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5 cose che non sai sul neonato

di Valentina Murelli - 31.05.2018 - Scrivici

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Fonte: Zoonar GmbH / Alamy / IPA
Quando tagliare il cordone e come prendersene cura, come attaccare il bebè al seno, cosa fare se il piccolo ha l'ittero o qualche imperfezioni della pelle: tutte le dritte per cominciare la nuova vita con il tuo bambino, più qualche informazione sulle sue abilità  

In questo articolo

1. Tutto sul cordone


Fino a poco tempo fa il cordone ombelicale veniva chiuso (in gergo si dice “clampato”) e tagliato subito dopo la nascita. Oggi, in genere, non è più così: si preferisce aspettare qualche minuto.

Secondo le Raccomandazioni della Società italiana di neonatologia e dell’Organizzazione mondiale della sanità, il cordone andrebbe tagliato tra uno e tre minuti dalla nascita. Questo per lasciare al sangue contenuto ancora in placenta il tempo di defluire verso il bebè, cosa che dovrebbe ottimizzare il suo adattamento alla vita fuori dalla pancia della mamma, soprattutto per quanto riguarda il funzionamento di cuore e polmoni, e garantirgli una piccola riserva extra di ferro, minerale molto importante per lo sviluppo neurologico. Nell’attesa del taglio, il neonato va appoggiato sulla pancia della mamma e tenuto al caldo.

A parte alcune situazioni d'emergenza, un taglio almeno leggermente ritardato (da 30 secondi in avanti) è consigliato anche per i bambini nati da taglio cesareo o prematuramente.

E se tu neomamma desiderassi aspettare anche di più? Alcuni genitori chiedono che il taglio venga effettuato solo quando il cordone smette di pulsare (in genere circa 20 minuti dopo la nascita): molti operatori accolgono questa richiesta, che non sembra avere particolari controindicazioni, e in effetti anche le Raccomandazioni italiane suggeriscono a medici e ostetriche di prenderla quantomeno in considerazione.

Se invece vorresti mantenere il cordone attaccato fino a quando non cade da solo (si parla di lotus birth, e possono volerci alcuni giorni), sappi che la comunità scientifica è molto più scettica: non ci sono prove che la pratica dia ulteriori vantaggi al bambino, e per di più potrebbe esserci il rischio di infezioni.

Come pulire il moncone


Presto o tardi il cordone è stato tagliato, ma come devi comportarti con il moncone?

No a soluzioni disinfettanti, antisettiche e antibatteriche: secondo le ultime indicazioni, nei paesi con standard igienici elevati (come l'Italia), non solo non servono, ma potrebbero essere potenzialmente dannose, favorendo la selezione di batteri pericolosi e ritardando il distacco stesso. Da evitare anche l’alcol, che potrebbe provocare ustioni chimiche.

La cosa da fare per facilitare la caduta del moncone è cercare di mantenerlo il più asciutto possibile. Per questo, meglio ritardare il bagnetto completo e, quando possibile, far stare il cordone all’aria. Altrimenti, proteggilo con una garza asciutta da cambiare due/tre volte al giorno. Solo se il moncone si sporca, lo puoi lavare con una garza imbevuta d’acqua, magari con un pochino di sapone delicato, asciugando bene prima di richiudere.

E se esce sangue o ci sono secrezioni di cattivo odore? Meglio sentire il pediatra: magari non è nulla, ma potrebbe esserci un'infezione.

2. Allattamento, l’importanza dell’attacco giusto


Se si appoggia un bambino appena nato sulla pancia della mamma, lo si vedrà “strisciare” con determinazione fino a raggiungere il seno per cominciare a succhiare. In effetti, questa prima poppata così precoce è considerata importante per un buon avvio dell’allattamento che, nonostante tanta buona volontà, potrebbe essere ostacolato da qualche difficoltà.

Per esempio: non è affatto detto che il tuo bebè sappia attaccarsi al seno nel modo corretto. E se l’attacco è scorretto l’allattamento al seno può fallire, perché il bimbo prende poco latte (e dunque cresce poco) e per di più la mamma può sentire dolore. Che fare, allora? Ecco qualche consiglio:


1. Non pensare che il neonato sappia fare sempre tutto da solo: potrebbe aver bisogno di un piccolo aiuto;


2. Controllare che tutto vada bene. Secondo un dossier del Ministero della salute, gli indizi di un attacco corretto sono:

  • bocca ben aperta e labbra estroflesse;
  • "presa" non solo del capezzolo, ma anche di buona parte dell’areola, per cui si deve vedere più areola libera sopra la bocca del bambino che sotto;
  • mento del bebè ben in contatto con la mammella;
  • suzioni lente e profonde;
  • deglutizione ben visibile, senza rumori tipo schiocchi o scatti;
  • guance piene e arrotondate, non infossate

3. Chiedere aiuto se ti senti in difficoltà. Diverse figure possono dare una mano: ostetriche dei punti nascita o dei consultori, che a volte hanno spazi dedicati proprio all’allattamento, consulenti professionali Ibclc, volontarie della Leche League e mamme di qualche gruppo di auto-aiuto, anche in rete.

