Home Gravidanza Diagnosi prenatale

Test combinato (duo test o bi-test): che cos'è, quando si fa, come leggere i risultati

di Angela Bisceglia - 21.01.2021 - Scrivici

ecografia-12-settimane
Fonte: shutterstock
Il test combinato è un test di screening non invasivo che fornisce una stima del rischio che il feto sia affetto da anomalie cromosomiche.

In questo articolo

Che cos’è il test combinato, anche chiamato bi-test o duo test

"Test combinato, duo test e bi-test sono modi diversi di chiamare la stessa cosa e cioè un test di screening prenatale composto da due esami differenti" spiega il ginecologo Giovanni Monni, direttore dei reparti di Ostetricia e ginecologia e Medicina fetale dell'Ospedale microcitemico di Cagliari. Il test permette di stimare il rischio che il feto sia affetto da anomalie cromosomiche, in primo luogo la trisomia 21 (sindrome di Down), che è la più frequente, oltre alla trisomia 13 e la 18 - decisamente più rare ma più severe della 21 – o altre ancora.

I due esami che lo compongono sono:

  • translucenza nucale: un'ecografia del feto che viene fatta per misurare lo spessore di una raccolta di liquido che si trova sotto al collo fetale, cioè in pratica la distanza tra la cute della nuca e l'osso occipitale del cranio. "Oltre a questa misurazione, durante l'ecografia si possono individuare altri marcatori di situazioni potenzialmente anomale, come la presenza o meno dell'osso nasale, il rigurgito della valvola mitrale, il flusso del dotto venoso" sottolinea Monni. 
  • prelievo di sangue materno per misurare la concentrazione di due sostanze specifiche della gravidanza, la beta-gonadotropina corionica umana (beta-HCG) e la proteina plasmatica A associata alla gravidanza (PAPP-A).

Il test include una consulenza pre e post esame.

Quali informazioni fornisce il test combinato

Il test combinato è un esame di screening e non di diagnosi prenatale. Significa che può fornire con una certa accuratezza una stima del rischio che il feto abbia anomalie cromosomiche (come la sindrome di Down) ma non offre certezze diagnostiche in questo senso. Per averle, occorrerà effettuare un test invasivo come amniocentesi o villocentesi. I dati che emergono dalla translucenza nucale e dall'esame del sangue vengono elaborati da un software specifico in combinazione con altri parametri come l'età materna, la lunghezza del feto e l'epoca gestazionale.

"La sensibilità del test combinato, ossia la capacità di individuare le gravidanze a rischio di anomalie cromosomiche, è del 92-95%, a patto che venga eseguito da personale specializzato, con certificazione della Fetal Medicine Foundation, in centri di grande esperienza" sottolinea Monni.

Come si leggono i risultati

Il referto non indica se il test è 'positivo' o 'negativo', ma segna se, rispetto a una soglia di rischio considerata 'normale' in base all'età della gestante, il test ha rilevato un indice di rischio più alto o più basso.

La soglia di rischio indicata per una donna di 35-37 anni è generalmente compresa tra 1:250 e 1:300. Significa che per una donna di quell'età è considerato 'normale' un rischio di avere un feto affetto da un'anomalia cromosomia pari a uno su 250 o 300. Se il rischio è più basso (per esempio uno su 2000) significa che ci sono meno probabilità della media di avere un figlio affetto, mentre se il rischio è più alto (uno su 100, per esempio) significa che queste probabilità sono superiori o molto superiori alla media. In questo caso viene proposta la prosecuzione delle indagini con un esame invasivo (amniocentesi o villocentesi) o, se la donna preferisce evitare un test invasivo, con un esame del DNA fetale (che è comunque sempre un test di screening). 

Ma attenzione: anche di fronte a un profilo di rischio considerato "elevato", è bene evitare ansie eccessive, perchè in termini individuali il rischio rimane comunque basso. Un rischio di uno su 200 significa che la grande maggioranza delle donne avviate ad amniocentesi o villocentesi comunque avrà un bimbo senza le anomalie sospettate. 

Quando si fa

A quale settimana di gravidanza si esegue il test combinato

Il test si esegue nel primo trimestre di gravidanza, tra le 11 e le 14 settimane. 

Quando è indicato

In base ai nuovi Livelli essenziali di assistenza (LEA) emanati dal Ministero della Salute nel 2017, il test combinato è incluso tra le prestazioni gratuite da offrire a tutte le donne in gravidanza che desiderino eseguirlo.

Questo per ridurre la richiesta di esami invasivi come amniocentesi e villocentesi sulla sola base del criterio dell'età materna (in base al cosiddetto Decreto Bindi del 1998, non ancora abrogato, l'amniocentesi è offerta gratuitamente a tutte le donne con più di 35 anni). 

Non tutte le regioni hanno recepito i nuovi LEA, per cui è ancora possibile che per l'esecuzione del test combinato venga richiesto il pagamento di un ticket.

In generale, il test combinato è indicato per tutte le donne e le coppie che desiderano avere una stima del rischio delle principali anomalie cromosomiche, sulla base della quale decidere se proseguire o meno con le indagini. 

Domande e risposte

A che cosa serve il test combinato?

Serve a fornire una stima del rischio che il feto sia affetto da anomalie cromosomiche.

A quante settimane di gravidanza si fa?

Tra le 11 e le 14 settimane.

Revisionato da Valentina Murelli

TI POTREBBE INTERESSARE

ultimi articoli