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Cosa fare se il bambino contrae l'influenza A?

di Angela Bisceglia - 15.05.2013 - Scrivici

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Se il bambino dovesse contrarre l'influenza A, ci si deve comportare come tutte le altre volte in cui ha avuto la febbre. Se però dopo 4-5 giorni la febbre non passa, è opportuno far visitare il bambino dal medico, che valuterà se è sopraggiunta una sovrinfezione batterica, da debellare con la somministrazione dell’antibiotico.

Che cosa fare se il bambino si ammala?

“Quel che si è fatto tutte le altre volte in cui ha avuto la febbre” raccomanda il pediatra: “somministrare l’antipiretico per abbassare la temperatura ed umidificare gli ambienti per fluidificare il muco e favorire la respirazione. Non bisogna preoccuparsi se il bambino non mangia molto, l’importante è che assuma liquidi, che servono a reintegrare quelli persi con il rialzo febbrile. Maggiori precauzioni solo per i bambini al di sotto dei 3 mesi di vita: il loro sistema immunitario ancora immaturo li espone maggiormente al rischio complicanze, pertanto è consigliabile da subito l’ospedalizzazione”.

Attenzione:

  • Se dopo 4-5 giorni la febbre non passa, è opportuno far visitare il bambino dal medico, che valuterà se è sopraggiunta una sovrinfezione batterica, da debellare con la somministrazione dell’antibiotico.

  • Di solito anche quando ha la febbre il bambino salta e gioca normalmente. Se invece appare particolarmente prostrato e poco vivace o ha un respiro sibilante soprattutto la notte, è bene rivolgersi al proprio pediatra, che valuterà il da farsi. Sbagliato invece intasare il pronto soccorso, che deve servire solo per gestire urgenze ed emergenze.

Vaccino ai bambini: sì o no?

Se nei mesi scorsi le informazioni disponibili sul vaccino contro l’influenza A erano ancora incomplete (gli studi riguardavano prevalentemente il vaccino per l’influenza aviaria), adesso cominciano ad arrivare dati di studi specifici condotti sul vaccino contro l’H1N1. “Da questi dati si evince che il vaccino sembra essere efficace (cioè in grado di produrre una quantità adeguata di anticorpi) e ben tollerato” sottolinea il dott. Antonio Clavenna, ricercatore presso il Laboratorio per la Salute Materno Infantile dell’Istituto Mario Negri di Milano. “È vero d’altro canto che tali studi riguardano prevalentemente la popolazione adulta, in particolare gli anziani, mentre i dati a disposizione sui bambini restano ancora limitati.

Un altro punto controverso riguarda l’uso dello squalene, un adiuvante aggiunto nella formulazione del vaccino che serve ad aumentare a risposta del sistema immunitario. Finora infatti l’adiuvante è stato impiegato prevalentemente nei vaccini per gli anziani (che hanno una risposta immunitaria meno efficace) e poco sui bambini. Il problema è che, trattandosi di una sostanza che ha l’obiettivo di stimolare il sistema immunitario, potrebbe dare nel tempo reazioni di tipo autoimmune.

È vero che non ci sono dati che confermano questa ipotesi, ma non abbiamo neanche dati per escluderlo con assoluta certezza. Non per niente negli Stati Uniti l’agenzia del farmaco Food and Drug Administration (l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici ) ha chiesto alle case farmaceutiche di non utilizzare squalene per la formulazione dei vaccini. In Europa invece sui tre vaccini finora autorizzati dall’EMEA, due contengono l’adiuvante, mentre il terzo, privo di squalene, contiene una quantità di antigene virale maggiore, che nei bambini non può essere utilizzata poiché potrebbe dare reazioni di tipo allergico”.

“D’altra parte il vaccino per il momento è disponibile solo per persone (compresi i bambini) affette da patologie croniche, che sono più esposte alle complicanze dell’influenza” aggiunge il prof. Zuccotti. “Per loro la vaccinazione è assolutamente raccomandabile dal momento che i benefici sono di gran lunga maggiori rispetto ai rischi eventuali del vaccino”.

I bambini sani: vaccinarli o no?

“Ad oggi, mancando ancora dati certi sulla sicurezza del vaccini in età pediatrica, sarebbe consigliabile evitare di vaccinare i bambini sani” suggerisce il dott. Clavenna. “È anche vero tuttavia che per loro il vaccino non è ancora disponibile (le dosi sono ancora limitate, visto che la produzione si è dovuta attivare in così poco tempo!), e che prima di dicembre sarà difficile che arrivi. Considerato che il picco pandemico probabilmente si avrà a fine novembre, può anche darsi che, quando ci sarà la possibilità di farlo, forse non avrà più senso vaccinarli.

In ogni caso, si tenga presente che, se i bambini sono le categorie che si ammalano più facilmente, sono anche quelli che hanno fatto riscontrare i minori casi di complicanze”.

Consulenza del Prof. Gian Vincenzo Zuccotti, Direttore Clinica Pediatrica Università di Milano - AO Luigi Sacco, del Prof. Luigi Frigerio, presidente della SLOG (Società Lombarda di Ostetricia e Ginecologia) e del dott. Antonio Clavenna, ricercatore presso il Laboratorio per la Salute Materno Infantile dell’Istituto Mario Negri di Milano.

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Perché i medici rifiutano il vaccino? Da parte del personale sanitario si è riscontrata una resistenza abbastanza elevata a sottoporsi alla profilassi vaccinale (pare che solo il 45-50% dei medici si stia vaccinando). Perché? “Probabilmente per un fatto ‘culturale’: il personale sanitario non è mai stato abituato a vaccinarsi e questa è la prima volta che viene posta tanta enfasi sull’importanza della vaccinazione” risponde Clavenna. La questione però ha anche avuto un risvolto positivo, poiché le dosi non utilizzate sono già disponibili per le categorie a rischio, che ne hanno sicuramente un maggiore bisogno”.

Dopo quanti giorni dalla vaccinazione si è coperti? Occorrono 2-3 settimane per raggiungere la quantità di anticorpi protettiva.

Dove si fa la vaccinazione? Varia da regione a regione: si può fare presso le ASL, negli ospedali o direttamente dal medico di base. Non è possibile invece acquistare il vaccino in farmacia.

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