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Linguaggio: i bambini come imparano a parlare?

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Fonte: Pixabay
Come si impara a parlare? E' qualcosa di innato nell'uomo? Una delle più grandi domande e dei più vivaci dibattici dei linguisti è su come i bambini imparino il linguaggio. Secondo gli psicologi Freddy Jackson Brown e Nic Hooper, una risposta a queste domande c'è.

In questo articolo

Come si impara a parlare? Come imparano i bambini le loro prime parole? E' qualcosa di innato o che, esercizio dopo esercizio, sillaba dopo sillaba, viene immagazzinato nella mente dei più piccini?

Sono diverse le teorie a riguardo e per lo più contrappongono due principali punti di vista:

il linguaggio è innato nell'uomo o si impara?

Come spiegano gli psicologi Freddy Jackson Brown e Nic Hooper al New Scientist, una teoria potrebbe aver dato la risposta a questa domanda.

Linguaggio innato o si apprende?

La maggior parte dei bimbi inizia a parlare intorno ai due anni e man mano, nei mesi successivi, diventa sempre più brava e acquisisce padronanza di linguaggio.

Ma i bambini imparano semplicemente ascoltando e imparando di conseguenza o sono nati con qualche particolare dote innata che li rende più abili nella loro lingua nativa? Sicuramente una cosa è certa. I bimbi imparano il linguaggio che li circonda. Se intorno a un bambino si parla in italiano, il piccolo imparerà l'italiano. Però poi?

Teoria 1 - la maggior parte dei comportamenti umani si imparano: anche il linguaggio

Lo psicologo di Harvard B. F. Skinner, comportamentista, ha sempre sostenuto che la maggior parte dei comportamenti umani si imparano. In particolare i suoi studi si sono concentrati sul "condizionamento operante" (operant learning): le nostre azioni sono condizionate dalle conseguenze. Quindi il nostro comportamento sarebbe influenzato dal contesto, tra punizioni e rinforzi positivi. Un approccio che ha cercato di applicare anche al linguaggio.

Se i linguisti infatti si focalizzano di solito sulla forma del linguaggio e sulla struttura (per esempio grammatica e sintassi) Skinner era più interessato alla funzione: in quali circostanze si parla? E con quali effetti?

Skinner è arrivato quindi alla conclusione che il condizionamento operante è un processo grazie al quale un organismo si adatta all'ambiente circostante durante la sua vita. Un po' come la selezione naturale può portare alla complessità biologica, scegliere un comportamento può dare e aggiungere complessità alla propri vita.

E come i comportamenti di successo sono premianti per la selezione naturale, lo stesso varrebbe anche per il linguaggio.

Teoria 2 - gli uomini hanno un'innata capacità di linguaggio

Un giovane linguista, Noam Chomsky, però non ci sta e nel 1959 (la teoria di Skinner è degli anni '40) critica la teoria precedente e introduce il "generativismo" (generativity). In pratica è la nostra capacità di produrre e capire frasi che non abbiamo mai sentito prima.

Chomsky infatti sostiene che gran parte delle cose che diciamo non arrivano dall'ambiente circostante. E che gli uomini sono nati con una innata capacità di linguaggio, chiamata "grammatica universale". Una teoria che ha dominato il panorama dei linguisti per molti anni ma che non ha convinto del tutto.

Negli anni '70 e 80' Murray Sidman della Northeastern University a Boston ha fatto diversi esperimenti con piccoli gruppi di ricerca per capire come impariamo a leggere.

In differenti esperimenti ha provato a insegnare ai bambini a scegliere uno stimolo piuttosto che un altro. Per esempio, quando avevano davanti le lettere C-A-N-E, veniva loro mostrata l'immagine di un cane. Questo è uno dei modi attraverso il quale la gran parte della gente impara il nome delle cose. Ed è importante per imparare a leggere.

Sidman nei suoi studi ha notato qualcosa di interessante: una volta che avevano imparato la "relazione", i bambini automaticamente potevano applicare quello stesso sistema anche ad altre categorie, senza che nessuno glielo insegnasse.

In un altro esperimento ha mostrato le lettere maiuscole e minuscole dell'alfabeto greco (la gamma e la lambda). Durante questi test, ha notato che i bimbi facevano le relazioni tra le lettere maiuscole e minuscole anche quando lui non glielo aveva insegnato: erano in grado di riconoscere la lettera gamma maiuscola o minuscola e viceversa. Me nessuno glielo aveva mostrato prima. Un fenomeno chiamato "stimolo equivalente".

Generalizzare: una capacità solo umana

Questa scoperta ha fatto tornare la curiosità sul tema.

Quello che ora sappiamo è che i bimbi imparano a riconoscere diversi stimoli e sensazioni usando le relazioni. Per esempio, quando imparano il concetto "più grande" sono in grado di applicarlo tra due oggetti, anche se non li hanno mai visti prima. Quel cane è più grande di quel gatto. Quel libro è più grande dell'altro. Possono generalizzare. Una capacità che è solo dell'uomo, già dai 16 mesi di vita. Sono stati fatti test sia su piccioni, sia sugli scimpanzè, per vedere se anche loro fossero in grado di utilizzare questa capacità. Ma non lo sono.

Un'altra cosa poi è chiara: anche se generalizzare è innato nell'uomo, bisogna imparare a farlo.

Sin dalla nascita, i bambini ogni giorno vengono stimolati dai genitori con differenti input. Un esempio? Quando si prende una palla e si dice "palla" al bambino, e poco dopo si fa vedere un'immagine di una palla. Nel tempo il bimbo è esposto a tanti oggetti differenti, in contesti disparati e con gente diversa. Solo la relazione resta constante. Dopo un po' di allenamento, il bimbo è capace di astrarre questa relazione e farla sua. E di capire che ci sono cose "più piccole, più grandi, uguali, più alte". Con il tempo e la pratica lo stimolo diventa sempre più astratto e il piccolo è in grado di applicarlo. Anche a concetti.

Queste ricerche hanno portato alla Relational Frame Theory (RFT), che ha rimpiazzato la teoria del linguista Chomsky.

Una "cornice relazionale" è un tipo specifico di relazione che ha tre diverse caratteristiche: due concetti e la relazione tra di loro. Ed è la capacità di combinare tra loro due concetti, due stimoli e applicare la loro relazione ad un altro.

Facciamo un esempio per provare a capire. Associamo la parola "cane" al cane in carne ed ossa. Se un bimbo ha paura del cane in carne ed ossa, proverà la stessa sensazione quando sentirà la parola cane e qualcuno che gli dice che "un cane è nell'altra stanza".

Associazione che può essere applicata anche a "chien", cane in francese.

Questa teoria, la RFT, descrive quindi come siamo in grado di creare un ricco e simbolico network di relazioni tra stimoli arbitrari. In altre parole, il linguaggio.

Per tornare alla domanda iniziale: quali sono le origini del linguaggio?

Se la RFT è corretta, Skinner aveva ragione dopo tutto. Il linguaggio si impara, anche se non esattamente come lo intendeva lui.

Il linguaggio è il prodotto di un'abilità squisitamente umana e che impariamo. Lo diamo per scontato, ma è ciò che ci rende umani.

(questo articolo è stato pubblicato sul numero del 7 giugno del New Scientist)

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