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Allattamento a rischio, cos'è e come fare domanda

di Sveva Galassi - 03.04.2024 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Allattamento a rischio, cos'è e quando si può richiedere in caso di lavori potenzialmente rischiosi per la donna che sta allattando?

In questo articolo

Allattamento a rischio

Sono ormai noti i numerosi vantaggi dell'offerta di latte materno al neonato. È però anche risaputo che la mamma che allatta naturalmente deve condurre uno stile di vita sano, per garantire la buona qualità del latte e per evitare possibili danni al neonato.

Ciò significa che la neomamma deve proteggersi anche sul luogo di lavoro, evitando forti stress e l'esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici ad alto rischio. Per questo motivo la legge tutela le donne che hanno un contratto lavorativo regolare con il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che si chiama anche "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53".

Questo decreto prevede che il datore di lavoro si accerti che nel luogo di lavoro non vi siano pericoli per l'allattamento oppure, se esistono, che vengano modificate le mansioni della lavoratrice o che sia dispensata temporaneamente dal lavoro. Vediamo nello specifico di cosa si tratta, a chi è rivolto e come si ottiene la modifica della mansione o l'astensione dal lavoro per "allattamento a rischio".

Allattamento a rischio, cos'è

Con l'espressione allattamento a rischio si intende l'allattamento svolto in situazioni lavorative che possono compromettere la salute della neomamma e, quindi, del suo latte. In tal caso, la neomamma lavoratrice può chiedere di fare un lavoro diverso o, se non è possibile, di restare a casa fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro.

Infatti, secondo il decreto la lavoratrice è addetta ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto oppure è spostata ad altre mansioni nei casi in cui i servizi ispettivi del "Ministero del lavoro", d'ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna.

Quando la lavoratrice non può essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, può disporre l'interdizione dal lavoro.

Categorie a rischio

Quali categorie professionali vengono inserite nell'allattamento a rischio?

In linea di massima i settori lavorativi che possono rappresentare dei fattori di rischio per l'allattamento sono:

  • il settore industriale, per la possibile esposizione ad agenti chimici o biologici,
  • il settore della sanità, rischi legati ad agenti patogeni e altri rischi,
  • il settore estetico e parrucchiere, contatto con agenti chimici,
  • il settore alberghiero e domestico, per la possibilità di posture obbligate o di contatto con agenti chimici
  • il settore dell'agricoltura, ristorazione e commercio alimentare, assumere posture obbligate, di restare a lungo in ambienti troppo caldi o a contatto con vari agenti,
  • il settore scolastico.

Allattamento e lavoro, i principali fattori di rischio

I maggiori fattori di rischio per l'allattamento sono tre. Ecco, specificamente, quali sono. 

  1. Agenti fisici: se la neomamma è esposta a radiazioni, a rumori molto forti (sopra i 90 decibel) oppure a forti sollecitazioni termiche (caldo o freddo ecessivi), può essere tutelata nei mesi dopo il parto. La neomamma può fruire dell'allattamento a rischio anche se è sottoposta a vibrazioni come accade sui treni, sulle navi.
  2. Agenti biologici: se la neomamma lavora in reparti di malattie infettive, mentali o nervose, oppure se lavora in allevamenti di bestiame ha la possibilità di fruire di allattamento a rischio.
  3. Agenti chimici: se la neomamma è esposta ad agenti chimici, gas, polveri, al mercurio e ai suoi derivati, ai medicamenti antimitotici, ai pesticidi, alle sostanze tossiche o nocive può fruire della tutela legata all'allattamento a rischio.

In particolare, l'articolo 7 (Lavori vietati) della normativa citata dichiara che è vietato adibire le lavoratrici (durante la gestazione o nella fase di allattamento subito dopo il parto) al trasporto e al sollevamento di pesi, nonchè ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri.

Tra i lavori pericolosi, faticosi, insalubri ci sono anche:

  • «quelli che espongono alla silicosi e all'asbestosi;
  •  lavori che comportano l'esposizione alle radiazioni ionizzanti (da evitare durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto);
  • i lavori su scale ed impalcature mobili e fisse (da evitare durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro);
  • i lavori di manovalanza pesante (da evitare durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro);
  • i lavori che comportano una stazione in piedi per più di metà dell'orario o che obbligano ad una posizione particolarmente affaticante (da evitare durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro);
  • i lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a pedale, quando il ritmo del movimento sia frequente, o esiga un notevole sforzo (da evitare durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro);
  • i lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense vibrazioni (da evitare durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro);
  • i lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali (durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto);
  • i lavori agricoli che implicano la manipolazione e l'uso di sostanze tossiche o altrimenti nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame (da evitare durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto);
  • i lavori di monda e trapianto del riso (da evitare durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro);
  • lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullman e di ogni altro mezzo di comunicazione in moto (da evitare durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro)».

Per ulteriori informazioni si rimanda al testo del decreto.

Come fare domanda

Se il datore di lavoro ha verificato che vi sono rischi per la neomamma e può modificare la mansione della lavoratrice, occorre presentare la domanda alla Direzione Provinciale del Lavoro tramite il modulo presente sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. 

Se non si può affidare una mansione diversa alla lavoratrice, quest'ultima può comunque chiedere l'astensione dal lavoro fino al settimo mese, inoltrando una comunicazione scritta sempre alla Direzione Provinciale del Lavoro. 

In tal caso la retribuzione è sempre del 100 per cento ed è erogata dal datore di lavoro (rimborsato dall'Inps). 

Allattamento a rischio: durata

Il periodi di allattamento a rischio dura 7 mesi dopo il parto

Allattamento a rischio a scuola

Entro 30 giorni dal parto, la lavoratrice mamma deve consegnare al Dirigente Scolastico il certificato di nascita del bambino, il quale valuterà le sue condizioni lavorative e adotterà eventuali misure necessarie per la sua tutela. Ad esempio, nel caso di un'insegnante, potrebbe essere considerato lo spostamento in biblioteca per evitare contatti diretti con gli studenti. Questa valutazione dovrà essere inclusa nella sezione "Valutazione del rischio per donne gravide e puerpere" dell'Istituto scolastico.

Qualora non sia possibile spostare la donna ad altre mansioni non pericolose per l'allattamento, sarà possibile presentare una richiesta di astensione dal lavoro per un periodo di 7 mesi.

La domanda dovrà essere inviata all'Ispettorato Territoriale del Lavoro della propria provincia, utilizzando l'apposito modulo disponibile sul sito web dell'Ispettorato.

Allattamento a rischio 2024

Anche nel 2024 per garantire la protezione della lavoratrice e del bambino, sono sempre valide le norme e le procedure specifiche che consentono di richiedere lo spostamento della lavoratrice in un'altra area meno rischiosa o l'astensione dal lavoro per un determinato periodo.

La richiesta di allattamento a rischio viene valutata dal datore di lavoro o dalle autorità competenti, che devono considerare le esigenze della lavoratrice e le norme di salute e sicurezza sul lavoro.

L'obiettivo principale è garantire un ambiente di lavoro sicuro e sano per la madre e il bambino, favorendo al contempo la possibilità di allattare.

Ci sono, invece, importanti novità sul congedo parentale 2024: i genitori che hanno completato il periodo di maternità dopo il 31 dicembre 2023 hanno diritto a 2 mesi di congedo parentale retribuito all'80%, quindi l'indennità all'80% spetta per un ulteriore mese rispetto a quanto previsto l'anno scorso.

Domande e risposte

Quanti mesi sono allattamento a rischio?

I mesi per cui si può chiedere l'allattamento a rischio sono 7.

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Revisionato da Francesca Capriati

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