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Cos’è la celocentesi e cosa permette di vedere

di Simona Bianchi - 11.09.2024 - Scrivici

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La celocentesi è una tecnica prenatale  che permette di individuare alcune patologie genetiche nel feto. Cosa sapere e come funziona

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Cos’è la celocentesi e a cosa serva

La celocentesi è una tecnica diagnostica prenatale che permette di individuare precocemente la presenza di alcune patologie genetiche nel feto dalla settima settimana di gestazione. In particolare il metodo permette di effettuare una diagnosi prenatale precoce per la talassemia, la fibrosi cistica, la sindrome di Cockayne, l'ipertrofia cardiaca, la sindrome di Noonan e altre rare malattie. La procedura è stata avviata nel 2006 all'Ospedale "Vincenzo Cervello" di Palermo, grazie al contributo dell'Associazione Piera Cutino. La ricerca scientifica si è conclusa nel 2010 ed è stata compiuta nell'arco di 3 anni su 111 gravidanze a rischio talassemia: in un solo caso le cellule presenti prelevate non sono state sufficienti per la diagnosi, negli altri 110 i risultati sono stati sempre confermati dalle amniocentesi di controllo.

Come funziona la celeocentesi

Il metodo della celeocentesi consiste in un prelievo di fluido, effettuato per via transvaginale, dalla cavità celomatica, uno spazio che, a livello della camera gestazionale, contiene liquido con presenza di cellule fetali e materne. Questa tecnica di diagnosi prenatale può essere effettuata tra la settima e la nona settimana di gestazione, è un po' meno invasiva di altri metodi convenzionali finora utilizzati, come villocentesi ed amniocentesi, dura meno di un minuto, non è dolorosa e non necessita di anestesia. L'esito viene fornito in 5-7 giorni lavorativi. Il prelievo avviene infatti attraverso la vagina, senza dover perforare sacco amniotico e placenta, di conseguenza non è più necessario inserire un ago nel pancione riducendo in tal modo i rischi di provocare malformazioni al feto.

Cos’è la talassemia

La talassemia o anemia mediterranea è una malattia del sangue ereditaria molto grave causata da un difetto genetico che provoca la distruzione dei globuli rossi, una minore presenza di emoglobina e quindi una scarsa ossigenazione di tessuti, organi e muscoli che porta stanchezza e scarsa crescita.

Chi soffre di beta-talassemia deve sottoporsi a frequenti trasfusioni di sangue. In Italia la maggior incidenza si riscontra in Sardegna.

La causa dell'anemia mediterranea è un difetto genetico ereditario, che quindi passa dai genitori ai figli. Si tratta di una mutazione genetica che impedisce la corretta produzione delle proteine che compongono l'emoglobina, componente dei globuli rossi che permette il trasporto di ossigeno verso tessuti, organi e muscoli. Nelle forme meno gravi questa malattia mostra sintomi lievi o per nulla evidenti.

Nelle condizione più gravi il neonato sviluppa i sintomi di un'anemia severa dopo i primi due anni di vita. Sin dalla nascita può soffrire di ittero e di scarso accrescimento. Successivamente, potrebbe sviluppare un'anemia grave anche nota come anemia di Cooley, con sintomi come debolezza, pallore, ittero, deformità delle ossa del viso, crescita lenta, gonfiore addominale, urine scure e alle volte ingrossamento della milza.

Amniocentesi e villocentesi, cosa sono e quali sono i rischi

L'amniocentesi e la villocentesi sono tecniche diagnostiche mini invasive. La prima consiste in un prelievo di liquido amniotico e si esegue solitamente dopo il completamento della 15a settimana di gestazione, in quanto in questo momento della gravidanza sono maggiori le probabilità di successo del prelievo e più contenuti i rischi. La villocentesi è un prelievo dei villi coriali che si effettua a partire dalla 10a settimana e non oltre la 13a settimana di gestazione.

Entrambi i metodi aumentano dell'1-3/1000 il rischio di perdita fetale. Dopo amniocentesi, il rischio di rottura delle membrane amniocoriali è basso ma è stato segnalato un aumento del rischio di parto pretermine. Per quanto riguarda il rischio di perdite fetali, questo è legato a diversi fattori, quali l'età materna "avanzata" e il numero dei tentativi di prelievo. Il prelievo dei villi coriali eseguito prima della 10a settimana di gestazione può associarsi ad un aumento del rischio di provocare lesioni degli arti del feto.

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