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Lavoro, 5 consigli per aiutare le mamme a trovare un nuovo lavoro

di Sara De Giorgi - 06.09.2019 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Avete partorito da poco e vi siete già rimesse in forma. Ora è tempo di cercare un nuovo lavoro. Ma come procedere? In quali modi può una neomamma riqualificarsi professionalmente? Ecco i consigli di Annadebora Morabito, career consultant, coach e trainer di Corium .

In questo articolo

Subito dopo la maternità non è facile cercare un nuovo lavoro, anche perché gli impegni legati alla cura del bebè sono davvero numerosi e intensi e, spesso, ci si sente molto stanche.

Come riuscire, dunque, a riposizionarsi professionalmente dopo aver avuto un figlio? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Annadebora Morabito, career consultant, coach e trainer di Corium, società - facente parte di Openjobmetis - leader nell'outplacement, che aiuta persone e aziende a riqualificarsi con successo nel mondo del lavoro. L'esperta ci ha dato alcuni validi consigli su come riposizionarsi nel mercato del lavoro dopo la maternità.

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La situazione lavorativa attuale delle donne con figli

Secondo la dottoressa Morabito, la situazione lavorativa delle donne con figli nel nostro Paese non è delle migliori. "Essere madre, e donna, può non solo significare vedere interrotto o inibito a priori un percorso di crescita, ma può anche condizionare la propria reputazione nei confronti dell’organizzazione che vede la maternità come un periodo di limitata produttività".

"E il rientro dalla maternità può essere oggetto di ulteriore penalizzazione: si può infatti rientrare e non trovare più il proprio ruolo così com'era concepito in precedenza, si può rientrare e vedersi demansionate, così come si può rientrare e trovare delle limitazioni a un percorso di sviluppo avviato. Questa situazione è poi confermata dall'elevato numero di dimissioni da parte delle neomamme".

"Non abbiamo un welfare che supporti maternità e genitorialità, né adeguate politiche di armonizzazione tempi di vita-lavoro. Manca anche una sensibilità culturale in grado di valorizzare le nuove competenze (ad esempio empatia, ascolto e capacità di organizzazione) potenzialmente indotte dalla maternità. Competenze che, in ottica di trasversalità, possono essere utilizzate con efficacia in una fase di riposizionamento professionale".

In particolare, la dottoressa Morabito ha individuato nei dettagli 5 modi attraverso i quali le neomamme possono riqualificarsi lavorativamente nel migliore dei modi.

Ecco quali sono.

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1. Acquisire le competenze che contano ai fini di un riposizionamento professionale

Annadebora Morabito ritiene che, al giorno d'oggi, dall'andamento del mercato e dalle sue evoluzioni si può capire che sempre più importanti saranno le competenze trasversali e quelle tecnologico-digitali.

"Bisogna essere in grado di affrontare il cambiamento suggerito dal mercato - comprese le tipologie di forme di collaborazione che propone - acquisendo ad esempio capacità quali il saper ricominciare, l'ascolto attivo, l’intelligenza emotiva, la capacità di adattarsi flessibilmente, e dotandosi di competenze tecnologico-digitali".

"Una situazione che unisce individui, madri e non, e organizzazioni. Piuttosto che il metodo, a caratterizzare la situazione delle mamme saranno i tempi di applicazione e le necessità. Occorrerà infatti individuare il proprio progetto di vita legato alla sfera professionale tramite l’analisi di competenze e potenzialità e, al contempo, accompagnarlo a un’indagine di valori, bisogni e desideri".

"I primi momenti della maternità, ma non solo – con la fase di cambiamento che porta con sé – potrebbero fotografare ulteriori necessità, una diversa scala di valori e priorità, desideri differenti. Ognuno dei quali deve essere indagato prima di individuare con chiarezza progetti e obiettivi. Bisognerà inoltre acquisire le tecniche di base utili a raccontare e sostenere quel progetto secondo quattro declinazioni della comunicazione:

  • scritta, con curriculum vitae e lettera di accompagnamento;
  • orale, nella gestione di colloqui di selezione e networking;
  • digitale, con particolare attenzione a LinkedIn;
  • di personal branding, ovvero la costruzione e divulgazione del proprio marchio professionale.

Fondamentale sarà inoltre la capacità di creare relazioni di valore, allontanandosi dalle criticità rappresentate dal potenziale isolamento suggerito dalla maternità".

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2. Essere consapevoli e flessibili

"Occorre aderire ai propri progetti e dotarsi di tecniche, metodi e strumenti per portarli avanti, stando sempre attente alla flessibilità. Essere rigide non è infatti un valore aggiunto, ma un limite. Bisogna dunque essere fedeli a sé, ma anche interloquire con le istanze di cambiamento.

E occorre pensarsi come soggetti attivi, portatrici di valore e significato e fautrici di azione".

"Non sono in assoluto favorevole all’accettare qualsiasi lavoro, ma chiaramente questo dipende dalla condizione economica della singola madre. Se si ha l’opportunità anche economica di potersi concedere un po’ di tempo, suggerirei di prendere un breve periodo di pausa per riflettere e dotarsi degli strumenti adeguati per affrontare le nuove sfide professionali".

"Nella situazione opposta, oppure quando la persona per differenti ragioni ha esigenza di riposizionarsi in fretta, consiglio una duplice strada che chiamerò ‘’di sostentamento e desiderio’’. Dove il primo, come il termine stesso suggerisce, serve a sostentarsi, il secondo a crescere e a perseguire una strada coerente al proprio percorso e alle proprie ambizioni".

