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IVF, la fecondazione in vitro

di Cristina Ferrario - 16.09.2021 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
La fecondazione in vitro è una tecnica di procreazione medicalmente assistita che prevede l'unione dei gameti (ovociti e spermatozoi) al di fuori del corpo della donna

In questo articolo

Era il 1978 quando nacque la prima bambina "in provetta". Il suo nome era Louise Joy Brown ed era venuta al mondo proprio grazie alla fecondazione in vitro, una procedura messa a punto dall'inglese Robert Edwards. Da allora sono passati più di quarant'anni, ma la tecnica della fecondazione in vitro continua a dare speranza a migliaia di donne e uomini che hanno il desiderio di diventare genitori.

Cos’è la fecondazione in vitro

L'IVF o meglio FIV o FIVET (fecondazione in vitro ed embrio-transfer) è una delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) fra le più utilizzate. Si tratta di una tecnica definita di "secondo livello" che consiste nel prelievo degli ovociti dalle ovaie della donna che desidera diventare mamma, o di una donatrice anonima, e nella loro unione in laboratorio con gli spermatozoi del partner o di un donatore. Lo scopo è di ottenere embrioni da trasferire poi nell'utero materno.

Le tecniche di PMA

Attualmente le diverse tecniche di procreazione medicalmente assistita vengono suddivise in tre livelli:

  • 1° livello: sono tecniche caratterizzate da una relativa semplicità di esecuzione perché non prevedono nessuna o solo una minima manipolazione dei gameti (spermatozoi e ovociti). La fecondazione avviene all'interno del corpo della donna, come nella procreazione naturale;
  • 2° livello: sono invece procedure più complesse che comportano una manipolazione dei gameti femminili e maschili, e perché prevedono la fecondazione in vitro, cioè in provetta, e il successivo trasferimento dell'embrione nell'utero. È questo il caso della fecondazione in vitro;
  • 3° livello: sono meno utilizzate perché prevedono una procedura più invasiva. Vi si fa ricorso solo nei casi in cui le tecniche di primo e di secondo livello si siano rivelate inefficaci

Quando si usa la fecondazione in vitro

La fecondazione in vitro è stata originariamente sviluppata per il trattamento dell'infertilità tubarica, ma oggi viene utilizzata anche in altri casi quali:

  • problemi di ovulazione;
  • problemi di interazione tra gli ovociti della donna e gli spermatozoi;
  • endometriosi avanzata;
  • infezioni importanti che hanno portato alla malattia infiammatoria pelvica;
  • problemi di fertilità di uno o entrambi i partner (es: scarsa qualità dello sperma, tube di Falloppio bloccate);
  • infertilità inspiegata;
  • fallimento delle tecniche di PMA di primo livello.

Inoltre, oggi le tecniche di PMA come la fecondazione in vitro offrono la possibilità di procreazione anche a quelle donne che hanno superato i 38/40 anni e che quindi hanno subito un calo della fertilità.

Chiaramente, prima iniziare un percorso di fecondazione in vitro, gli specialisti della PMA dovranno eseguire indagini cliniche e strumentali ed esami di laboratorio per cercare di comprendere le cause dell'infertilità.

Le cause dell’infertilità

L'infertilità (maschile, femminile o di coppia) è una problematica purtroppo molto diffusa che, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, riguarda circa il 15% delle coppie in età fertile che vivono nei paesi occidentali. Le cause possono coesistere tra loro e le più comuni sono:

  • endometriosi: una malattia di cui si parla ancora troppo poco e per cui le donne sono costrette ad attendere anche molti anni prima di avere una diagnosi;
  • tubariche/pelviche: nel caso in cui vi sia l'ostruzione o la chiusura delle tube di Falloppio, oppure vi siano delle aderenze pelviche;
  • ovulatorie/ormonali: quando l'ovulazione manca o avviene in modo irregolare, ma anche in caso di iperprolattinemia, ciclo mestruale irregolare, sindrome dell'ovaio micropolicistico e ridotta o assente riserva ovarica;
  • cervicali: se a causa di infezioni, di una carenza di estrogeni o di precedenti interventi chirurgici che hanno compromesso le ghiandole cervicali, il muco presente nella cervice uterina della donna "ostacola" il passaggio degli spermatozoi;
  • maschili: quando il partner non produce un numero adeguato di spermatozoi o se essi presentano caratteristiche (forma, mobilità) che rendono difficile la fecondazione;
  • uterine: causate da malformazioni dell'utero, miomi, o da aderenze presenti all'interno della cavità uterina;
  • sconosciute (infertilità idiopatica): quando gli accertamenti non hanno evidenziato una o più cause che spiegano l'infertilità.

Fecondazione in vitro: come si esegue?

La fecondazione in vitro prevede 4 fasi fondamentali: la stimolazione ovarica, il prelievo degli ovuli, l'inseminazione in vitro e, infine, il trasferimento degli embrioni.

Vediamole nel dettaglio.

La stimolazione ovarica

La stimolazione ovarica prevede la somministrazione di alcuni farmaci, come l'FSH (ormone follicolo stimolante), che vanno appunto a stimolare una maggiore produzione di ovuli. La donna produce un unico ovulo ogni mese, ma con il trattamento ormonale si provoca una crescita multifollicolare. In questo modo si svilupperanno più ovuli che verranno successivamente prelevati e fecondati.

