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Latte materno: cambia davvero se il bimbo è ammalato?

di Valentina Murelli - 29.02.2016 - Scrivici

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Fonte: Mallory Smothers / Da Facebook
È diventata virale la foto di una mamma che mostra due sacche del suo latte tirato a poche ore di distanza, ma con forti differenze di colore. Poiché tra una raccolta e l'altra la sua bimba si era ammalata di raffreddore, l'ipotesi è che l'infezione della figlia abbia "modificato" il latte, arricchendolo di cellule utili a combatterla. Il che, a sua volta, ne avrebbe cambiato il colore. Solo un'ipotesi, certo, ma il fondamento scientifico c'è. 

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Che il latte materno cambi nel tempo, di ora in ora e con il passare delle settimane, è cosa nota. Anzi, questa è una delle differenze principali rispetto al latte artificiale, la cui composizione è sempre costante. Ma è vero che può cambiare velocemente anche in risposta a particolari condizioni del bebè? Che basta un raffreddore del piccolo per far produrre alla mamma un latte più ricco di cellule e sostanze protettive? È quello che la mamma americana Mallory Smothers pensa sia successo al suo latte, che ha cambiato nettamente colore - dal bianco al giallastro - dopo un raffreddore della figlia.

In realtà è difficile sapere come siano andate effettivamente le cose nel caso del latte di Mallory, ma l'ipotesi non è priva di fondamento: diversi studi, infatti, suggeriscono che la composizione del latte - e in particolare la sua concentrazione di globuli bianchi, cellule del sistema immunitario fondamentali nella lotta contro le infezioni - possa cambiare in risposta a malattie del bambino. "Attenzione però: bisogna ancora chiarire se si tratti di eventi davvero universali e quali sono i meccanismi coinvolti" precisa Riccardo Davanzo, neonatologo presso l'Ospedale Burlo Garofalo di Trieste ed esperto di allattamento al seno.

Una foto virale


Il 14 febbraio scorso Mallory ha postato su Facebook una foto che in poco tempo è diventata virale. La foto riporta due sacche piene di latte di Mallory, una riempita la sera dell'11 febbraio, un'altra la mattina successiva. Basta un'occhiata, però, per rendersi conto che il contenuto è molto diverso, con il latte tirato al mattino di colore decisamente più scuro, giallasatro. "Questo latte mi è sembrato subito molto più simile al colostro che viene prodotto nei giorni successivi al parto e che è ricco di anticorpi e di globuli bianchi, le cellule del sistema immunitario che aiutano il corpo a difendersi dalle infezioni" ha scritto la mamma. Che ha formulato un'ipotesi precisa su quello che può essere successo al suo latte.

Durante la notte, dunque tra le due raccolte, la sua bimba aveva cominciato a manifestare i classici sintomi di raffreddore: il latte si sarebbe dunque modificato proprio in risposta a questo raffreddamento, arricchendosi di cellule in grado di dare una mano alla bimba nella lotta contro la malattia. "Certo è un'interpretazione affascinante - commenta Davanzo - ma su questo caso non si può dire molto di più, perché bisognerebbe disporre di analisi sui due campioni di latte. In ogni caso, non si può certo dire in modo automatico che un latte è più giallo perché contiene più globuli bianchi: il colore dipende da molte variabili".

Cosa dice la scienza

L'affascinante interpretazione, comunque, non è affatto priva di fondamenti scientifici. Già nel 2011, per esempio, un piccolo studio israeliano aveva osservato un aumento dei globuli bianchi nel latte di mamme che stavano allattando bambini molto piccoli, di 0-3 mesi, ricoverati in ospedale con infezioni in corso. E ancora, nel 2013 alcuni ricercatori australiani hanno registrato l'aumento della concentrazione di globuli bianchi nel latte di mamme con infezioni, o che allattavano bambini con infezioni. In quest'ultimo caso - cioè se era il bambino a essere malato - l'aumento era più contenuto, ma comunque significativo.

Lo studio ha osservato un'impennata dei globuli bianchi in caso di mastite, una seria infiammazione della mammella, al punto che i ricercatori suggerivano di utilizzare il dato relativo alla concentrazione di globuli bianchi nel latte come elemento per la diagnosi di questa condizione.

Certo, è ancora presto per arrivare a conclusioni definitive sulla capacità dei bambini di indirizzare la composizione del latte, ma forse anche questi dati preliminari hanno a che fare con la maggiore protezione dalle infezioni che sembra conferita dall'allattamento al seno. Come ricorda lo studio israeliano già citato, "molte ricerche condotte sia in paesi industrializzati sia in paesi in via di sviluppo mostrano che i bambini allattati al seno sono meno vulnerabili a gastroenteriti, infezioni respiratorie, otiti, infezioni urinarie e, per quanto riguarda i bambini prematuri, a enterocolite necrotizzante".

A questo punto, però, una domanda sorge spontanea: ma come fa il bebé a far sapere alla "fabbrica del latte" della mamma che è malato e ha bisogno di più globuli bianchi? Un'ipotesi è che durante la suzione si verifichino dei momenti di "pausa" in cui il latte rientra nei dotti portando con sé un pochino di saliva del bambino, e tutti i microbi in essa contenuti. Pronti per essere "analizzati" dall'organismo materno.

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