Fino a non molti anni fa alle donne in dolce attesa si diceva di bere la birra perché "fa latte". Per fortuna oggi sappiamo che non solo non è vero, ma che è anche potenzialmente molto pericoloso.
Cosa può succedere infatti se una futura mamma fa uso di alcol in gravidanza? E se assume sostanze stupefacenti?
Così come per il fumo di sigaretta, anche alcol e droghe, seppure in quantità molto ridotte, possono avere effetti gravi sullo sviluppo del feto. Sia le droghe che l'alcol, infatti, attraversano la placenta e producono danni sul feto che possono manifestarsi anche a distanza di anni. Per questo motivo quando si è incinta, o si vuole rimanere incinta, è buona regola astenersi totalmente da sostanze simili. Per chiarire ogni dubbio sulla questione, abbiamo posto alcune domande alla dott.ssa Anna Maria Marconi, Direttrice della Scuola di specializzazione in ginecologia e ostetricia dell'università di Milano.
Il consumo di alcol tra le donne
Come riporta l'Istituto Superiore di Sanità, negli ultimi vent'anni in Europa è progressivamente aumentato il numero di donne, anche molto giovani, che consumano abitualmente bevande alcoliche. Facciamo una piccola precisazione: bisogna considerare che la quantità di alcol che lo stomaco delle donne riesce a metabolizzare è generalmente quattro volte inferiore a quella degli uomini, motivo per cui è sempre bene fare attenzione alla quantità di alcolici consumata.
Quando poi una donna è incinta, o sta provando a rimanere incinta, allora sarebbe meglio se l'alcol fosse totalmente evitato: il gioco non vale la candela in questo caso.
"Basandomi sulla mia esperienza – spiega la dott.ssa Marconi – devo ammettere che in Italia non c'è un grandissimo problema di donne che assumono alcol in gravidanza, a differenza dell'America dove il fenomeno è più comune. Da questo punto di vista le donne italiane sono molto attente e sanno astenersi anche completamente dal consumo di alcol durante i nove mesi di gravidanza".
Purtroppo, però, i dati provenienti dall'Istituto Superiore di Sanità indicano che nel nostro paese una percentuale ancora moto alta di donne in dolce attesa, tra il 50 e il 60%, continua a consumare alcolici nonostante la gravidanza.
Nel 2019 il Ministero della Salute ha finanziato un progetto di ricerca intitolato "Prevenzione, diagnosi precoce e trattamento mirato dello spettro dei disturbi feto alcolici e della sindrome feto alcolica". Il progetto, affidato al Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), ha lo scopo di "valutare il reale consumo di alcol nelle donne in gravidanza", si legge nel sito dell'ISS. Non ci resta che attendere i risultati, sperando che il messaggio dell'astensione dall'alcol durante la gestazione venga presto recepito e accettato in Italia, soprattutto perché i rischi derivanti anche da piccole quantità di alcolici possono essere davvero seri sia per la mamma che per il feto. Vediamoli nel dettaglio.
Gli effetti dell'alcol in gravidanza
Il consumo di alcol in gravidanza è pericoloso per la donna, ma anche e soprattutto per il suo bambino che potrebbe subire danni non trascurabili. Anche piccole quantità di alcolici possono influire sullo sviluppo del feto e aumentare il rischio di aborto spontaneo, parto prematuro e basso peso alla nascita.
"L'alcol una volta assunto dalla madre arriva direttamente nel sangue del feto che però non può metabolizzarlo perché in nessuna epoca gestazionale possiede gli enzimi per farlo. In questo modo il feto è esposto agli effetti nocivi dell'alcol".
A seconda della quantità di alcol assunta dalla donna, della frequenza del consumo e dell'epoca gestazionale, si possono avere diversi tipi di danni per il feto tra cui rischio di aborto, natimortalità, distacco della placenta, malformazioni e anomalie comportamentali. Bisogna però ricordare che al momento non esiste una soglia di sicurezza o una dose minima di alcol per evitare effetti negativi al feto.
