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Quali sono i nomignoli per bambini più odiati?

di Elena Cioppi - 22.12.2020 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Molti genitori scelgono il nome del loro bambino e poi... usano un nickname per tutta la vita. Quali sono i nomignoli per bambini più odiati?

In questo articolo

Scegliere il nome per il proprio bambino è sempre una bella sfida per i genitori, che si destreggiano tra nomi maschili belli e ma non comuni, nomi per bambine popolari e anche nomi stranieri. Dopo averlo scelto, molti genitori però si lasciano tentare dal soprannome. Un nickname carino con il quale si abituano (e abituano anche nonni e zii) a chiamare il bambino. E no, non sempre la scelta è azzeccata, nel senso che molti nomignoli possono sembrare affettuosi in casa, ma se escono fuori dalle mura domestiche possono imbarazzare il bambino quando diventa più grande! Su Reddit si è scatenato un sondaggio per individuare i nomignoli per bambini più odiati. Sono in inglese, ma anche il loro corrispondente in italiano non sono male. Ecco i migliori (anzi, i peggiori).

I nomignoli per bambini più odiati secondo gli utenti di Reddit

Il sondaggio su vezzeggiativi e nomignoli su Reddit, popolarissimo sito sul quale si può trovare una risposta a ogni domanda, è sorto da un quesito lanciato da un utente. "Qual è il soprannome che odiate di più?". E lì si è davvero scatenata una bufera di risposte da parte di persone che, per decenni, si sono portate dietro le scelte infelici dei loro genitori. Nate in famiglia ma poi uscite fuori dalle mura domestiche, anche quando quei bambini erano diventati adulti!

I soprannomi per bambini meno amati

  • bean: che in italiano vuol dire "fagiolo"
  • little bean: che in italiano vuol dire "piccolo fagiolo"
  • peanut: l'equivalente di "arachide" in italiano, ma spesso tradotto con "nocciolina"
  • princesse: in tanti utenti anno dichiarato che i termini associati al mondo delle principesse risultano spesso melensi e odiosi

Molti utenti hanno poi detto di detestare i soprannomi che arrivano dal mondo delle abitudini dei bambini. Tipo... fare la cacca. In americano può avere anche un suono carino (To poo è il verbo) che italianizzato spesso diventa Pupù.

E molti genitori usano proprio questi termini come vezzeggiativo, che senz'altro ha una sonorità dolce ma il significato non è proprio la stessa cosa! Vale lo stesso per "Puzzetta", "puzzoletta" o altri termini della sfera dell'olfatto e degli odori forti che caratterizzano spesso i bambini nella prima infanzia.

Baby talk e vezzeggiativi, perché sono utili

Nel cosiddetto baby talk rientra quel tipico modo di parlare ai bambini quando sono molto piccoli. Lo studio "Quantifying Sources of Variability in Infancy Research Using the Infant-Directed-Speech Preference" pubblicato da Sage Journal ha confermato che questo tipo di linguaggio è universalmente comprensibili da tutti i bambini del mondo. Anche perché si associano alla figura materna che ovviamente trasmette con le parole anche il suo tono di voce e il suo timbro, potente balsamo sui neonati. Quindi è vero che alcuni soprannomi come "Topolino" e "fagiolino" possono risultare melensi quando il piccolo cresce ma quando è neonato sono molto importante per stabilire un contatto con la mamma e con il papà.

In generale i soprannomi, per non diventare un'abitudine di famiglia che poi esula dalle mura domestiche, dovrebbero essere eliminati. I bambini, per rafforzare la propria identità, hanno bisogno di essere chiamati col loro nome. Non vale ovviamente per i soprannomi che nascono da quello originale usati come diminutivi (da Elena a Ele, ad esempio), perché velocizzano la conversazione e favoriscono l'intimità. Ma chiamare "puzzoletta" una bambina di 6 anni a volte può portare a qualche disagio. Meglio evitarlo, contenendo la voglia di associare termini e nomignoli affettuosi ai bambini più piccoli. Che invece da questo baby talk traggono beneficio in molti modi diversi, soprattutto quando sono neonati e hanno bisogno di ascoltare la voce dei genitori per farsi un'idea del mondo.

Fonti per questo articolo: Sage Journal, "Quantifying Sources of Variability in Infancy Research Using the Infant-Directed-Speech Preference"

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