella scelta ogni giorno e rinnovarla insieme. Ma il bimbo può anche decidere di abbandonare questa strada. Insomma, è indispensabile chiarire gli obiettivi – se il bimbo è molto piccolo – insisto, ancora una volta – deve essere lui a chiedere di suonare e deciderlo da solo, anche a 4 anni.
E nel caso in cui il piccolo non decida nulla, mettiamo da parte l’ansia. Suonare uno strumento è difficile, è uno sforzo e, se non parte da lui, siamo già falliti in partenza, perché, in ogni caso, dovrà affrontare momenti di noia e frustrazione. Attraverso la musica, si educa anche il bimbo a “mantenere” un impegno ma tutto è relativo, perché se si capisce che lui in realtà detesta questo tipo di linguaggio, bisogna smettere e lasciarlo in pace”.
Non c’è musica senza fatica
Anche se il bimbo sembra deciso a continuare con uno strumento, l’idea del “talento” senza nessuno sforzo è un’astrazione
Anche se il bimbo sembra deciso a continuare con uno strumento - e la passione potrebbe continuare a livello amatoriale o trasformarsi in un traguardo professionale - l’idea del “talento” senza nessuno sforzo è un’astrazione. “I geni che ripetono un brano in 5 minuti sono pochi, il resto è frutto di un’educazione musicale. Accanto all'interesse, dunque, c'è sempre una componente di fatica. Ma è compito della famiglia spiegare e seguire il percorso del figlio: non si può certo delegare la disciplina al pianoforte, per esempio, solo all'insegnante. La collaborazione della famiglia è fondamentale, si tratta di un percorso da condividere insieme, con il genitore ben presente.
È importante dare un messaggio corretto al bambino: ‘Ti ricordi la salita per vedere quel fantastico panorama in montagna?’. Ecco, se riusciamo a completare questa melodia è la stessa cosa!’. E, quindi, il bimbo si concentra sulla soddisfazione per quello che è riuscito a fare”, spiega con grande convinzione il Direttore dei Piccoli Pomeriggi Musicali.
Un impegno quotidiano? Dipende
Chi pensa allo studio di uno strumento come un rigido appuntamento quotidiano, sbaglia. Perché, anche per il tempo, occorre seguire un approccio molto graduale e, solo quando lo studio diventa professionale, impone scadenze molto più precise.
All’inizio, è sufficiente una mezza ora con l’insegnante, una volta alla settimana, possibilmente con la presenza del genitore che così può capire (e poi ripetere) i rudimenti che sta imparando il piccolo. E, a casa, 2-3 volte a settimana, si prova insieme quanto imparato a lezione, giocando”, chiarisce Daniele Parziani.
Lo studio di uno strumento è un mix tra gioco e impegno, ma non deve essere lasciato tutto in balia dell'insegnante. Quando il rapporto si intensifica, non è più necessaria la presenza del genitore alle lezioni. Di solito, questo è il momento della pratica quotidiana, che può arrivare dopo circa un anno, o anche solo 6 mesi: tutto dipende dalla risposta del bambino che è molto soggettiva e imprevedibile.
A questo punto, se il bambino è pronto per impegno ogni giorno, deve, comunque, essere d'accordo - puntualizza il Maestro. Perché se l’interesse è sopravvissuto, è ora compito dell'insegnante - posto che abbia anche nozioni pedagogiche oltre che musicali - negoziare con il bambino stesso il tipo di impegno. L'adulto deve valutare di cosa ha bisogno il bimbo per il suo sviluppo musicale, in base al livello per farlo progredire bene”.
La prova del 9
In fondo, è il bambino stesso a dimostrare la profondità delle sue inclinazioni verso la musica: “Dopo 2-4 anni di studio, quando il bambino va alle elementari, è possibile capire se il percorso sarà più professionale o no. In genere, se l'interesse per la musica ha retto 4-5 anni è significativo - afferma con un sorriso il Maestro. Non dimentichiamo, però, che con un bravo insegnante, si può andare avanti una vita a livello amatoriale, perché si progredisce e si ottengono risultati decenti.
Purtroppo da noi, la cultura della musica classica per passione (non perché vuoi fare l'orchestrale) non è molto diffusa se non in certi ambienti sociali”.
Insomma, anche senza diventare musicisti, lo studio di uno strumento è sempre una buona opportunità, ma non ci sono facili scorciatoie. Ecco un’altra questione su cui far chiarezza, quella del metodo. E Daniele Parziani non ci lascia dubbi sulla sua posizione: “Io sono convinto che la maggior parte dei metodi siano mirabili sulla carta ma alla fine, secondo me, non ha nessun senso, è assurdo pensare che uno sia migliore di un altro. Tutto dipende dalla sensibilità pedagogica dell'insegnante verso il bambino, il modo in cui viene applicato un metodo è quello che fa la vera differenza”.
Tutti insieme… con passione
A questo punto, se il bambino, in età scolare, continua nello studio e sviluppa le sue abilità con uno strumento, può entrare in un’orchestra? Magari come quella dei Piccoli Pomeriggi Musicali - abbiamo chiesto al Maestro.
"Per far parte di un’orchestra, ci vuole un livello minimo di preparazione tecnica, e ognuna, a discrezione, ha il suo set di richieste. Qui da noi è richiesto l'equivalente del terzo anno di corso del Conservatorio per gli strumenti decennali come pianoforte e violino. In ogni caso, anche le scuole amatoriali, hanno, spesso, una loro orchestra e anche in classe, si sperimenta la musica insieme”.
Insomma, la musica è una bella esperienza per tutti, anche per chi non aspira a diventare un nuovo Mozart. E in ogni città, si trovano corsi propedeutici adatti ai più piccoli: su scuole e lezioni il Maestro consiglia di informarsi con serenità – almeno per la proposta iniziale - e poi fare riferimento ai Conservatori: “Anche l’idea di come ottenere il meglio a meno, non ha molto senso, un giovane musicista può essere un ottimo insegnante per un bambino e uno con tanta esperienza non avere nessuna empatia e capacità di relazione”.
Il segreto, alla fine, è sempre quello di ascoltare i segnali del proprio figlio.
Autore: Marzia Rubega
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