"Fino a non molti anni fa – spiega la dott.ssa Marconi – si parlava di una soglia definita sicura, ma con il tempo è stata eliminata. Per tranquillizzare una donna che magari ha bevuto non sapendo di essere incinta, diciamo che il limite da non oltrepassare in alcun modo è di 24g di etanolo. Per essere più concreti, 12 g di etanolo si trovano in un bicchiere di vino da 125 ml o in una lattina di birra. Oggi però il consiglio è quello di astenersi completamente visti i rischi a cui si può andare in contro".
La ricerca scientifica nel corso degli ultimi anni ha approfondito la conoscenza sugli effetti che l'alcol può avere se assunto in gravidanza. Ad esempio, uno studio pubblicato sulla rivista American Journal of Obstetrics and Gynecology ha dimostrato che durante la gestazione anche piccole quantità di alcol consumate regolarmente possono esporre la donna a un maggior rischio di aborto spontaneo tra la 5 e la 10 settimana di gestazione. Il team di ricerca ha infatti stimato un aumento dell'8% del rischio di interruzione spontanea di gravidanza per ogni settimana in cui la futura mamma assume bevande alcoliche durante il primo trimestre.
Una scoperta più recente riguarda invece la relazione tra il consumo di alcol durante la gravidanza e un maggior rischio di Sids (morte in culla). Secondo uno studio pubblicato sulla rivista EClinicalMedicine i bambini nati da donne che hanno fatto uso di alcol e hanno fumato sigarette durante la gravidanza hanno un rischio maggiore di morte in culla rispetto ai neonati le cui madri si sono astenute da alcol e fumo.
Le conoscenze scientifiche disponibili indicano inoltre che il primo e l'ultimo trimestre di gravidanza sono quelli più delicati e quelli in cui l'alcol determina i maggiori danni per il feto.
L'azione negativa dell'alcol interferisce con i normali processi di sviluppo fisico e intellettivo determinando così malformazioni e ritardo mentale in maniera più o meno grave in base ai livelli di consumo.
Chiaramente le conseguenze più gravi si riscontrano nelle donne con problemi di alcolismo, ma anche piccole dosi di alcol ingerite ogni giorno provocano problemi comportamentali e cognitivi nel bambino che possono manifestarsi anche alcuni anni dopo la nascita come nel caso dei disordini feto-alcolici e della sindrome feto-alcolica.
Lo spettro dei disordini feto-alcolici
Con il termine "spettro dei disordini feto-alcolici" (o Fasd) si intendono una serie di problemi fisici e comportamentali legati all'esposizione all'alcol avvenuta durante la gravidanza. Questo tipo di anomalie fisiche e comportamentali (che possono durare anche tutta la vita) si suddividono in disabilità primarie e secondarie.
Disabilità primarie
Le disabilità primarie sono problemi fisici e/o neurologici che comprendono:
- malformazioni/anomalie del viso;
- ritardo nell'accrescimento;
- alterazioni cognitive e comportamentali.
In particolare, queste ultime riguardano difficoltà del linguaggio, deficit di attenzione, difficoltà di memoria e di apprendimento.
Disabilità secondarie
Le disabilità secondarie, invece, si manifestano più tardi e si pensa siano dovute alla mancata diagnosi e cura delle disabilità primarie. Tra queste troviamo:
- problemi legati alla salute mentale;
- problemi con la legge;
- esperienze scolastiche o lavorative fallimentari;
- isolamento.
La sindrome feto-alcolica
La sindrome feto-alcolica (Fas) è una patologia ancora più seria causata dal consumo cronico di alcol in gravidanza. Il bambino nato con sindrome feto-alcolica presenta:
- anomalie del viso e della testa con una circonferenza del cranio inferiore alla media;
- ritardo nella crescita sia prima che dopo la nascita con basso peso e bassa statura;
- danni cerebrali;
- malformazioni del cuore;
- problemi dell'apparato scheletrico;
- malformazioni dell'apparato urogenitale;
Possono inoltre manifestarsi disturbi dell'udito e della vista oltre a una particolare forma di occhi, naso, bocca e labbra.
Vi sono poi tutta una serie di problematiche neurologiche, cognitive e comportamentali (ritardo mentale, difficoltà di attenzione e memoria, disturbo del sonno) spesso non visibili durante i primi anni di vita del bambino e che si sviluppano generalmente verso l'età scolare.
