Nella struttura piccola,di solito, viene data più importanza alla componente umana) e non è poco!), ci sono più possibilità di avere un’ostetrica tutta per sé durante il travaglio, nel post parto e nell’avvio dell’allattamento, che ti ascolta e ti supporta in un momento così delicato. Inoltre, il rapporto che si instaura con i medici del reparto e con le puericultrici può essere più diretto.
In un ospedale grande è difficile ricevere attenzioni personalizzate, ma i vantaggi sono il gran numero di parti che si eseguono ogni anno (quindi in teoria più professionalità e esperienza) e gli alti livelli di specializzazione (spesso però legati anche ad alti livelli di medicalizzazione).
“La risposta se è meglio andare a partorire in un ospedale o uno piccolo è difficile - dice Stefano Bianchi, primario di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale San Giuseppe di Milano e docente all’Università di Milano - ogni mamma deve scegliere quel che la fa sentire più sicura e a suo agio, in base alle sue esigenze e priorità”.
Tuttavia, sottolinea il primario, vi sono alcuni requisiti minimi che una struttura, per quanto piccola, deve possedere, anche se il parto si preannuncia nel migliore dei modi. In particolare:
deve esserci un reparto di ostetricia distinto da quello di ginecologia e un pronto soccorso ostetrico attivo 24 ore su 24.
Se si ha intenzione di fare l’epidurale, occorre accertarsi che vi sia un anestesista ostetrico disponibile in ogni ora (anche di notte!).
Dovrebbe esserci, se non una banca del sangue, almeno un piccolo deposito di sangue, perché in ogni parto non si può mai escludere al 100% il rischio di un’emorragia.
Il pediatra deve essere sempre presente o almeno sempre reperibile;
deve trattarsi di un ospedale comodo e facile da raggiungere, perché trovarsi imbottigliate nel traffico nell’ora di punta con contrazioni in corso non è il massimo.
E’ bene che vi sia una figura professionale di fiducia, che ci faccia sentire sicure e ‘protette’.
Se il parto presenta fattori di rischio, sottolinea Bianchi, “i requisiti minimi aumentano”. Per esempio: se vi è rischio di parto prematuro, se c’è gemellarità, se c’è il sospetto di malformazioni fetali, è necessario che l’ospedale disponga del reparto di Terapia Intensiva Neonatale.
Se vi è un aumentato rischio di sanguinamento materno (ad es. in caso di placenta previa) è opportuno che sia presente anche un reparto di Terapia Intensiva per adulti.
Da non sottovalutare infine la presenza di un servizio di psicologia clinica laddove si evidenzino specifiche fragilità psico-emotive che necessitano di un supporto psicologico già dopo il parto.
La struttura piccola è preferibile per l’attenzione che di solito viene data alla componente umana – e non è poco! – per la possibilità di avere un’ostetrica tutta per sé durante il travaglio, nel post parto e nell’avvio dell’allattamento, che ti ascolta e ti supporta in un momento così delicato, per il rapporto più diretto che si instaura con i medici del reparto e con le puericultrici: tutti fattori che possono rendere il parto un’esperienza emotivamente più confortante.
In un ospedale grande è difficile ricevere attenzioni personalizzate, ma i vantaggi sono il gran numero di parti che si eseguono ogni anno e gli alti livelli di specializzazione (spesso però legati anche ad alti livelli di medicalizzazione).
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