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Vitamina D in gravidanza: bisogna assumere integratori? Dipende

di Valentina Murelli - 24.01.2023 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Vitamina D in gravidanza: quale prendere e quando. I sintomi di una carenza di vitamina D in gravidanza e cosa comporta

In questo articolo

Vitamina D in gravidanza

La vitamina D, conosciuta anche come la vitamina del sole, è davvero importante in gravidanza per il benessere della mamma e del bambino. Viene normalmente prodotta nella pelle grazie ai raggi solari, ma una piccola parte può essere assunta anche con l'alimentazione. I benefici che apporta sono numerosi e durante la gravidanza è importante stare attente a una eventuale carenza che potrebbe comportare seri rischi tra cui diabete gestazionale, ipertensione, preeclampsia e per il feto basso peso alla nascita.

Significa che tutte le future mamme devono assumere un integratore di vitamina D in gravidanza? Dipende!

"Il suo ruolo tradizionale è quello di regolare il metabolismo del calcio" spiega la dott. Angela Spadafranca, biologa nutrizionista. La vitamina D, infatti, è fondamentale per l'assorbimento del calcio e dunque per la salute delle ossa e, in gravidanza, è importantissima per la mineralizzazione dello scheletro del feto.

Secondo il Consensus sulla vitamina D in età pediatrica, elaborato nel 2015 dalla Società italiana di pediatria preventiva e sociale (SIPPS) gli studi disponibili (che comunque non sono molti e non sempre di ottima quaità) sembrano indicare che lo stato della vitamina D della mamma "possa influenzare i processi di acquisizione della massa ossea del feto e del nascituro, anche nelle epoche successive della vita fino al raggiungimento del picco di massa ossea".

Inoltre, potrebbe esserci un effetto anche rispetto alla salute dei denti del bambino: uno studio pubblicato sulla rivista Pediatrics ha mostrato che esiste una associazione tra bassi livelli di vitamina D in gravidanza e aumento del rischio di carie nei bambini.

A che cosa serve la vitamina D: altri (possibili) effetti

"Ormai le ultime evidenze scientifiche riportano che la vitamina D è importante nella stimolazione del sistema immunitario, ha un'azione antinfiammatoria e interviene anche nel metabolismo glucidico", dice la dott.ssa Spadafranca che poi aggiunge "Questo suggerisce che la vitamina D possa svolgere un'azione protettiva nei confronti di alcune malattie della gravidanza, come il diabete gestazionale e la preeclampsia".

Non ci sono ancora risultati propriamente definitivi, ma gli studi effettuati sembrano indicare proprio un'associazione tra bassi livelli di vitamina D in gravidanza e aumento del rischio di diabete gestazionale, preeclampsia, ma anche basso peso alla nascita, come sottolineato anche in questa revisione pubblicata nel 2019 dalla Cochrane Collaboration. "Allo stesso modo - aggiunge Spadafranca - alcune indagini suggeriscono che donne che ricevono un'integrazione di vitamina D sono meno soggette a questi rischi".

La revisione elaborata dalla Cochrane Collaboration sottolinea anche che il rischio di parto prematuro aumenta se la vitamina D è assunta in combinazione con il calcio.

E ancora, una revisione sugli effetti dell'integrazione di vitamina D in gravidanza condotta nel 2016 da vari ricercatori (compreso un esperto dell'Organizzazione mondiale della sanità) ha concluso che la supplementazione sembra associata a un minor rischio di preeclampsia, ma che questa osservazione va confermata con altre indagini. "Quello che è certo è che siamo in un ambito di studio molto recente, e che vale sicuramente la pena approfondire la questione. La vitamina D è un nutriente su cui gli scienziati stanno mettendo in evidenza diversi ruoli" commenta Spadafranca.

Vitamina D e rischio di aborto spontaneo

Allo stesso modo, è ancora tutta da valutare l'eventuale associazione tra una carenza di vitamina D e il rischio di aborto spontaneo nel primo trimestre, o di morte in utero nei trimestri successivi. "Anche questo è un dato epidemiologico non ancora chiarissimo, si è visto che in donne che hanno avuto casi di poliabortività era presente una carenza di vitamina D". Alcuni studi sembrano infatti indicare che questa associazione esista, soprattutto nel caso di aborti ripetuti, altri invece non l'hanno trovata.

Sembra però sempre più evidente un ruolo della vitamina D nei meccanismi che portano a una corretta formazione della placenta nelle primissime fasi della gravidanza, almeno secondo quanto riassunto da un articolo firmato sul Journal of Endocrinology a inizio 2018 da un gruppo di studiosi dell'Università di Birmingham, in Inghilterra.

