Il lutto prenatale e perinatale è un evento molto delicato e frequente, dinanzi al quale gli adulti sono spesso impreparati. Nel momento in cui una gravidanza si spegne, sopraggiunge un dolore profondo e inspiegabile, che scuote e cambia chi lo vive e tutto il contesto intorno. Inoltre, affrontare il tema della morte è ancora più difficile quando occorrre spiegarla anche ai bambini.
Abbiamo intervistato Marta Malacrida, psicologa, psicoterapeuta e autrice del libro Lutto prenatale e perinatale. Suggerimenti e spunti operativi per aiutare i bambini ad affrontare la perdita (Edizioni FrancoAngeli) per chiederle qualcosa in più al riguardo. Si tratta di un libro-guida, che intende aiutare genitori ed educatori ad accompagnare i bambini nel percordo di elaborazione del dolore con parole e modalità speciali. Marta Malacrida è anche responsabile del Centro Dinamicamente.
Lutto prenatale e perinatale. Aiutare i bambini ad affrontare la perdita
Un libro che nasce dal dolore e da quello che ne è seguito
Marta Malacrida sostiene,come ha scritto anche nell'Introduzione stessa, che il libro «nasce da un dolore e da tutto quello che ne è seguito».
«Nasce, cioè, dal mio personale lutto perinatale, dall'insieme di emozioni, lacerazioni, sentimenti e consapevolezze che sono seguite all'esperienza della perdita della mia bambina. È stata un'esperienza complicata, inaspettata e molto dolorosa, a cui né io né la mia famiglia eravamo preparati. Quando è successo, il dolore ci ha travolti lasciando poco spazio alle parole.
Questo libro è però la testimonianza anche di quello che può venire dopo e attraverso il lutto. Mi piace pensarlo come una specie di manuale sulla rielaborazione del lutto destinato ai genitori e ai bambini che sono con loro, fratelli e sorelle maggiori di stelle volate via troppo presto, ma anche ad ogni adulto che, nel proprio ruolo personale o professionale, decide di prendersi cura e accompagnare un bambino nella rielaborazione del lutto. È un percorso complicato e per nulla scontato, di fronte al quale ci si può sentire soli e impreparati. Ho immaginato questo libro come una specie di antidoto alla solitudine in cui spesso le famiglie, ma anche gli operatori precipitano nelle vicinanze di un lutto».
Cosa intendiamo quando parliamo di lutto perinatale?
«Perinatale significa "intorno alla nascita", parlare di lutto perinatale, quindi, indica la perdita di un bambino o di una bambina durante la gravidanza, il parto o nel periodo che segue immediatamente la nascita. Questa è la definizione più semplice e contemporaneamente ampia che si possa dare. Ed è quella che preferisco. Nonostante esistano molti termini e sistemi di classificazione per questo evento, a seconda delle cause, del momento e delle modalità attraverso cui avviene, delle caratteristiche del bambino e di variabili che nemmeno avevo considerato, io mi sono concentrata sugli aspetti qualitativi, relazionali e affettivi dell'esperienza.
Sono, infatti, convinta che parlare di lutto perinatale significhi senza dubbio parlare di settimana di gravidanza, di patologia e di medicina, ma significa anche parlare di amore, di vita e di morte, di maternità, paternità e genitorialità, di famiglia e di fratellanza, di perdita. Significa soprattutto parlare di un dolore silenzioso, inaspettato, sordo e crudele, di una frattura nel proprio progetto di genitorialità che, proprio come suggerisce l'etimologia dell'interruzione, rompe nel mezzo creando un arresto nell'esperienza di vita».
Cosa è utile sapere di questo trauma?
«Un lutto che colpisce nelle vicinanza della nascita, cioè della Vita nel suo compiersi non può che essere peculiare. Ho provato a mettere in luce queste peculiarità nel libro, almeno per come le ho vissute. Innanzitutto è un lutto contro natura perché richiede di accogliere la morte laddove avrebbe dovuto esserci vita, un compito ai limiti del possibile che proietta i genitori e la famiglia intera in una dimensione straniante e difficile da comprendere: è come dover far convivere due opposti per loro natura incompatibili. In secondo luogo è un evento solitamente improvviso, inaspettato e drammatico che spazza via il futuro per come ce lo si era immaginati.
La morte di un bambino non ancora nato oppure appena nato è un evento a cui non si può essere preparati e a cui è complicato dare un significato in qualunque condizione o età gestazionale avvenga.
Se poi si inseriscono questi aspetti all'interno di un clima culturale in cui spesso la maternità è dipinta come un concentrato di "cose belle" e lieto fine, appare evidente come l'impatto con questo evento possa divenire potenzialmente e drammaticamente traumatico e rinchiudere in una dimensione privata e claustrofobica da cui può essere davvero faticoso uscire».
Cosa accade in famiglia? Come uscirne?
