I piccoli che scalciano dentro al pancione materno non si stanno semplicemente "sgranchendo gli arti", ma stanno testando movimenti e reazioni cerebrali per prendere consapevolezza del proprio corpo.
Sono questi i risultati provenienti dallo studio pubblicato su Scientific Reports da un gruppo di ricercatori dello University College London che annovera tra i suoi membri anche l'italiano Lorenzo Fabrizi.
Il team di scienziati ha basato le proprie conclusioni osservando il movimento delle onde cerebrali di 19 bebè mentre questi calciavano nel sonno, durante la famosa fase R.E.M (Rapid Eye Movement).
Tali onde infatti si attivavano nell'emisfero corrispondente all'arto messo in moto: se il piccolo cioè tirava un calcetto con la gamba sinistra, subito si attivava l'emisfero cerebrale nella parte destra (il nostro cervello lavora "incrociando" i comandi).
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Questa scoperta ci permette di dedurre che i movimenti compiuti nel terzo trimestre - ossia nella fase finale della gravidanza - aiutino il bimbo a sviluppare le aree del cervello deputate all'elaborazione degli input sensoriali, stabilendo dunque il tipo di percezione che il nascituro avrà del proprio corpo.
Queste onde cerebrali però scompaiono dopo poche settimane di vita.
Cosa ci rivela questo studio?
«Pensiamo che i risultati riscontrati forniscano suggerimenti per ottimizzare l'ambiente ospedaliero per neonati prematuri, così che possano riceve appropriati input sensoriali - spiga Kimberley Whitehead, neuroscienziata e co-autrice della ricerca - Per esempio è già routine l'utilizzo di lettini "a nido" che permettono ai bebè di avvertire una superficie quando calciano, come se fossero ancor nel grembo materno».
I dati ottenuto hanno anche sottolineato l'importanza di svegliare il meno possibile i bimbi appena nati: durante il sonno infatti, il loro processo di "mappatura" del corpo continua e interromperli troppo spesso potrebbe ostacolare la loro crescita cerebrale.
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