Il Centro Nazionale Dipendenze e Doping ha dedicato sia ai professionisti della salute che agli educatori e genitori di bambini con sindrome feto-alcolica un instant-book con una serie di consigli utili. L'opuscolo "Sindrome Feto Alcolica – Responsabilità fin dall'inizio" spiega come interfacciarsi nella vita quotidiana con bambini, adolescenti e adulti affetti da sindrome feto-alcolica
Come si previene la sindrome feto-alcolica
Per prevenire la sindrome feto-alcolica (Fas) e lo spettro dei disordini feto-alcolici (Fasd) è necessario smettere di consumare alcolici appena la donna scopre di essere incinta o, ancora meglio, non consumarne proprio quando si cerca un figlio. Ricordiamo infatti che non esiste una dose considerata sicura.
"Se si hanno difficoltà a smettere di bere è fondamentale rivolgersi a un medico e chiedere aiuto, in modo tale da ricevere il supporto psicologico necessario. Mettere a conoscenza i medici circa il consumo di alcol della mamma è importante per consentire al personale sanitario di aiutare il feto anche qualora questo sia già stato esposto a quantitativi più o meno elevati di alcol" spiega la dott.ssa Marconi
Diagnosi e cura della Fas
Per avere una conferma attendibile di sindrome feto-alcolica è necessario che la madre riferisca spontaneamente l'uso e/o l'abuso di bevande alcoliche. Per effettuare la diagnosi devono poi verificarsi tre condizioni:
- presenza di caratteristiche fisiche specifiche: anomalie della testa e del volto;
- ritardo della crescita sia prima che dopo la nascita;
- disfunzioni del sistema nervoso centrale e conseguenti danni.
Si arriva alla conferma finale attraverso una valutazione psicologica del bambino, della storia prenatale e dei segni fisici. Per la diagnosi è dunque necessaria la collaborazione di più specialisti.
Grazie ad alcuni test specifici oggi è possibile rilevare le anomalie del comportamento e le problematiche cognitive tipiche della sindrome feto-alcolica, arrivando così anche a un piano di cura. Questi test sono differenziati in base all'età del paziente e si eseguono generalmente a partire dai 5 anni.
Diagnosticare precocemente la sindrome feto-alcolica è davvero molto importante perché sebbene il danno cerebrale sia irreversibile, è possibile garantire al bambino l'accesso a programmi educativi specifici. Grazie a un'educazione "su misura", i bambini con sindrome feto-alcolica hanno maggiori possibilità di sviluppare le proprie abilità.
Il consumo di droghe in gravidanza
Così come per l'alcol, anche le sostanze stupefacenti sono assolutamente da evitare durante la gravidanza. "Tutte le società scientifiche raccomandano alle donne che aspettano un figlio, o che desiderano averne uno, di astenersi totalmente dal consumo di queste sostanze perché le droghe, proprio come l'alcol, attraversano la placenta mettendo a rischio la vita e la salute del feto che alla nascita potrebbe presentare sintomi di astinenza".
I principali effetti delle droghe assunte in gravidanza sono:
- rischio di aborto;
- malformazioni;
- danni cerebrali
Le conseguenze, come accade con l'alcol, possono manifestarsi anche a distanza di anni nel corso dell'infanzia. Le sostanze stupefacenti possono inoltre interferire con le dinamiche del travaglio e del parto provocando allungamento o ritardi.
I fattori responsabili del danno fetale dipendono dal tipo di sostanza o sostanze assunte e dalla loro quantità. Vediamo quindi nel dettaglio i principali effetti negativi prodotti da ciascuna droga.
Cannabis, cocaina ed eroina: i rischi
Non è facile studiare l'effetto isolato di un'unica sostanza perché spesso chi fa uso di droghe utilizza anche alcol e tabacco.
Cannabis
In generale, per quanto riguarda la cannabis, si sa che il suo principio attivo, il THC, attraversa la placenta e arriva al feto provocando
- ritardo della crescita,
- rischio di prematurità,
- basso peso alla nascita,
- scollamento della placenta e aborto,
ma non solo.
Uno studio pubblicato su Nature Neuroscience da un team di ricercatori dell'Università di Cagliari ha evidenziato che il THC agisce sulla regione cerebrale responsabile delle funzioni cognitive, delle emozioni e del piacere provocando agitazione eccessiva, difficoltà di attenzione e memoria e incapacità di valutare i rischi fin dai primi anni di vita.