"Se volessimo pensare ad una prima chiave che possa aprire le porte del riposizionamento, la individuerei in quella forma di autoanalisi indotta che descrivevo in precedenza. Un’indagine cioè delle proprie competenze, potenzialità e al tempo stesso valori, bisogni e desideri, con la finalità di definire obiettivi e progetti professionali".

3. Curriculum vitae e biglietto da visita, le caratteristiche

"Il curriculum vitae è una forma di racconto per iscritto di sé che deve innanzitutto mettere in luce il proprio progetto professionale. E deve rappresentare noi e nessun’altro che noi, in termini distintivi. È una sorta di carta di identità professionale che ci rappresenta in nostra assenza".

"Tutta la logica del racconto va quindi orientata per dare visibilità a ciò che si spenderebbe in termini di ruolo in quello stadio della propria vita, o a mettere in luce gli elementi di contatto tra il proprio profilo e la posizione vacante in caso di risposta ad un annuncio".

Cinque caratteristiche che possono fare la differenza:

  1. chiarezza, nella comunicazione del proprio progetto e delle proprie ambizioni;
  2. personalizzazione, dei contenuti rispetto all’interlocutore, con l’obiettivo di creare molteplici punti di contatto tra il proprio profilo e l’opportunità di lavoro;
  3. sintesi, nella quantità delle informazioni condivise;
  4. orientamento al risultato, che si traduce nella condivisione dei traguardi raggiunti;
  5. originalità, nella presentazione del racconto con l’obiettivo di attirare l’attenzione dell’interlocutore.

"Per quanto riguarda l’efficacia del biglietto da visita, confermerei la sua importanza per l’attività di networking, soprattutto per chi decide di avviarsi alla libera professionale o di dare avvio ad un’attività in proprio".

"Il colloquio può essere di varia natura e può sondare aspetti differenti a seconda dell’interlocutore (agenzie per il lavoro, head hunter oppure i responsabili delle risorse umane di aziende pubbliche o private). Proverò a sottolineare trasversalmente aspetti di rilievo che toccano un po’ tutte le tipologie di colloquio cui si potrebbe andare incontro".

"Fare un colloquio presuppone la capacità di sapersi esprimere in ogni situazione con qualsiasi interlocutore, sia a livello verbale che non, in maniera chiara e coerente con il proprio stato d’animo e con i propri obiettivi professionali. Il colloquio è una dinamica comunicativa basata sul confronto ed è anche un processo di analisi reciproca volto a comprendere se domanda e offerta combaciano".

"A fronte di qualsiasi colloquio è necessario uno studio dell’interlocutore, ma anche – dove possibile - dell’organizzazione per la quale si effettua il colloquio/incontro professionale. In un colloquio bisogna saper mettere adeguatamente in luce i propri punti di forza, competenze, capacità e obiettivi, mirando – in caso di posizione visibile o organizzazione conosciuta – a far emergere gli elementi di contatto tra il proprio profilo e la ricerca attiva e/o l’organizzazione".

"Il vostro interlocutore vorrà sapere se potrà innanzitutto fidarsi di voi, ma anche se aderite a posizione e contesto, oltre a cercare di rilevare il valore aggiunto che potreste portare. Bisogna dunque cercare di arrivare preparati per tentare di alleggerire il carico di eventuale tensione, rivedere il cv ed evitare ritardi. Spegnere il cellulare, mostrate il massimo di ascolto e attenzione e prepararsi delle buone domande su posizione e organizzazione. E’ inoltre importante curare l’abbigliamento in modo che dimostri coerenza con il contesto, ma parli allo stesso tempo di noi".

"E’ consigliato parlare in termini concreti, utilizzando esempi di progetti, realizzazioni e situazioni, senza fare emergere l’eventuale malcontento nei confronti delle precedenti esperienze lavorative o della situazione che si sta vivendo. Per quanto riguarda il linguaggio, diventerà strategico trovare quell’equilibrio che allontana sia gli eccessi positivi, di autocelebrazione, sia quelli negativi, di svilimento. Un equilibrio in cui il linguaggio dovrebbe cercare di caratterizzarsi il più possibile per la propria positività".

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5. L'influenza delle emozioni in un incontro professionale

"Le emozioni sono la principale variabile che influenza la qualità del dialogo con l’interlocutore e, più in generale, il successo del colloquio. Sono centrali pertanto nelle interlocuzioni che attiviamo e in un incontro professionale, anche quando stiamo in silenzio. Proprio per questo la fase di preparazione all’incontro, che include lo studio dell’interlocutore, del curriculum vitae, dell’organizzazione e di ogni elemento funzionale al dialogo, possono abbattere il potenziale livello di agitazione".

"Ad aiutare i candidati anche l’adozione di adeguate tecniche di respirazione e di mindfulness, una pratica che ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza di sé anche nella situazione che si sta affrontando. È tollerabile una piccola fase di disallineamento emotivo all’inizio dell’incontro, purché non si giunga ad un uso spasmodico di gestualità, toni, ritmo e linguaggio. Un disallineamento prolungato o concentrato nei momenti più importanti del dialogo può invece determinare il buon esito dell’incontro. Un interlocutore esperto, recruiter o meno che sia, saprà comunque leggere le emozioni contestualizzandole al momento e alla persona che avrà di fronte".

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