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Sofferenza fetale: quando succede e come si interviene

di Elena Berti - 26.10.2021 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Quando e perché si verifica sofferenza fetale, come riconoscerla, quando si verifica, come prevenirla e come intervenire a casa e in ospedale

Sofferenza fetale: quando succede e come si interviene

La sofferenza fetale è una complicazione che si presenta solo in determinate circostanze, e che può avere conseguenze anche serie. Per questo è importante monitorare le partorienti e mettere in pratica tutte le buone pratiche per risolverla prima che sia tardi. 

In questo articolo

Che cosa si intende per sofferenza fetale

Quando si parla di sofferenza fetale si intende uno scarso apporto di ossigeno al feto: quando il bambino non riceve ossigeno a sufficienza, insorgono delle complicazioni tra cui la sofferenza fetale. Questa compromissione insorge quando gli scambi tra madre, placenta e feto non sono più garantiti da alcuni fattori.

Quando si verifica la sofferenza fetale

La sofferenza fetale è una complicanza rara di travaglio e parto, che colpisce pochissimi bambini anche grazie al progresso della scienza, che permette di monitorare la salute del feto e lo stato della placenta. È più comune nelle gravidanze oltre il termine (dette anche post-maturità) ed è individuabile attraverso alcuni parametri di base controllati durante il travaglio.

Cosa causa sofferenza fetale

Come dicevamo, la sofferenza fetale è tipica delle ultime fasi della gravidanza, in particolare del travaglio e del parto: gli scambi tra feto e madre sono compromessi e il piccolo non riceve più abbastanza ossigeno. Le contrazioni uterine troppo ravvicinate e troppo lunghe, per esempio, possono essere tra le cause di sofferenza fetale, perché possono ostacolare l'apporto di sangue alle camere intervillose della placenta. Anche il travaglio eccessivamente prolungato, per gli stessi motivi, potrebbero causare sofferenza al feto. Ci sono poi alcune anomalie della placenta, come le lesioni placentari ipossiche, l'insufficienza placentare acuta (distacco), la patologia funicolare (come attorcigliamento o nodo del cordone) o ancora deficit qualitativi dell'ossigenazione materna

I sintomi della sofferenza fetale

Tra i principali sintomi della sofferenza fetale c'è, ovviamente, una frequenza cardiaca anomala del feto, monitorata attraverso la strumentazione collegata alla mamma. Per questo, anche se per la donna può rappresentare un fastidio durante il travaglio, solitamente la partoriente è collegata al monitoraggio fino alla nascita del bambino.

Se però il travaglio non è ancora in atto, in particolare nelle donne oltre il termine, l'assenza prolungata di movimenti fetali potrebbe essere tra i sintomi della sofferenza fetale: per questo, se per caso avete passato le 40 settimane e non sentite muovere il bambino per un po' (diversamente dal solito), andate in ospedale per fare un monitoraggio. 

Come si interviene in caso di sofferenza fetale

Fortunatamente, la maggior parte dei casi di sofferenza fetale si manifesta durante il travaglio, già in ospedale, ed è dovuto molto spesso a contrazioni troppo ravvicinate o a una durata eccessiva del travaglio stesso. In questi casi, il monitoraggio permette di scorgere variazioni sul battito cardiaco del feto, che appare anomalo. A questo punto è possibile intervenire ossigenando la madre, che potrebbe essere in deficit a causa delle contrazioni; aumentare i liquidi per via endovenosa; mettere la partoriente su un fianco. Quando è stata usata ossitocina solitamente viene interrotta e al suo posto vengono somministrati analgesici o per far rallentare il travaglio (in modo da far diminuire le contrazioni).

Nei casi più gravi, quando queste pratiche non possono essere risolutive, si fa partorire la donna velocemente, o utilizzando strumenti come il forcipe e la ventosa, oppure direttamente tramite parto cesareo.

La sofferenza fetale è una complicanza rara che interviene il più delle volte durante il travaglio, ma che proprio per questo può essere risolta tempestivamente grazie al monitoraggio del feto. 

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