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Autismo: i genitori colgono i sintomi prima dei medici

di Nostrofiglio Redazione - 30.04.2015 - Scrivici

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Quando si parla di autismo le preoccupazioni dei genitori non andrebbero sottovalutate: infatti, spesso colgono i sintomi della malattia nei figli molto prima dei medici. E' quanto ha verificato Lonnie Zwaigenbaum, del centro di ricerca sull'autismo dell'università  dell'Alberta (Canada). 

Spesso vengono tacciate come eccessive preoccupazioni, ma in realtà molte volte i genitori sono i primi a cogliere i segni dell'autismo nei loro figli già tra i 6 e 9 mesi di età, molto prima dei medici e di una diagnosi ufficiale.

E' quanto ha verificato Lonnie Zwaigenbaum, del centro di ricerca sull'autismo dell'università dell'Alberta (Canada), nel suo studio pubblicato sul "Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry".

''I genitori di bambini ad alto rischio di disturbi dello spettro autistico sono degli esperti quando si tratta dei loro figli e le loro osservazioni sono veramente preziose. Riescono a cogliere delle differenze a 6-9 mesi che noi medici ci mettiamo molto più tempo a vedere" dice Zwaigenbaum.

Leggi anche: Autismo: un progetto che aiuta pediatri e operatori d'asilo nella diagnosi precoce

Nello studio sono state esaminate le preoccupazioni riportate dai genitori di circa 300 famiglie su bambini tra i 6 mesi e 3 anni di età, per un periodo di oltre 12 anni.

Il campione ha incluso genitori di bambini a maggior rischio di autismo (perché avevano già un fratello più grande con la malattia) e quelli non a rischio.

Ai tre anni di età tutti i bambini sono stati sottoposti a valutazioni cliniche per determinare se avessero l'autismo o meno. Poi i ricercatori hanno esaminato le preoccupazioni espresse dai genitori.

''Abbiamo così visto che i genitori di bambini cui poi è stato diagnosticato l'autismo a tre anni, avevano segnalato più preoccupazioni. In particolare in ambito motorio e sensoriale a partire dai 6 mesi di età, e sul linguaggio e le abilità sociali verso i 12-15 mesi.

Ciò evidenzia dunque l'importanza di parlare con i genitori e prendere sul serio le loro preoccupazioni. In questo modo si potrebbe offrire una migliore terapia ai bambini a rischio già prima del compimento dell'anno di età, migliorando così le loro abilità e risultati" dice Lori Sacrey, coautrice dello studio.

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