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L'acquaticità dei bambini da zero a cinque anni

di Franco Teruzzi - 17.05.2013 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Nei corsi di acquaticità per i bambini da zero a cinque anni, i risultati migliori si ottengono con pochi bambini per istruttore, con un optimum al massimo di sei o sette. Inoltre è fondamentale la formazione dei gruppi per fasce di età omogenee. Tutte le tappe.

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Consulenza di Paola Carrara, idrochinesiologa e responsabile del centro Inacqua di Novate Milanese

"I risultati migliori si ottengono con pochi bambini per istruttore, con un optimum al massimo di sei o sette. Inoltre è fondamentale la formazione dei gruppi per fasce di età omogenee," dice Carrara. Tutte le tappe dell'acquaticità dei bambini da zero a cinque anni.

L'acquaticità dei bambini da zero a cinque anni

  • 0-6 mesi: a terra non c'è ancora la capacità di mantenere la posizione seduta e c'è una forte simbiosi con il genitore. L'operatore non è la figura centrale, ma media la scoperta delle nuove soluzioni e condizioni senso motorie che l’acqua offre. Si guida la gestione dell'immersione sfruttando l'istinto di chiusura della glottide che impedisce di “bere” acqua. L'istinto è più sviluppato nei primissimi mesi e soprattutto nei bimbi allattati al seno, e via via si perde con la crescita. Va quindi indotto perché diventi naturale sempre.

  • 7-14 mesi: a terra si va dalla posizione seduta al gattonamento e alla camminata. Questo desiderio di scoperta e il conseguente principio di distacco dalle braccia del genitore coincide in piscina con i primi “passi” staccati dal genitore, con l'ausilio di galleggianti (braccioli, tubi in vita ecc... Il bambino sperimenta la capacità di governare il suo corpo in acqua, passando dalla posizione prona alla supina e si cominciano le prime entrate in acqua autonome dagli stessi tappeti e con piccoli scivoli.

  • 15-23 mesi: in questa fase nella vita di tutti i giorni i movimenti autonomi diventano più ampi e si asseconda questa tendenza anche in acqua. Migliorano le autonomie e le competenze in galleggiamento, l’efficacia degli spostamenti con gli ausilii (tubo galleggiante raccordato in vita, braccioli), alle nuove competenze motorie terrestri (arrampicata, corsa, salto) si aggiungono quelle in acqua, con diverse modalità di immersioni (tuffi).

  • 24-36 mesi: le situazioni proposte portano ad un consolidamento dell’autonomia e ad un primo scambio d’azione con il gruppo e ad una prima forma di separazione dalla figura genitoriale.

    Migliorano le autonomie acquatiche con la sperimentazione di nuovi ausilii e posizioni di galleggiamento e le prime sperimentazioni di immersioni autonome a corpo libero, senza ausilii galleggianti. Si affrontano nuove competenze di orientamento nello spazio con percorsi acquatici.

  • 3-4 anni: si progredisce fino a rendere i bambini capaci di galleggiamento autonomo, mentre diventa naturale la progressione in acqua con i galleggianti. Presa di confidenza con l'immersione autonoma mediante raccolta di oggetti sul fondo.

  • 4-5 anni: la progressione in acqua senza galleggianti, anche senza un vero stile di nuoto, è l'obiettivo finale, perché i bambini possano in seguito, in età scolare, iniziare i corsi di nuoto veri e propri (in genere chi segue questo percorso arriva ai corsi di nuoto saltando direttamente la classe principianti).

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