Mi dispiace signora, non c'è battito. È una frase terribile, che nessuna donna in gravidanza vorrebbe mai sentirsi dire. E invece, purtroppo, può succedere. Se siamo tutti consapevoli del rischio di aborto spontaneo nelle prime settimane di gravidanza, diverso è il caso di una perdita in un'epoca più avanzata, dopo le 20 settimane. Si parla in questo caso di morte endouterina, un evento che colpisce in Italia sei famiglie ogni giorno che spesso non ha cause precise.
Un evento tragico, che è ancora un tabù
Per le famiglie colpite è un evento devastante ma per il resto della società è ancora un tabù. Spesso, anche in ospedale le donne e i loro compagni non ricevono un adeguato accompagnamento al momento della nascita del loro bambino silenzioso e un'adeguata assistenza psicologica.
E fuori dall'ospedale, non sempre queste mamme e questi papà trovano persone con le quali parlare liberamente della loro esperienza. Più spesso, vivono in silenzio il loro lutto, che diventa così ancora più difficile da sopportare.
Un questionario per saperne di più
Proprio per capire quali sono gli atteggiamenti, le opinioni, i sentimenti sulla nascita di un bambino nato morto, l'International Stillbirth Alliance, un'organizzazione che comprende varie associazioni nazionali dedicate alla ricerca e al sostegno sulla morte perinatale, ha lanciato un questionario online in varie lingue, italiano compreso.
Il questionario si rivolge a tre gruppi distinti: genitori colpiti da una morte in utero, parenti, familiari o amici oppure operatori sanitari (con l'ulteriore obiettivo di cercare di saperne di più sul fenomeno, per prevenirlo). Oltre che per raccogliere informazioni importanti per la ricerca, il questionario si propone di portare il tema all'attenzione dell'opinione pubblica, rompendo il silenzio che circonda le morti in utero e le famiglie che le vivono.
Per l'Italia, l'indagine è curata dall'associazione CiaoLapo Onlus, fondata da due genitori, Claudia Ravaldi e Alfredo Vannacci, dopo la morte in utero del loro bimbo Lapo, il 13 marzo 2006.
Se anche tu vuoi contribuire, puoi rispondere al questionario online: bastano da 10 a 30 minuti, a seconda della categoria alla quale appartieni. I risultati dello studio saranno pubblicati su The Lancet, una delle riviste mediche più prestigiose del mondo.
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