L'incompatibilità del fattore Rh tra mamma e feto è una condizione potenzialmente pericolosa, che può portare a una grave malattia fetale o neonatale, e in passato poteva portare anche a morte in utero del feto. Per fortuna, oggi questa condizione non fa più paura. Ecco come comportarsi per evitare complicazioni.
1. Gruppo sanguigno
2. Test di Coombs
Se il tuo gruppo sanguigno è Rh negativo e quello del tuo partner è Rh positivo, dovrai fare il test di Coombs ogni mese, per tutta la durata della gravidanza. Questo test consente di verificare se hai prodotto anticorpi contro l’Rh positivo del feto, che potrebbero mettere a rischio il bambino stesso o eventuali altri bambini, in gravidanze future. Anche il test di Coombs è a carico del SSN.
3. Rischio immunizzazione
Esegui l'immunoprofilassi con immunoglobuline anti-Rh se sei a rischio di immunizzazione, cioè se è possibile che il tuo sangue e quello materno vengano in contatto o siano entrati in contatto: aborto o minaccia d'aborto, esami invasivi come amniocentesi, cordocentesi e villocentesi, gravidanza extrauterina, traumi addominali, manovre di rivolgimento ostetrico.
4. Immunoprofilassi di routine o dopo il parto.
Anche se non ci sono stati episodi immunizzanti (come al punto 3), molti centri eseguono l'immunoprofilassi di routine in donne Rh negative a 28 settimane (lo consigliano anche le Linee guida per la gravidanza fisiologica del Ministero della salute).
Se non viene fatta prima del parto, l'immunoprofilassi è prevista comunque entro 72 ore dal parto.
Leggi anche Fattore Rh in gravidanza
Fonti per questo articolo: consulenza del ginecologo Giuseppe Noia, professore associato all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e responsabile del Centro di diagnosi e terapia fetale del Policlinico Gemelli di Roma.
Aggiornato il 17.06.2015