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Birra e vino in gravidanza: i rischi

di Luisa Perego - 06.09.2022 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Rinunciare a birra e vino in gravidanze e in più generale alle sostanze alcoliche per la salute del neonato in grembo. E' l'appello della SIN

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Birra e vino in gravidanza: i rischi delle sostanze alcoliche

Birra e vino in gravidanza: a volte la tentazione di bere anche solo un bicchiere è grande. Nella nostra cultura è normale fare un brindisi per festeggiare un evento, un compleanno, una festività. E se capita in gravidanza? Quel sorso, che male potrà mai fare al feto?

Il 10% delle donne in gravidanza nel mondo consuma in qualche momento della gestazione alcol, in forma moderata o occasionale (Rapporti ISTISAN 21/25). L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha individuato nella gravidanza e nell'allattamento due momenti di particolare vulnerabilità all'esposizione a sostanze alcoliche, sia per la madre sia per il feto, con possibili gravi conseguenze per la salute nel lungo termine.

L'alcol in gravidanza è sempre nocivo a prescindere dalla quantità assunta

Come riporta la SIN, la Società italiana di neonatologia, molte donne in gravidanze sono erroneamente convinte che consumare vino, birra, liquori, amari o superalcolici in maniera "moderata" non comporti problemi per il feto. Da noi in Italia spesso è un fattore culturale: l'alcol è accettato e viene associato spesso a immagini positivi, come il "bicchiere di vino che fa buon sangue". La conseguenza è che l'Italia è tra le nazioni al mondo con prevalenza maggiore di sindrome feto-alcolica.

Sono poche le donne informate del fatto che il consumo di alcol in gravidanza sia sempre nocivo a prescindere dalla quantità assunta e dalle volte in cui viene consumato. 

"L'alcol passa sempre attraverso la placenta, a prescindere dall'epoca gestazionale, dalla quantità assunta o dal tipo di bevanda e anche un consumo "occasionale e moderato" può avere conseguenze permanenti e irreversibili sul nascituro a causa dell'azione embriotossica e teratogena dell'etanolo", afferma il Dott. Luigi Orfeo, Presidente SIN. "Il feto, infatti, non è in grado di metabolizzare l'alcol, perché privo degli enzimi necessari e quindi anche una minima quantità ne pregiudica la salute. Perciò l'alcolemia fetale è sovrapponibile all'alcolemia materna, quando la mamma beve, il bimbo beve".

L'alcol è una sostanza di ampio consumo, facilmente reperibile e associata alla convivialità; bere alcol occasionalmente e moderatamente fa parte delle abitudini alimentari, sia in contesti famigliari che sociali, abitudini che spesso si protraggono dal preconcepimento, alle prime fondamentali settimane di gestazione, ovvero quando la gravidanza ancora non è stata accertata. Una consuetudine che viene spesso percepita come priva di rischio per la salute nel breve e nel lungo termine, sia tra la popolazione sia tra gli operatori sanitari; ma l'alcol è una sostanza cancerogena, calorica, che può creare dipendenza e che è sempre associata a una mole prevenibile di danni.

Giornata mondiale della sindrome feto-alcolica e disturbi correlati

In occasione della Giornata mondiale della sindrome feto-alcolica e disturbi correlati, che si celebra il 9 settembre, la Società Italiana di Neonatologia (SIN) ribadisce quanto l'esposizione all'alcol, seppur moderata, possa comportare seri rischi, sia per la madre, sia per il feto, con possibili gravi conseguenze per la salute nel lungo termine. Tra queste, la FASD, o Spettro dei Disturbi Feto Alcolici, una disabilità permanente neurocognitiva, conseguente all'esposizione all'etanolo in utero, di cui la FAS, o Sindrome Feto Alcolica ne è la forma clinica più grave e pienamente espressa.

I rischi dei FASD

Ogni anno nascono circa 120 mila bambini (in Italia quasi 2500) che probabilmente svilupperanno lo spettro dei disordini feto-alcolici (FASD).

Le malattie più comuni sono

  • difetti alla nascita,
  • disturbi dell'apprendimento,
  • problemi comportamentali
  • e malattie mentali.

Il rapporto dei nati con FASD dalle donne che assumono alcol è di 1:67 e dei nati con FAS di 1:300. Dati verosimilmente sottostimati per il numero limitato di studi effettuati, per la metodologia utilizzata nella raccolta delle informazioni, per la variabilità dei fattori e determinanti socio-ambientali presi in considerazione, per l'assenza di un'anamnesi alcologica materna mirata nella diagnosi differenziale di FASD e per l'inconsapevolezza, da parte della popolazione e degli operatori sanitari, sui possibili danni per la salute materno-infantile legati al consumo di alcol anche quando è minimo o occasionale.

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