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Bi-test in gravidanza, cos'è e quando farlo

di Alice Dutto - 31.01.2023 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Screening prenatale bi-test in gravidanza: che cosa è e quando farlo. Tutte le info e implicazioni con la dottoressa Faustina Lalatta

In questo articolo

Bi-test in gravidanza

«Il bi-test, chiamato anche test di screening del primo trimestre, si esegue in generale tra l'undicesima e la quattordicesima settimana di gravidanza», spiega Faustina Lalatta, responsabile dell'Unità di genetica medica presso la Clinica Mangiagalli del Policlinico di Milano.

Bi-test: come si fa?

Questa tecnica diagnostica prenatale prevede due diverse prestazioni, per questo prende il nome di bi-test:

  1. translucenza nucale
  2. prelievo di sangue

«Una, forse la più rilevante, è la misurazione mediante l'ecografia dello spessore della traslucenza nucale, cioè di un'area che si trova nella nuca del piccolo embrione e che permette di definire un'ampiezza; l'altra è un prelievo di sangue eseguito alla madre, che permette di dosare due ormoni che sono indicativi della funzione placentare», chiarisce la specialista.

Guarda il video sul bi-test con l'esperta

A che cosa serve il bi-test

Il test è nato per rilevare la sindrome di Down. Questo, all'esordio, era l'obiettivo principale, ma nel corso degli anni si è visto che può dare indicazioni anche su altre condizioni: come, ad esempio, le malformazioni del cuore, dello scheletro o del diaframma del feto.

Come nasce il bi-test?

Alla sua base, c'è un programma che è stato coperto da un brevetto del gruppo del dottore inglese Kypros Nicolaides. Il professore aveva compreso che mettendo insieme diversi parametri – la misurazione della translucenza nucale, l'età materna e i valori biochimici degli ormoni circolanti nella madre – si poteva avere un valore che rappresentava la probabilità che il bambino avesse la sindrome di Down.

Per chi è consigliato il bi-test

È nato prevalentemente per le donne giovani, ma oggi si ritiene che sia importante per qualsiasi fascia di età.

Bi-test o dna fetale?

Il test del DNA fetale o NIP test ha alcuni vantaggi:

  • un più alto valore predittivo e una inferiore percentuale di falsi positivi;
  • può essere utilizzato dalla decima settimana di gravidanza, ma anche nei casi in cui non si è potuto accedere allo screening combinato del primo trimestre.

Lo svantaggio è il costo, dato che non passa nei LEA, i servizi e le attività che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire ai cittadini in forma gratuita o dietro pagamento di un ticket. Il test del DNA fetale può costare dai 300 fino ai 900 euro.

In base ai nuovi Livelli essenziali di assistenza (LEA) emanati dal Ministero della Salute nel 2017, il test combinato o bi-test è invece incluso tra le prestazioni gratuite da offrire a tutte le donne in gravidanza che desiderino eseguirlo.

Come si fa il bi-test

Il bi-test funziona in un modo piuttosto sofisticato. Dobbiamo immaginare che questa tecnica diagnostica sia applicata a un numero ampio di donne in gravidanza. Funziona identificando un gruppo ad alto rischio e un gruppo a basso rischio e poi il cosiddetto gruppo a rischio intermedio.

  • Nel gruppo ad alto rischio avremo la maggior parte dei bambini che ha la sindrome di Down, ma anche circa il 5% dei cosiddetti falsi positivi. In questi casi, le donne ricevono un esame allarmante ma poi non hanno anomalie del cariotipo del feto.
  • Nel gruppo a basso rischio, invece, avremo la maggior parte delle donne, circa l'85%, con un feto normale.
  • Fuori da questi due macro gruppi, c'è un residuo di donne con anomalie cromosomiche fetali.

Quindi, l'attendibilità non è certo il 100%: non si tratta infatti di una diagnosi, ma uno screening. È una tecnica per separare fasce di rischio. Questo è un elemento molto importante da comprendere, ed ecco perché, dopo un allarme del bi-test, è necessaria una verifica; dopo una rassicurazione, invece, bisogna ricordarsi che questa tecnica delinea una probabilità.

Si procederà quindi con la villocentesi o con l'amniocentesi, test diagnostici, per verificare l'esito del bi-test.

Che cosa fare se il risultato è positivo

Innanzitutto, viene prospettato l'esame cromosomico mediante una procedura invasiva, di solito la villocentesi. Questo accade perché nella maggior parte dei casi di allarme al bi-test, effettivamente si identificano anomalie cromosomiche.

Anche in caso di esame "normale", non bisogna fermarsi. Verranno prescritte ed eseguite ecografie di secondo livello per valutare le strutture fetali e, soprattutto, le cardiopatie eventuali. Questi esami verranno fatti a 16 e 20 settimane. Alla fine di questo percorso, rimane un piccolo rischio residuo che va spiegato alla donna. Anche se, dopo l'allarme del bi-test, tutto è andato bene, le probabilità non sono del tutto annullate.

Come si leggono i risultati

Il referto non indica se il test è 'positivo' o 'negativo', ma segna se, rispetto a una soglia di rischio considerata 'normale' in base all'età della gestante, il test ha rilevato un indice di rischio più alto o più basso.

La soglia di rischio indicata per una donna di 35-37 anni è generalmente compresa tra 1:250 e 1:300.

Significa che per una donna di quell'età è considerato 'normale' un rischio di avere un feto affetto da un'anomalia cromosomia pari a uno su 250 o 300. Se il rischio è più basso (per esempio uno su 2000) significa che ci sono meno probabilità della media di avere un figlio affetto, mentre se il rischio è più alto (uno su 100, per esempio) significa che queste probabilità sono superiori o molto superiori alla media. In questo caso viene proposta la prosecuzione delle indagini con un esame invasivo (amniocentesi o villocentesi) o, se la donna preferisce evitare un test invasivo, con un esame del DNA fetale (che è comunque sempre un test di screening). 

Ma attenzione: anche di fronte a un profilo di rischio considerato "elevato", è bene evitare ansie eccessive, perchè in termini individuali il rischio rimane comunque basso. Un rischio di uno su 200 significa che la grande maggioranza delle donne avviate ad amniocentesi o villocentesi comunque avrà un bimbo senza le anomalie sospettate. 

Bi-test: ci sono dei rischi?

Il bi-test non presenta nessun rischio. Per la madre è un prelievo di sangue, per il feto si tratta di una ecografia. Bisogna, però, avere ben chiaro che questo test è il primo passo di un percorso. Se il bi-test risulterà allarmante, la donna verrà messa di fronte alla scelta di effettuare una procedura invasiva, quindi in quel caso dovrà valutare se sottoporsi al rischio di perdere la gravidanza.

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Revisionato da Luisa Perego

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