Un altro articolo pubblicato sulla rivista Clinical Nutrition nel 2019 sembrerebbe poi confermare queste informazioni, specificando anche che una grave carenza di vitamina D nel primo trimestre rappresenta un fattore di rischio per l'infiammazione placentare nelle gravidanze a rischio.

Dove si trova la vitamina D?

"Iniziamo col dire che la vitamina D riusciamo ad ottenerla non tanto con l'alimentazione, ma con l'esposizione solare. Con l'alimentazione però possiamo comunque raggiungere circa il 20% dell'apporto giornaliero". Anche se, le principali fonti alimentari di vitamina D sono relativamente poche. "Per le fonti di origine animale, gli alimenti da tenere in considerazione sono: il pesce azzurro che contiene omega 3, importante nutriente durante la gravidanza, ma anche il salmone e le uova, mentre il latte, che di solito è associato alla vitamina D, non ne è proprio ricchissimo".

E se la futura mamma non mangiasse alimenti di origine animale? "Nessun problema – sostiene la dott.ssa Spadafranca – la vitamina D è presente anche negli alimenti di origine vegetale, sebbene si trovi in una forma che risulta meno biodisponibile. Una fonte molto interessante da questo punto di vista è l'avocado, ma anche tutte le verdure a foglia larga".

Non dobbiamo dimenticare inoltre che in commercio oggi troviamo una grande varietà di prodotti fortificati con vitamina D.

Come ha sottolineato la dottoressa però, l'assunzione di vitamina D che si può avere con la dieta è abbastanza limitata. Il grosso di questa vitamina viene prodotto dall'organismo stesso, dietro attivazione promossa dall'esposizione alla luce solare. "Per questo è fondamentale passare del tempo all'aria aperta" precisa Spadafranca. Il che non significa per forza prendere il sole in spiaggia: basta una bella passeggiata all'aperto, ogni giorno. "Non è necessario che ci sia il sole, 15/20 minuti di esposizione alla luce per ottenere una buona sintesi di vitamina D".

Quanta ne serve?

Secondo l'ultima revisione dei LARN, i livelli di assunzione dei nutrienti di riferimento per la popolazione italiana, in gravidanza si consiglia un'assunzione di 15 microgrammi al giorno, pari a 600 Unità internazionali (UI).

Il valore considera sia l'apporto alimentare, sia quello derivato dall'esposizione alla luce solare.

Il livello massimo tollerabile di assunzione, sempre per le donne incinte, è invece di 100 microgrammi al giorno, pari a 4000 UI. Fino a questa soglia siamo sicuri che non ci siano effetti dannosi per la mamma e per il bambino.

Certo, è difficile sapere quanta se ne assume davvero ogni giorno. In alcune situazioni può essere utile andare a vedere quanta vitamina D c'è effettivamente in circolo nell'organismo (è un semplice esame del sangue). "Si considerano nella norma valori di vitamina D, o meglio di 25-idrossivitamina D, la forma cercata, pari a 20-30 nanogrammi per millilitro di sangue" spiega Spadafranca. Al di sotto di questa soglia si parla di carenza o ipovitaminosi, che diventa grave sotto i 10 nanogrammi per ml.

"In questi casi è necessario ricorrere all'integrazione per evitare tutti quegli effetti negativi che gli studi epidemiologici hanno messo in evidenza" conclude la dottoressa.

Va detto però che nessun organismo scientifico o sanitario ritiene al momento necessario uno screening a tappeto dei valori di vitamina D in tutte le donne in gravidanza.

Chi è a rischio di carenza di vitamina D?

Alcune categorie di persone sono particolarmente a rischio di sviluppare una carenza di vitamina D. Per esempio:

  • persone con elevata pigmentazione cutanea (pelle scura o molto scura);
  • persone che si espongono poco al sole, per esempio perché fanno una vita molto sedentaria e ritirata, o perché indossano abiti e veli molto coprenti;
  • persone obese;
  • persone che assumono farmaci in grado di interferire con il metabolismo della vitamina D.

Oltre a questi, altri fattori di rischio per la carenza di vitamina D durante la gravidanza sono:

  • adolescenza, cioè un'età molto giovane della mamma;
  • un precedente figlio affetto da rachitismo;
  • un aumentato rischio di preeclampsia.

Su quanto sia diffusa la carenza di vitamina D tra le donne italiane in gravidanza, purtroppo non ci sono molti dati a disposizione. Solo due studi hanno valutato la questione. Il primo, condotto nel 2010 su un campione molto piccolo - 24 donne a termine - ha trovato un deficit di vitamina praticamente in tutte.