«Quello che avviene in famiglia assomiglia ad un vero e proprio tsunami emotivo. Ogni storia è diversa e io non voglio generalizzare. Nel libro ho paragonato l'irrompere del Dolore in una famiglia alla visita di un ospite inatteso, sconosciuto e sgradito. Ogni componente della famiglia reagisce in modi e con tempi suoi: c'è chi si nasconde e finge di non esserci, chi suo malgrado accoglie l'ospite sorridendo ma con la morte nel cuore, chi scappa di casa, chi ha paura e rimane congelato sulla porta, chi cerca di sbarrare l'ingresso per non farlo entrare. Tutti, con modi diversi, impattano con l'ospite inatteso.
Non c'è un modo giusto o un modo sbagliato. Di sicuro quella visita non si può evitare e di sicuro quel dolore cambierà profondamente tutti i componenti della famiglia e il loro modo di stare insieme. Azzardo nel dire che forse, però, per uscirne davvero e persino un po' migliorati, ci sono due ingredienti che considero fondamentali. Il primo è farlo "insieme": con il coraggio, la disponibilità e il profondo rispetto che permette di stare uno accanto all'altro, anche in silenzio ma insieme. Il secondo è tenersi il più possibile vicini alla "verità": con le parole e i tempi possibili per ognuno, ma accettando tutto quello che questo ospite porta con sé».
Il lutto: come comunicarlo ai bambini?
«Parlare di morte e di perdita con i bambini è un compito complesso, di fronte al quale molti adulti rimangono letteralmente senza parole.
Ancora di più quando la morte è difficilmente spiegabile, inattesa e ingiusta come accade nel lutto perinatale. Per questo, credo, la tentazione di evitare l'argomento e cedere al silenzio tenendo (apparentemente) fuori i bambini può essere molto forte. Al contrario, l'invito che attraversa tutto il libro è proprio quello di cercare con tutte le forze, le parole per raccontare una delle realtà più difficili da spiegare. È tutt'altro che semplice: nel libro tanto spazio è dedicato a questo coraggioso percorso che accompagna gli adulti a riflettere sulle parole da dire e da non dire, sui momenti, i modi, gli alleati e i rischi da affrontare per comunicare la notizia della morte del fratellino o sorellina.
Queste parole dovrebbero essere dolcemente dirette, vere, chiare e comprensibili. Devono cioè dire la verità in modo semplice e diretto ma non per questo crudo, devono essere comprensibili e arrivare come un suono nitido e non frastornante alle orecchie dei bambini. Infine devono essere sincopate, cioè ritmate in modo tale da poter essere ripetute, con le opportune variazioni, tutte le volte che è necessario. Ci tengo a dire, però, che è un lavoro che non si fa solo con le parole: è un percorso che deve coinvolgere anche il cuore e il corpo sia dei bambini che degli adulti. In questo senso ogni strumento creativo, narrativo o simbolico che aiuti a narrare, a rappresentare e a rendere affettivamente comunicabile è ben accetto».
Consigli per aiutare a superare il lutto prenatale e perinatale
- È tutto (a)normale. «Il percorso del lutto è tutto normale e anormale allo stesso tempo. Non c'è una ricetta che vada bene sempre. Troppo spesso corriamo il rischio di voler incasellare quanto ci accade in categorie di "giusto" o "sbagliato". L'unico criterio da seguire è il rispetto per sé e per le proprie reazioni emotive. Accogli e fidati di te, delle tue emozioni e sensazioni, trova il modo di comprenderle e dare significato a quanto ti accade e non giudicarti o giudicare quello che senti».
- Accogli il dolore! «Il dolore del lutto è inevitabile. È un dolore sordo, profondo e greve. Preparati ad accoglierlo e, per quel che è possibile, cerca di non spaventarti troppo. Accoglilo e lascia che sia. Non credo nella gerarchia del dolore: non ci sono dolori o lutti di serie A o di serie B, come non credo che in famiglia ci sia chi soffre di più o di meno. Semplicemente ci sono modi e strade diversi. Quello che conta però è dare spazio perché questo dolore possa essere elaborato e non nascosto, curato, tenuto a caldo e poi lasciato andare».
- Parlane! «Se anche da fuori arrivano richiami a "non pensarci" e a "non parlarne più", ad "andare avanti", se ne senti il bisogno, parla del tuo bambino, della tua bambina, della tua gravidanza, del tuo dolore, di quello che è stato o che sarebbe stato. Cerca le persone o le situazioni che ti fanno sentire al sicuro e racconta di te, di lui o di lei, di voi».
- Prima o poi passa… «Il lutto non è una malattia ma una reazione fisiologica del corpo e della mente e proprio per questo ha un tempo fisiologico. Per quanto possa essere terribile e sembrare infinito, ha una durata e "prima o poi passa", almeno nella sua forma più acuta e intensa. Non ci sono tempi e modalità standard, ma arriverà un momento in cui ci si sentirà meno distrutti, in cui il ricordo sarà ancora presente ma la sofferenza lascerà un po' di spazio e un po' di respiro. Tenere in mente questo può aiutare, almeno un po', nel dolore più nero».
