Mito 1 - La depressione post parto colpisce solo le donne
Non è vero: anche i maschi possono andare incontro a depressione dopo l'arrivo di un bebè. Secondo alcuni studi recenti, ne soffrirebbe il 10% dei papà, con un picco tra i tre e i sei mesi dopo il parto. Del resto, anche per i papà il cambiamento che segue l'arrivo del piccolo è notevole, specialmente se si tratta del primo figlio.
Mito 2 - È tutta colpa degli ormoni
La depressione post parto ha una base biologica, data dai cambiamenti ormonali tipici della gravidanza e del periodo successivo alla nascita, sulla quale però si innestano però altri fattori. Per esempio una predisposizione individuale a questa condizione (per cui magari se ne è già sofferto in passato), un lutto recente, la disoccupazione o precarietà economica, l'isolamento sociale e familiare, la precarietà affettiva, per cui magari con il partner le cose non vanno molto bene.
Mito 3 - La depressione post parto è facile da riconoscere
Non proprio: spesso le donne colpite tendono a sottovalutare, minimizzare o nascondere i sintomi, anche per corrispondere all'idea sociale di maternità, che vorrebbe la mamma sempre gioiosa e serena. Inoltre, alcuni sintomi, come l'insonnia e l'apatia, sono subdoli e possono essere confusi con situazioni abbastanza fisiologiche nel momento in cui arriva un bebè, come la grande stanchezza, conseguente al cambiamento radicale dei ritmi del sonno.
Tra i segnali che dovrebbero far suonare un campanello d'allarme: umore profondamente triste o irritabile che dura per più di 2-3 settimane, agitazione, mancanza di fiducia in sé stesse, perdita di interesse o di piacere nel fare le cose, difficoltà di attenzione, concentrazione e memorizzazione, disturbi del sonno o dell'appetito, sensazione di inadeguatezza rispetto alla cura del bambino, paura del bambino.
Mito 4 - Si gioca tutto nelle prime settimane dopo il parto
In realtà, la depressione post parto può colpire in qualunque momento tra la nascita del bambino e il suo primo compleanno. Spesso comincia ad affacciarsi 3-4 settimane dopo il parto, diventando sempre più evidente tra i tre e i sei mesi del bambino, ma non è detto che le cose vadano per forza così.
Mito 5 - Sentirsi giù è una componente normale dell'essere genitori
Dipende. Qualche giornata "no" può capitare, anche perché i nuovi ritmi imposti dal bambino e la carenza di sonno possono essere stressanti. Ma in condizioni normali si tratta giusto di qualche momento down: se il senso di abbattimento, la stanchezza estrema, il fatto di vedere tutto nero durano più di due-tre settimane è il caso di capire se c'è qualcosa che non va.
All'inizio si può parlarne con il compagno o la compagna, oppure chiedere un consiglio a un medico di fiducia, come il medico di famiglia o, per la donna, il ginecologo.
Mito 6 - Se mamma o papà hanno la depressione post natale, il loro bambino verrà tolto alla famiglia
È un timore comune: soprattutto le donne pensano che, ammettendo di avere un problema di depressione, medici e servizi sociali potrebbero decidere di allontanarle dal loro bambino, il che le trattiene dal cercare aiuto. In realtà, cercare aiuto è sempre la cosa migliore da fare, perché con un'adeguata terapia - psicologica o farmacologica - la depressione può essere superata, anche nelle sue forme più difficili.
Eventuali casi di allontanamento dei bambini dalla famiglia si verificano solo in situazioni estremamente - ripetiamo, estremamente - gravi e particolari, se c'è un rischio concreto che la mamma possa far male al bambino stesso.
E comunque vale sempre la pena ricordare che, anche se può complicare un po' le cose, non basta la depressione a trasformare una mamma o un papà in cattivi genitori.
Mito 7 - I genitori depressi non amano i loro bambini
Certo, una depressione non trattata può ostacolare il contatto emotivo tra genitori e bambini, ma questo non significa che mamme e papà con depressione post natale non amino i loro figli. In ogni caso, con un trattamento adeguato si può recuperare e riuscire a godersi appieno gioie (e fatiche!) dell'essere genitori.
Mito 8 - Chi soffre di depressione post parto deve per forza assumere farmaci antidepressivi
Non è detto: dipende dalle caratteristiche della forma depressiva. In alcuni casi il trattamento farmacologico è effettivamente utile e importante per superare la situazione, magari in associazione con la psicoterapia. In altri casi, può bastare la psicoterapia da sola, mentre in altri ancora possono essere sufficienti alcuni colloqui con uno specialista. Oltre, naturalmente, al sostegno emotivo di familiari e amici.
Mito 9 - Gli antidepressivi non si possono prendere durante l'allattamento, perché possono creare problemi al bambino
Anche questo non è completamente vero: dipende dalla categoria di farmaci. Alcuni passano nel latte e possono rappresentare un problema per il bambino, altri invece sono sicuri. Per stare completamente serene, si può sempre chiedere un parare sul farmaco usato a un Centro antiveleni, per esempio quello dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (800883300) specializzato proprio in consulenze sull'uso di farmaci in gravidanza e allattamento.
Mito 10 - La depressione colpisce solo dopo il parto, le donne incinte non sono mai depresse
Niente di più falso. Si stima che, a vari livelli di gravità, la depressione colpisca il 10-20% delle donne in attesa.
Si tratta di una condizione che le pone a maggior rischio di sviluppare anche depressione post natale, ma c'è una buona notizia: anche la depressione in gravidanza può essere curata. Con psicoterapia e con farmaci specifici: alcune formulazioni, infatti, possono essere utilizzate, al bisogno, anche durante i nove mesi di attesa.
Mito 11 -Basta aver pazienza e la depressione post parto sparisce da sola
Non è vero: non è affatto detto che la depressione passi da sola. Anzi, c'è il rischio che tenda ad aggravarsi e a cronicizzarsi. Se però viene curata in modo adeguato, può essere superata senza troppe difficoltà.
Mito 12 - Amici e parenti non possono fare niente per aiutare una mamma o un papà colpiti da depressione post parto
Ma niente affatto! Spesso, amici e parenti sono i primi ad accorgersi che c'è qualcosa che non va e, in questo caso, possono cercare di dare una mano con aiuti pratici (per esempio nelle faccende domestiche, per alleviare la stanchezza e dare modo ai genitori di riposare), ma anche con disponibilità all'ascolto e con un sostegno emotivo non giudicante. Possono anche incoraggiare la persona colpita a confrontarsi con un medico di fiducia (con gentilezza, naturalmente).