Cocaina
L'uso della cocaina durante la gravidanza è responsabile di vasocostrizione, tachicardia e contrazioni uterine che possono aumentare il rischio di distacco della placenta, aborto e parto pretermine. Per il feto i danni conosciuti comprendono:
- ritardo di crescita intrauterina;
- malformazioni scheletriche, cardiovascolari, urogenitali e gastrointestinali;
- microcefalia;
- anomalie del sistema nervoso centrale;
- problemi all'udito
- problemi comportamentali.
Eroina
L'eroina è una delle droghe più pericolose, e lo è ancora di più se a farne uso è una donna in gravidanza. Tra i rischi più frequenti troviamo:
- aborto;
- natimortalità;
- ritardo di crescita intrauterina;
- riduzione della circonferenza cranica e del volume cerebrale con possibili alterazioni dello sviluppo cognitivo;
- difetti cardiaci;
- sindrome da astinenza fetale.
Come evidenziato anche dalle Linee guida per il trattamento farmacologico e psicosociale della dipendenza da oppiacei dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e dell'Istituto Superiore di Sanità, quando una donna presenta una dipendenza da eroina è necessario intervenire con un trattamento di mantenimento con sostanze antagoniste degli oppiacei. "Nelle donne che fanno uso di eroina dobbiamo intervenire subito con l'utilizzo del metadone, considerato ad oggi il trattamento più appropriato per proteggere il feto dalla sindrome di astinenza fetale" spiega la dott.ssa Marconi.
La sindrome di astinenza neonatale
La sindrome di astinenza neonatale si manifesta per la privazione improvvisa di una sostanza in grado di dare dipendenza fisica, assunta dalla donna durante la gestazione. La gravità della sindrome di astinenza neonatale è relativa al tipo di droga usata, ai quantitativi assunti e alla durata dell'esposizione fetale alla sostanza.
I sintomi coinvolgono in particolare il sistema nervoso centrale e autonomo e l'apparato digerente e possono manifestarsi precocemente, a 24/48 ore dalla nascita, o più tardivamente, dopo 5/10 giorni di vita del neonato. Tra i sintomi troviamo:
- tremori e irritabilità;
- convulsioni;
- vomito, diarrea e disidratazione;
- febbre e sudorazione;
- respirazione accelerata;
- pianto inconsolabile;
- difficoltà nell'alimentazione.
La diagnosi di sindrome di astinenza neonatale
Per diagnosticare questa sindrome è necessario prestare attenzione alla storia della mamma e al suo possibile uso di sostanze stupefacenti. Se la madre non ne parla con i medici, allora il sospetto può sorgere dai sintomi presentati dal neonato. Per confermare la diagnosi si esegue un'analisi delle urine del neonato.
Infine, tramite l'utilizzo della Scala Finnegan, una scala di punteggi, i neonatologi si orientano sulla terapia da seguire.
Come si cura la sindrome di astinenza neonatale
Il bambino con sindrome di astinenza neonatale dovrà stare in incubatrice almeno per le prime sei ore dopo la nascita, in cui verranno controllati i parametri vitali con cardiomonitor e saturimetro. Si inizia poi l'alimentazione frazionata in 8/10 pasti, per far fronte alla difficoltà nell'alimentazione, con latte materno o latte formulato ipercalorico. Se dalla scala di Finnegan emerge un punteggio elevato è il caso di iniziare il trattamento farmacologico.
Dopo la dimissione sarà necessario un rigoroso follow up per gli eventuali danni neurologici, mentre prima della dimissione deve essere valutato lo stato familiare del bambino.
Fonti utilizzate:
- Consulenza della dott.ssa Anna Maria Marconi, Direttrice della Scuola di specializzazione in ginecologia e ostetricia dell'università di Milano
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Organizzazione Mondiale della Sanità, Preventing alcohol exposure in pregnancy: examples from Member States
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EpiCentro (ISS), Sindrome alcolico fetale
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Osservatorio Fumo, Alcol e Droga (ISS), Guida alla diagnosi dello spettro dei disordini feto-alcolici
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Organizzazione Mondiale della Sanità, Linee guida per il trattamento farmacologico e psicosociale della dipendenza da oppiacei