- Chiedi aiuto. «Per uno strano cortocircuito, spesso, il lutto perinatale fa rinchiudere, tacere, porta a nascondersi. Senza forzature e con il tempo necessario però è importante provare a fare qualche passo fuori da sé, magari cercando le persone e le situazioni capaci di ascolto e accoglienza autentica. Cerca queste "isole" tra le persone care, ma se ne senti il bisogno cercale anche tra i servizi, i professionisti e le organizzazioni che possono offrirti un aiuto, un ascolto e una accompagnamento mirato e competente».
- Parlane con i tuoi figli. «Se in famiglia ci sono altri figli, fratelli e sorelle delle stelle passate troppo in fretta e volate via, lascia che partecipino alla vostra storia. Condividere anche le emozioni brutte, gli sgambetti e le cadute e cercare insieme la strada per rialzarsi è uno dei regali più preziosi da fare ai bambini. So che è possibile che non ci si senta in grado o abbastanza forti per affrontare un tema così difficile, correndo il rischio di vedere negli occhi dei bambini il riflesso della nostra stessa tristezza. Ma è necessario tenere presente che un bambino ha delle antenne speciali per intercettare i cambiamenti nel clima della famiglia o la tristezza di mamma o papà. Non dare loro nemmeno un appiglio per comprendere cosa accade può creare confusione e rendere il processo di rielaborazione di tutta la famiglia molto più complicato. Non sono necessarie grandi spiegazioni o trattazioni approfondite, solo la disponibilità ad accogliere per il tempo possibile le loro domande, dare qualche risposta e sostare insieme, per un po', nell'atmosfera stramba del lutto».
- Dedica tempo a te e a voi! «Una cosa importante da considerare è che, per i bambini presenti in famiglia, la prima e forse all'inizio più grave perdita riguarda i propri genitori, e la sensazione che il lutto, oltre al fratellino, abbia spazzato via il loro volto sorridente, insieme al clima famigliare costruito fin lì. I genitori, spesso, nei primi momenti dopo un lutto, possono non essere presenti perché impegnati in visite, ricoveri ospedalieri, cure oppure possono non avere ancora la forza di esserci. Ciò che colpisce maggiormente, almeno all'inizio, un bambino è questa perdita. A questo, però, si può rimediare. Un modo è proprio quello di dedicarsi tempo di qualità per stare insieme, per riparare, per ricostruire e per dare senso insieme alla presenza e all'assenza. Anche in questo caso non ci sono ricette, tempi e modi stabiliti. Ciò che è importante credo sia il desiderio e l'autenticità con cui anche questo tassello viene aggiunto al processo di rielaborazione del lutto».
- Ricorda. Custodisci. «"Il ricordo è un modo di incontrarsi" dice Gibran. Creare un ricordo condiviso del bambino o della bambina che non ci sono più può dare sollievo, rendere presente e convogliare affetti positivi utili alla rielaborazione del lutto. Anche per un bambino, costruire una rappresentazione affettiva del fratellino o della sorellina che non ci sono può aiutare a comprendere e allo stesso tempo dare significato alla sua assenza. Ognuno può e dovrebbe cercare il proprio modo per ricordare. Nel libro ho solo raccontato il nostro modo e provato a tratteggiare qualche suggerimento».
- Racconta. «Sono convinta che il potere della narrazione, del creare e raccontare storie, possa essere un utile strumento anche per la rielaborazione del lutto. Costruire una narrazione intorno alle vicende del lutto, al bambino o alla bambina persi può portare con sé numerosi benefici perché aiuta a mettere ordine tra i pensieri, le emozioni e gli eventi, rende comunicabile a sé e agli altri, "tappa i buchi" della memoria magari attraverso qualche espediente tipico delle storie, rende presente anche chi non c'è e colora di emozioni e significati il passaggio delle stelle anche più silenziose e veloci ma piene di luce. Costruire e condividere questi racconti con i bambini presenti in famiglia, poi, può essere un utilissimo strumento per rendere almeno un po' più lieve il dolore dell'assenza».
- Lascia andare. Dona l'amore in eccesso. «Se il processo del lutto ha fatto il suo corso, se l'elaborazione è a buon punto, arriva il momento in cui si può lasciare andare il Dolore. Per qualche strana ragione questo passaggio può essere davvero complicato. Perché ci si può sentire in colpa, perché si ha paura di lasciare andare, insieme al dolore, anche il ricordo, perché può sembrare di non meritarselo, perché al dolore un po' ci si affeziona. Ecco, invece io credo che si possa lasciare andare il dolore, quello più lancinante, quello che blocca e non fa ripartire e mantenere la nostalgia, un po' come si raccolgono le conchiglie sulla spiaggia dopo la potenza distruttiva di una mareggiata. Nella conchiglia della nostalgia c'è il ricordo, c'è anche un po' di bellezza, c'è la capacità di amare in assenza e, forse, il desiderio di investire l'amore che resta nel futuro che resta dopo il lutto, quando la vita riparte».