3. Una pelle da neonato… oppure no?


Dimentica il luogo comune della pelle da neonato bianchissima, morbidissima e priva di qualunque imperfezione! In effetti non è sempre così: possono esserci foruncoletti o brufoletti, arrossamenti, piccole bollicine bianche, squame giallastre sulla testa o dietro le orecchie. Ma niente paura: nella stragrande maggioranza dei casi sono imperfezioni che passano in fretta, e non c’è assolutamente nulla di cui preoccuparsi.

Foruncoletti e brufoletti sul viso nelle prime sei settimane di vita possono essere le manifestazioni di un’acne neonatale, condizione che non ha nulla a che vedere con quella degli adolescenti. Dipende da un superlavoro delle ghiandole sebacee, stimolate dagli estrogeni materni passati al feto durante la gravidanza, e non c’è nulla di particolare da fare, salvo trattare con delicatezza la pelle del bambino e aspettare che passi da sola.

Arrossamenti e microbollicine bianche, invece, potrebbero essere sudamina o miliaria, che si verifica quando la pelle del piccolo non riesce a traspirare correttamente perché fa molto caldo o è troppo vestito. Anche in questo caso non serve nulla di che: in genere basta scoprire il bambino e magari fargli un bel bagnetto rinfrescante.

Le squame giallastre, infine, non sono altro che la famosa crosta lattea, una forma di dermatite seborroica di origine ancora poco chiara, che compare di solito intorno ai due/tre mesi di vita per poi scomparire da sola qualche mese dopo. Volendo, si può applicare una crema emolliente per facilitare il distacco delle squame, senza però traumatizzarle.

Non solo riflessi: tutte le abilità del neonato


Un esserino estremamente immaturo, dotato appena di qualche riflesso: fino a non molto tempo fa il neonato lo si considerava così. Oggi, però, sappiamo che non è vero e che un bimbo appena nato è già dotato di tante abilità su diversi fronti: motorio (ripensiamo al breast crawling, quando striscia per arrivare al seno), sensoriale, cognitivo. Tutte competenze che gli servono per entrare subito in relazione con la mamma e con l’ambiente circostante.

Per esempio: è già ben sviluppata la sensibilità tattile (anche agli stimoli dolorosi), e pure quella vestibolare, relativa alla percezione dello spostamento nello spazio. In pancia il bimbo era molto abituato al movimento (suo o della mamma) mentre quando nasce deve fare esperienza dello "stare fermo": per questo in genere preferisce essere cullato o trasportato.

E ancora: già nei primi giorni di vita sono ben sviluppati i sensi del gusto, dell’olfatto e dell’udito (il bebè riconosce suoni e sapori ai quali era abituato durante la gravidanza). Un po’ meno la vista, che in effetti nella pancia non serviva: in ogni caso, un neonato a termine può mettere a fuoco a circa 20-30 centimetri di distanza, gaurda caso quella che c'è tra il seno e il volto della mamma.

Ma non è tutto: il neonato è anche in grado di esprimere, naturalmente a modo suo, che è un po’ diverso da quello dei bambini più grandi, capacità cognitive come la memoria, l’imitazione, l’attenzione.

I vantaggi dell’ittero


Più di sei neonati su dieci (e oltre otto su dieci se sono nati prematuri) presentano nei primi giorni di vita una caratteristica colorazione giallastra della pelle e della parte bianca degli occhi. E' l'ittero neonatale, una condizione generalmente fisiologica dovuta all'accumulo di bilirubina, una sostanza che deriva dal metabolismo dell'emoglobina contenuta nei globuli rossi.

Nella stragrande maggioranza dei casi non è nulla di grave e passa da sé nel giro di pochi giorni: solo in particolari condizioni – se i valori di bilirubina superano una certa soglia – l’ittero va trattato, principalmente con fototerapia.

Di fronte a una frequenza così elevata di questa condizione, alcuni ricercatori inglesi si sono chiesti se l’ittero possa anche servire a qualcosa ai bambini. O, meglio, se potesse avere, magari in passato, un qualche significato evolutivo. La loro ipotesi è che gli elevati livelli di bilirubina presenti nell’ittero neonatale possano servire a proteggere il bebè dal rischio di sepsi, una grave infezione generalizzata dell’organismo che era probabilmente molto comune nelle prime fasi della nostra storia evolutiva, quando abitavamo nelle caverne e le condizioni igieniche del dopo parto lasciavano decisamente a desiderare…

In effetti, alcuni esperimenti condotti da questi ricercatori (pubblicati di recente sulla rivista Scientific Reports) sembrano andare proprio in questa direzione. Gli studiosi hanno scoperto che, in laboratorio, la bilirubina contrasta la crescita di alcuni streptococchi tipicamente coinvolti nell’insorgenza di sepsi. Inoltre, in presenza di bilirubina cambia il profilo di espressione di alcuni geni di questi batteri (cioè quali geni sono accesi e quali spenti).

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