La situazione ovarica viene controllata attraverso una serie di ecografie transvaginali e dosaggi ormonali per valutare la crescita dei follicoli. Quando i follicoli raggiungono le dimensioni adeguate e si reputa che siano maturi, si programma il pick up, ovvero l'estrazione degli ovuli.

Il prelievo degli ovuli

Per prelevare gli ovuli dalle ovaie, si accede dalla cavità vaginale e si aspira il liquido follicolare che contiene gli ovuli da fecondare.

Prima del prelievo la donna viene sedata e nel giro di circa 15-20 minuti la procedura è conclusa. Già dopo un paio d'ore è la donna può tornare a casa e riprendere le normali attività quotidiane. Alcune donne dopo la procedura di pick up possono avere come effetto collaterale crampi e un leggero sanguinamento vaginale.

L'inseminazione in vitro

Dopo aver prelevato il liquido follicolare, questo viene mandato direttamente al laboratorio dove gli specialisti della PMA individuano gli ovuli e fanno una stima della loro qualità. Gli ovociti vengono quindi posizionati su una piastra di coltura e circondati dagli spermatozoi, al fine di fecondarli con il liquido seminale del partner. Se però si riscontrano problemi relativi alla qualità dello sperma del partner, la FIVET può essere eseguita con il seme di un donatore. In questo caso, o nel caso in cui gli ovociti provenissero da una donatrice, si parla di PMA eterologa.

La fecondazione in vitro viene utilizzata anche con una seconda tecnica, denominata ICSI (iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi), che consiste nell'inserimento di un singolo spermatozoo in ogni ovulo maturo.

Il trasferimento degli embrioni

Gli embrioni ottenuti vengono poi analizzati in laboratorio e classificati secondo la loro morfologia e la capacità di scissione e solo quelli "migliori" saranno trasferiti nell'utero della donna.

Si tratta di un procedimento veloce e assolutamente indolore che avviene grazie all'utilizzo di un sottile catetere e sotto guida ecografica. Il numero di embrioni da trasferire viene definito in base ad alcuni parametri come l'età della donna, la qualità embrionale, ecc. Generalmente, però, si trasferiscono 1 o 2 embrioni, al massimo 3 come prevede la legge.

Dopo il trasferimento degli embrioni la donna starà ferma per circa 15/20 minuti, dopodiché potrà tornare a casa evitando però sport e sforzi eccessivi per 3-4 giorni.

Gli embrioni che non vengono utilizzati, possono essere congelati con la tecnica della vitrificazione per un successivo ciclo di fecondazione in vitro.

Probabilità di successo e rischi

Con la fecondazione in vitro le donne più giovani hanno una più alta possibilità di concepimento, che si abbassa invece nelle donne over 40. In media la FIVET può portare a una nascita nel 20-50% dei casi.

Il tasso di aborto, purtroppo, è abbastanza alto, attorno circa al 20%, così come il rischio di gravidanze gemellari. Inoltre, in rari casi, i farmaci somministrati per la stimolazione ovarica potrebbero portare alla sindrome di iperstimolazione ovarica (OHSS), con il conseguente ingrossamento delle ovaie e la comparsa di dolori addominali.

Cosa prevede la legge italiana?

Nel nostro paese la procreazione medicalmente assistita è regolamentata dalla legge 40/2004 che prevedo l'utilizzo in primis delle opzioni terapeutiche più semplici e meno invasive. La legge prevede inoltre che:

  • l'accesso alle tecniche di PMA sia consentito solo alle coppie formate da persone maggiorenni, eterosessuali, coniugate o conviventi, in età fertile;
  • si possa ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita solo qualora l'infertilità non sia risolvibile in altri modi;
  • le coppie portatrici di malattie genetiche trasmissibili possano accedere alla diagnosi preimpianto;
  • l'accesso alle tecniche sia consentito anche alle coppie sierodiscordanti, cioè in cui uno dei due partner è portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili come l'HIV;
  • i bambini nati grazie alla PMA siano figli legittimi della coppia.

Nel 2014 la legge ha subito un'importante modifica poiché, grazie alla Corte Costituzionale, è decaduto il divieto di fecondazione eterologa, cioè la fecondazione in cui uno o entrambi i gameti provengono da un donatore esterno alla coppia.

La crioconservazione dei gameti e degli embrioni

Infine, la legge italiana sulla procreazione assistita consente oggi anche la crioconservazione dei gameti e degli embrioni. Significa quindi che quando si preleva un numero elevato di ovociti in una donna che deve eseguire la fecondazione in vitro, gli ovociti che "avanzano" possono essere conservati per un eventuale secondo ciclo. Questo per evitare che la paziente debba sottoporsi nuovamente, in caso di esito negativo, all'induzione dell'ovulazione e al prelievo degli ovociti.

Allo stesso modo, dal 2009, con la sentenza della Corte Costituzionale, è stata consentita anche la crioconservazione degli embrioni, evitando di dover necessariamente introdurre nella donna tutti gli embrioni prodotti, come prevedeva la legge, e riducendo così il rischio correlato alle gravidanze multiple.

Ecco qui la lista fornita dall'Istituto Superiore di Sanità con tutti i centri autorizzati in cui si applicano le tecniche di PMA tra cui la fecondazione in vitro.

Fonti utilizzate: materiale informativo del Ministero della Salute, materiale informativo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, materiale informativo della Società Italiana della Riproduzione Umana.

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Revisionato da Francesca De Ruvo

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