Il secondo, più recente, condotto in Piemonte su un gruppo di circa 500 donne (comprese 200 immigrate), ha trovato livelli piuttosto bassi di vitamina in poco più del 40% del campione e livelli chiaramente carenti nel 18% delle italiane e in quasi il 50% delle immigrate.

"Le popolazioni che vivono in ambienti in cui c'è poca luce, come le popolazioni del nord Europa sono sicuramente a rischio, ma anche le donne che lavorano per molte ore in ambienti chiusi senza mai esporsi alla luce solare possono presentare una carenza di vitamina D – commenta Spadafranca – In Lombardia, ad esempio, alcuni studi epidemiologici hanno messo in evidenza che circa il 60/70% delle donne in età fertile ha una carenza di vitamina D".

Anche a livello internazionale, comunque, le indagini condotte su gruppi di donne incinte testimoniano un'elevata diffusione della carenza di vitamina D. Per farla breve: spesso chi aspetta un bambino ha meno vitamina D di quanta sarebbe raccomandata.

Durante la gravidanza bisogna assumere un integratore di vitamina D?

"La risposta è dipende, si fanno gli esami del sangue e se c'è un valore inferiore ai 20 microgrammi/ml allora sarà necessario assumere un integratore, ma solitamente non bisogna integrare la vitamina D a priori".

Dobbiamo distinguere tre situazioni differenti:

1. Donne a rischio di carenza di vitamina D
Stiamo parlando di donne:

  • con elevata pigmentazione cutanea: le Linee guida del Ministero della salute sulla gravidanza fisiologica parlano in modo specifico di "donne del sudest asiatico, africane, caraibiche e di origini mediorientali";
  • che si espongono raramente al sole;
  • che hanno un'alimentazione molto povera di vitamina D (per esempio vegetariana o vegana);
  • obese.

In questi casi c'è un certo accordo internazionale nel suggerire la supplementazione di vitamina D, vale a dire l'assunzione di un integratore alimentare con questa vitamina. Per quanto riguarda le quantità, un documento ufficiale del Royal College of Obstetrician and Gynaecologists inglese, parla di almeno 1000 UI di vitamina D al giorno, mentre la società tedesca di nutrizione raccomanda 800 UI al giorno e il Consensus italiano della SIPPS 1000/2000 UI al giorno.

Le ultime raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità per un'esperienza positiva della gravidanza stanno invece su valori più bassi, raccomandando una supplementazione con 200 UI al giorno per donne con documentata carenza della vitamina.

2. Donne a rischio di preeclampsia
Qui la situazione è un po' meno chiara. Il documento inglese consiglia l'assunzione di almeno 800 UI al giorno di vitamina D, in combinazione con il calcio, per le donne a rischio preeclampsia, e il Consensus italiano si pone sulla stessa linea, suggerendo però una supplementazione più elevata (1000/2000 UI).

3. Donne con gravidanza fisiologica, senza particolari fattori di rischio per la carenza di vitamina D
Anche in questo caso non ci sono indicazioni univoche: Organizzazione mondiale della sanità, Linee guida del ministero della salute e Aifa, Agenzia italiana del farmaco, affermano che, in base ai dati disponibili, non ci sono prove per indicare a tutte le donne incinte di prendere un integratore di vitamina D.

Viceversa, alcune società scientifiche consigliano la supplementazione: 400 UI al giorno per l'RCOG inglese e 600 UI al giorno per il Consensus italiano.

Del resto, è molto probabile che molte donne incinte assumano già, magari senza saperlo, della vitamina D, che è una delle componenti degli integratori multivitaminici spesso usati in gravidanza. "L'indicazione per tutte è di assumere acido folico, ma alcuni produttori hanno combinato questa sostanza ad altre, come il ferro e appunto la vitamina D" spiega Spadafranca. In questi prodotti, il contenuto di vitamina D è in genere di 10 microgrammi, pari a 400 UI: in pratica, quasi il 70% dei livelli di assunzione raccomandati.

Che fare, allora, in questa situazione così incerta e in divenire? Di sicuro, parlarne con il proprio medico, per valutare insieme il rischio personale di carenza di vitamina D e le possibili situazioni. "A meno di non trovarsi in una situazione di grave carenza, l'invito è comunque a stare tranquille" precisa Spadafranca.

"Se si sta assumendo un integratore classico, bisogna essere rassicurate sul fatto che comunque non si rischia un sovradosaggio di vitamina". Insomma, male non fa. "Se invece non lo si sta assumendo, non bisogna preoccuparsi troppo di mettere a rischio, in questo modo, la salute propria o del proprio bambino. Bene però preoccuparsi della qualità della dieta e di passare del tempo all'aria aperta!".

Revisionato da Francesca De Ruvo

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