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In Italia troppi cesarei inutili

di Nostrofiglio Redazione - 21.01.2013 - Scrivici

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Lo ha detto il ministro della Salute, Renato Balduzzi, commentando l'esito dell'indagine sulle informazioni contenute nelle schede di dimissione ospedaliera.

Troppi parti cesarei in Italia, molti ingiustificati. Lo ha detto il ministro della Salute, Renato Balduzzi, commentando l'esito dell'indagine sulle informazioni contenute nelle schede di dimissione ospedaliera con procedura di parto cesareo dalla quale risulta che, su un campione di 1.117 cartelle cliniche esaminate, nel 43% dei casi il parto cesareo non è giustificato.

 

"Questa indagine - ha detto il ministro nel corso della presentazione dell'indagine al ministero - è una conferma positiva del buon funzionamento del sistema sanitario nazionale per quanto riguarda gli strumenti disponibili per intervenire, ma anche un campanello di allarme perché nonostante le linee guida esistenti per fare bene le cose abbiamo questi risultati.

 

L'inappropriatezza del parto cesareo - ha sottolineato Balduzzi - è qualcosa che va a incidere pesantemente sulla salute della donna quindi è evidente che bisogna intervenire".

 

Il ministro ha quindi evidenziato che, a fronte di una frequenza nazionale dei cesarei pari all'8% circa sul totale dei parti, vi sono alcune zone del territorio nazionale in cui tale sequenza raggiunge il 40/50% dei casi.

 

Balduzzi ha infine spiegato che dall'indagine avviata dal ministero, su segnalazione della Agenas, è emerso che "dalle cartelle cliniche o veniva fuori qualcosa di diverso rispetto a quanto contenuto nelle schede di dimissioni ospedaliera o mancava qualunque tipo di documentazione che giustificasse il parto cesareo".

 

"Ci sono comportamenti opportunistici", ha detto il ministro. Infatti, ha ricordato Carlo Perucci dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, le strutture ospedaliere percepiscono dalle Regioni un rimborso aggiuntivo di 1.139 euro per ciascun parto cesareo oltre a quello previsto per il parto naturale, che ammonta a 1.318,64 euro. L'abuso del ricorso al parto cesareo secondo l'indagine, è omogeneo da un punto di vista geografico: le cartelle cliniche non coerenti con le schede di dimissione ospedaliera o non valutabili per assenza di documentazione sono infatti il 44 per cento di quelle esaminate in Lombardia, il 74 per cento di quelle oggetto dell'indagine nelle Marche, il 44 nel Lazio, il 56 in Puglia e il 78 per cento in Sicilia.

 

"Queste cartelle saranno inviate all'autorità giudiziaria", ha spiegato ai giornalisti il comandante dei Nas, generale Cosimo Piccinno. Presentando l'indagine, che ha preso in esame le cartelle cliniche del 2010, Perucci ha colto l'occasione per evidenziare l'anomalia riguardante il ricorso ai cesarei in Italia: "Nel 2012 - ha detto - la percentuale di parti cesarei sul totale dei parti è scesa al 28 per cento circa ma si tratta di una media che resta ampiamente al di sopra di quella europea".

 

E le statistiche, ha aggiunto Perucci, "mostrano anche differenze clamorose sul territorio nazionale: se a Treviso abbiamo un 7 per cento di parti che sono cesarei, tale media sale fino al 50 per cento a Reggio Calabria o a Messina".

 

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