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Parto in casa, quanto è diffuso in Italia?

di Nostrofiglio Redazione - 24.05.2022 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Sempre più donne scelgono di vivere il parto come evento naturale e non medicalizzato. In Italia il parto in casa è regolamentato e alcune regioni prevedono un rimborso delle spese, ma quanto è diffuso?

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Parto in casa, quanto è diffuso in Italia?

Il parto in casa è una scelta diffusa in diversi Paesi Europei, mentre in Italia, seppur regolamentata, la normativa è differente tra le regioni, cosi come differenti sono le agevolazioni e i rimborsi. Infatti, alcune regioni quali il Piemonte, l'Emilia Romagna, le Marche, il Lazio, le province di Trento e Bolzano prevedono un rimborso parziale del parto a domicilio oppure l'assistenza pubblica gratuita, come nel caso di Torino, Reggio Emilia, Modena e Parma.

Secondo il primo studio italiano condotto dall'Istituto Mario Negri in collaborazione con l'Associazione Nazionale delle Ostetriche pubblicato nel 2018, si calcola (anche se non ci sono statistiche ufficiali) che il parto extra-ospedaliero in Italia riguardi solo lo 0,06% delle nascite.

Un dato bassissimo se confrontato con i Paesi Bassi dove il 16,3% delle nascite avviene in casa e l'11,4% in una casa maternità. Il Regno Unito, secondo in Europa, conta 1-3% di parti extra-ospedalieri, mentre negli Stati Uniti il tasso è passato dallo 0,87% del 2004 all'1,5% del 2014. (Fonte La Repubblica)

Secondo i dati nazionali elaborati da Maurizio Bonati, dell'Istituto Mario Negri di Milano "I parti in casa rappresentano lo 0,2% del totale, tra i mille e i 1.500 l'anno, con il record negativo della Sicilia (0,04%) e quello positivo dell'Emilia Romagna (0,85%)".

L'ultimo rapporto sui Cedap del Ministero della salute dichiara che nel 2020 su un totale di 397.872 parti, la proporzione di nascite codificate come nascite a domicilio è stata 0.12%; c'è un ulteriore 0.04% codificato come avvenuto in altro luogo (nascite probabilmente avvenute in casa di maternità).

La donna deve avere la possibilità di partorire in un luogo che sente sicuro, al livello il più periferico possibile in cui sia possibile fornire assistenza appropriata e sicurezza. In ordine tali luoghi possono essere la casa, la casa maternità, l'ospedale.

(O.M.S. FRH/MSM/ 96.24)

Una scelta controcorrente

Si legge in un'indagine del Corriere -. Chi sceglie di far nascere il figlio a casa ha tra i 30 e i 40 anni, cultura medio-superiore, in genere è pluripara con una precedente esperienza ospedaliera non troppo felice.

Gli episodi di depressione post partum sono rarissimi, quattro su mille.

"La gravidanza non è una malattia.

Eppure c'è una forte paura a fare una scelta controcorrente. Non esiste consenso sociale su questo tema, se lo dici ti rispondono: ma sei matta? Mentre è più folle mettersi in auto il 15 agosto", spiega al Corriere Marta Campiotti, 52 anni e 500 figli (fatti nascere), presidente del Coordinamento nazionale delle ostetriche che eseguono il parto a domicilio, una quarantina nel Centronord, zero al Sud (www.nascereacasa.it).

Hanno scelto il parto in casa la ex top model Cindy Crawford, Demi Moore, Meryl Streep e Kelly Preston, moglie di John Travolta

Quando farlo

 "Il nostro riferimento storico è il Protocollo di Klostermann. Malgrado sia datato, riassume l'essenziale: se una donna è sana, se il bimbo non è podalico, se non c'è sproporzione tra peso del nascituro e mamma, se il feto è unico, dopo la 37ª e prima della 43ª settimana di gravidanza il parto può svolgersi in modo naturale".

Paura dei rischi

Piera Maghella, educatrice perinatale del Mipa, il Movimento internazionale del parto attivo (www.mipaonline.com), cita ricerche che comparano il parto in un buon ospedale con quello programmato in casa: "Il secondo è altrettanto sicuro per la mamma, ma è molto più sicuro per il neonato". Lei, che ha fatto nascere nel suo letto tre dei quattro figli, destinando all'ultima la vasca da bagno, non ha dubbi su quale sia il deterrente principale: "È l'idea che possa essere pericoloso e il fatto che sia a pagamento".

Una scelta non sostenuta

Spesso il sostegno manca proprio da parte del ginecologo. "Quando una gravidanza decorre senza problemi non c'è motivo di andare all'ospedale. Purtroppo i primi nemici di questa soluzione sono gli stessi dottori, in Italia c'è una medicalizzazione incredibile: la media dei cesarei è del 38%, con punte del 59% in Campania e del 50% in Sicilia, mentre l'Oms raccomanda il 10-15 per cento", conclude Giuseppe Battagliarin, ginecologo del Buzzi di Milano (3.600 parti l'anno) e garante di una delle tre Case di maternità in Italia gestite unicamente dalle ostetriche, strutture alternative dove far nascere il proprio figlio in una dimensione familiare (si trovano a Milano, Induno Olona e Bologna).

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Revisionato da Nicoletta Vuodi - Aggiornato il 22.12.2008

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