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Maternità anticipata, come chiederla

di Antonella Laudonia - 18.05.2021 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Maternità anticipata: gravidanza a rischio, condizioni di lavoro o ambientali dannose per la salute della donna o del bimbo. Quando si può chiedere

In questo articolo

Maternità anticipata

Non sempre una donna incinta riesce ad andare al lavoro fino al settimo o all'ottavo mese di gravidanza, i due limiti generalmente previsti per l'inizio dell'astensione obbligatoria. Ci sono casi, disciplinati dalla legge e dal Testo Unico sulla maternità e paternità (decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151), in cui è opportuno interrompere anzitempo l'attività lavorativa, per salvaguardare la salute della futura mamma e del nascituro. Per saperne di più sulla maternità anticipata abbiamo parlato con un'esperta dell'Inps, Francesca Fedele, Dirigente Area normativa e contenzioso per diminuzione capacità lavorativa.

Cos’è la maternità anticipata e in quali casi viene concessa?

E' un'anticipazione del congedo obbligatorio di maternità riconosciuta dalla legge nelle seguenti ipotesi:

  • nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza (a titolo di esempio, le cosiddette "gravidanze a rischio")
  • quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna o del bambino;
  • quando la lavoratrice addetta al trasporto e al sollevamento pesi, nonché a lavori pericolosi faticosi e insalubri, non possa essere spostata ad altre mansioni.

A chi spetta l’interdizione anticipata?

A tutte le lavoratrici dipendenti incluse le lavoratrici agricole e domestiche. Le lavoratrici cessate o sospese da meno di 60 giorni oppure le lavoratrici in godimento dell'indennità di disoccupazione, oppure in cassa integrazione o in mobilità, possono richiedere l'interdizione anticipata esclusivamente nell'ipotesi di cui alla lettera a). L'interdizione anticipata spetta anche alle lavoratrici iscritte alle gestione separata Inps; le libere professioniste iscritte alla gestione separata possono fruirne esclusivamente nell'ipotesi di cui alla lettera a).

La legge tutela inoltre la salute delle lavoratrici gestanti e madri nel caso in cui siano, ad esempio, a contatto con agenti fisici, chimici, biologici, o svolgano lavori pericolosi, faticosi, insalubri, di trasporto e sollevamento pesi.

Cosa si deve fare per ottenere il provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro? A chi va presentata la domanda?

I provvedimenti di interdizione anticipata dal lavoro per gravi complicanze della gravidanza o preesistenti forme morbose vanno  rilasciati dalla ASL.

La lavoratrice deve rivolgersi all'organo competente (ora le Asl) munita del certificato medico di gravidanza, del certificato attestante le gravi complicanze della gravidanza nonché di qualunque altra documentazione che possa essere ritenuta utile.

Se il suo ginecologo è accreditato al Servizio sanitario nazionale, il suo certificato è sufficiente. La lavoratrice in attesa del provvedimento di interdizione si astiene dal lavoro a decorrere dalla data riportata nel certificato di gravidanza a rischio. All'atto della ricezione della documentazione, la DPL rilascia apposita ricevuta in duplice copia, una delle quali verrà presentata dalla lavoratrice al proprio datore di lavoro.

A metà del 7° mese sarà però necessario inviare all'INPS via telematica, la domanda di congedo di maternità obbligatorio.

Durante il periodo di maternità anticipata la lavoratrice non è soggetta a visite fiscali.

Qual è il trattamento economico percepito durante l'interdizione anticipata e chi lo paga?

Durante il periodo di anticipata alla futura mamma spetta lo stesso trattamento economico e previdenziale previsto per il congedo "normale" di maternità (indennità economica a carico dell'Inps pari all'80% della retribuzione, integrabile fino al 20% dal datore di lavoro). In generale, per le lavoratrici dipendenti, l'indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro. Per le lavoratrici agricole, domestiche e per le lavoratrici iscritte alla gestione separata Inps, l'indennità è pagata direttamente dall'Inps.

Cos'è il congedo di maternità obbligatorio?

Il congedo di maternità è un periodo stabilito dalla legge durante il quale è fatto divieto al datore di lavoro di adibire la lavoratrice al lavoro. Con l'approvazione del proprio medico, le donne in dolce attesa possono rimanere in servizio fino al nono mese, spostando così il periodo di astensione dal lavoro di 5 mesi a dopo il parto. Le possibilità di usufruire del congedo di maternità, ad oggi, sono tre: 2 mesi prima +3 mesi dopo; 1 mese prima + 4 mesi dopo; nessuna assenza prime e 5 mesi dopo.

La lavoratrice, prima dell'inizio del congedo di maternità, presenta al datore di lavoro e all'Inps il certificato medico di gravidanza contenente la data presunta del parto. Detto certificato è redatto dal medico del SSN o con esso convenzionato.

Congedo parentale

Il congedo parentale, anche noto come maternità facoltativa, consiste in un periodo di astensione facoltativa fruibile dai genitori lavoratori dipendenti, in modo continuativo o frazionato. Il congedo può essere goduto in diversi modi:

  • alla madre lavoratrice dipendente, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
  • al padre lavoratore dipendente, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7, dalla nascita del figlio, se lo stesso si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi
    al padre lavoratore dipendente, anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre (a decorrere dal giorno successivo al parto), e anche se la stessa non lavora;
  • al genitore solo (padre o madre), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.

Riposi per allattamento

I riposi giornalieri c.d. "per allattamento", disciplinati dagli articoli 39 e seguenti del T.U., consentono alla madre lavoratrice dipendente di astenersi dal lavoro, durante il primo anno di vita del bambino, per due ore al giorno, se l'orario contrattuale di lavoro è pari o superiore alle sei ore, oppure per un'ora, se l'orario contrattuale di lavoro è inferiore alle sei ore. La distribuzione dei riposi nell'arco della giornata lavorativa va concordata con il datore di lavoro.

Fonti

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Revisionato da Francesca Capriati

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