Praticare attività sportiva in gravidanza fa bene: sempre più studi hanno dimostrato che un regolare esercizio fisico serve a prevenire l’aumento eccessivo di peso nei nove mesi e diminuisce il rischio di macrosomia nel neonato, riduce l’incidenza di diabete gestazionale, preeclampsia, parto pretermine, periodi espulsivi lunghi, mentre nel post parto garantisce una ripresa più rapida dal punto di vista sia fisico che psichico.
Sport in gravidanza, sì, dunque, ma occhio a non commettere questi errori, come suggerisce Monica Vitali, ostetrica esperta in disfunzioni e in riabilitazione del pavimento pelvico.
1. Cominciare senza interpellare il ginecologo o l’ostetrica
E' sempre consigliabile che, prima di intraprendere qualunque pratica sportiva, la futura mamma consulti il ginecologo o l'ostetrica per verificare che non ci siano controindicazioni mediche per l'attività scelta.
2. Praticare sport di contatto o a rischio caduta
Quando si aspetta un bambino è bene evitare tutti gli sport che possono provocare cadute, come sci, surf, equitazione, o quelli che possono comportare un impatto fisico o colpi all'addome, come judo, karate, kickboxing, calcio, basket.
3. Fare sollevamento pesi
Ovviamente non si parla di esercizi a corpo libero con l'ausilio di piccoli pesetti, che sono assolutamente innocui, ma del vero e proprio sollevamento pesi, che potrebbe comportare un aumento della pressione arteriosa ed endoaddominale e ridurre di conseguenza la portata del flusso sanguigno placentare e del ritmo cardiaco del feto, in più può danneggiare il pavimento pelvico, aumentando il rischio di incontinenza urinaria e fecale, e provocare il prolasso degli organi pelvici.
4. Esagerare con lo sforzo fisico
L'intensità dell'esercizio deve essere sempre moderata. Come capire se è giusta? Basta fare il "talk-test": mentre si pratica attività fisica bisogna avere fiato per parlare, o meglio per fare una conversazione senza andare in affanno. Se no, tocca rallentare!
5. Essere competitive con se stesse
Non possiamo "gareggiare" con quel che facevamo prima della gravidanza: la durata dell'allenamento deve essere sempre la stessa da subito, ma l'intensità va calibrata in base alle possibilità del momento.
6. Non ascoltarsi
In gravidanza è più che mai importante imparare ad ascoltare i segnali che il corpo manda: contrazioni al basso ventre, indurimento della pancia o fiatone sono tutti sintomi che comunicano che è il caso di fermarsi. In genere basta ridurre i ritmi per sentire scomparire i fastidi nel giro di pochi minuti. Ma se questo non succede, è meglio smettere subito. Tassativo sospendere qualunque attività e riprenderla solo dopo aver ottenuto il benestare del ginecologo se dovessero verificarsi perdite di sangue, sia pure lievi.
7. Allenarsi a digiuno
Il corpo ha bisogno di assimilare zuccheri e liquidi prima e durante l'attività sportiva. All'incirca un'ora prima dell'allenamento, è bene assumere cibi digeribili ma energetici, come frutta fresca, frutta secca, avena, farro, kamut e tutti quei cereali ad alto valore nutrizionale e basso indice glicemico.
8. Non fare attenzione alla frequenza cardiaca
Durante la gravidanza è consigliabile non superare il 60-65% della frequenza cardiaca massima, che si traduce, in genere, in 135-140 bpm (battiti per minuto), intervallando l'attività con pause; durante il secondo e terzo trimestre sarà bene ridurre gradualmente intensità, frequenza e durata dell'esercizio fisico.
9. Fare esercizi supine
Dal secondo trimestre in poi vanno evitati gli esercizi in posizione supina, perché possono provocare compressione della vena cava inferiore, che a sua volta provoca ipotensione e riduce la gittata cardiaca e, potenzialmente, l'afflusso di sangue al feto.
10. Non seguire il buon senso
L'ultima ma forse la principale raccomandazione è quella di seguire il buon senso: la gravidanza non è una malattia e l'attività fisica nella grande maggioranza dei casi può essere praticata fino alle ultime settimane, ma tenendo sempre presente che in gravidanza si verificano cambiamenti fisici e morfologici che possono interferire con le performance atletiche e che devono essere rispettati, per ricavare un beneficio effettivo per mamma e figlio.