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Depressione post parto: quando a soffrirne è il papà

di Angela Bisceglia - 05.10.2010 - Scrivici

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Non è uno scherzo: sempre più studi provano che la depressione post natale non è solo cosa da mamme. Ne soffre anche un papà su dieci. Con possibili conseguenze per lo sviluppo del bambino.

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Sanno tutto di gravidanza e allattamento. Cambiano pannolini con destrezza e si aggirano orgogliosi per la città con marsupio e passeggino. E se l'allattamento è artificiale, di notte danno volentieri il cambio alla mamma. Per i papà di oggi è meraviglioso e gratificante partecipare alla vita del bambino. Ma attenzione: non sempre tutto fila liscio e corrisponde a un quadretto idilliaco. Vale per le mamme, che proprio in quello che dovrebbe essere un momento di massima gioia possono andare incontro a depressione, e vale anche per i papà.

Completamente trascurata fino a una ventina d'anni fa, oggi la depressione post partum dei papà è un fatto noto e riconosciuto in ambito scientifico. Vari studi, negli ultimi anni, si sono occupati dell'argomento (qui e qui due articoli scienifici che fanno il punto sui dati disponibili), giungendo alla conclusione che questo disturbo può colpire circa il 10% dei neopapà di tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Cina. In genere, la depressione colpisce i papà nel primo anno di vita del bambino, con un picco tra i tre mesi e i sei mesi, mentre sembra meno a rischio l'immediato post parto.

Il 10% dei neopapà va incontro a depressione nel primo anno di vita del bambino, con un picco tra 3 e 6 mesi.

I sintomi? "Sono quelli classici della depressione: stato di abbattimento, tristezza, insonnia o altri disturbi del sonno, desiderio di isolamento, difficoltà a concentrarsi e a lavorare in modo efficiente" spiega la psichiatra Franca Aceti, responsabile dell'Unità operativa di Igiene Mentale delle relazioni affettive e del post-partum del policlinico Umberto I di Roma. "A questi si aggiungono il senso di inadeguatezza rispetto al rapporto con la compagna e con il figlio".

Come nel caso della depressione materna, anche per quella paterna le cause scatenanti sono diverse. Potrebbe esserci il coinvolgimento di qualche elemento ormonale, perché anche nei maschi i livelli di alcuni ormoni cambiano durante il periodo perinatale - prima e dopo il parto - ma si tratta di fattori ancora da chiarire.

Di sicuro, gli studi hanno evidenziato che il rischio di depressione post parto del papà è più alto se anche la mamma soffre di depressione e se lui ha già sofferto, in passato, di depressione o di disturbi d'ansia.

"Il fatto è che questi disturbi hanno sempre a che fare con la propria storia individuale e personale. Se ci sono state situazioni difficili in passato, per esempio un rapporto difficile con il proprio padre, o la separazione traumatica dei genitori, è facile che emozioni negative e disturbi dell'umore tornino a riaffacciarsi proprio quando c'è una nuova situazione critica, come può essere appunto la nascita di un figlio, che è un formidabile passaggio esistenziale" afferma Aceti.

E ancora, altri fattori possono predisporre al rischio di depressione paterna: per esempio la precarietà economica o le preoccupazioni finanziarie, il fatto di vivere una relazione non molto soddisfacente, con scarsa comunicazione, con la propria compagna, il senso di esclusione rispetto al rapporto mamma-bambino, che è molto forte nelle prime settimane. Di sicuro anche il poco sonno, inevitabile quando c'è in casa un neonato, e il fatto di scontrarsi con una realtà che può essere molto diversa da come era stata immaginata, non aiutano.

"Anche per i neopapà il cambiamento che segue alla nascita del bebè è notevole, specie se si tratta del primo figlio" commenta la psicoterapeuta Anna Salvo. "“Prima dell'arrivo del bambino si ha l’illusione di essere padroni del proprio tempo e della propria vita, un’illusione che viene inesorabilmente a crollare con l’arrivo del piccolo e che costringe a riformulare le proprie attese”.

Come intervenire se c'è qualcosa che non va?

Ma come intervenire se ci si accorge che qualcosa non va, che il mondo è sempre troppo nero, le prospettive appaiono cupe, non c'è voglia di far nulla e magari si diventa sempre più irritabili e nervosi? La prima cosa da fare sarebbe cercare di non chiudersi e parlarne subito con la propria compagna.

"Senza atteggiamenti di accusa - consiglia Salvo - ma anche senza vergognarsi di apparire fragili: esplicitare le proprie paure o sentimenti può far nascere una nuova complicità, che consolida il legame di coppia". Certo non è un passo semplice, anche considerato che per natura i maschi tendono a essere più introversi e chiusi proprio sulle questioni molto personali.

In alternativa può essere d'aiuto confrontarsi con un amico, o con papà che magari siano già passato attraverso la stessa esperienza. E naturalmente ci sono le figure del medico di famiglia, al quale rivolgersi per avere un consiglio su come affrontare questo momento particolare della vita, degli operatori dei consultori, degli specialisti di ambulatori dedicati all'igiene mentale. Le strategie di intervento possono essere diverse: dalla psicoterapia, magari da affrontare insieme alla neomamma, se anche lei manifesta qualche difficoltà ad adattarsi al nuovo ruolo, agli interventi farmacologici.

Insomma, gli strumenti ci sono ed è bene usarli. Perché le situazioni più gravi, quelle che non sono destinate ad esaurirsi da sole in qualche settimana di adattamento, possono portare a conseguenze importanti anche per il bambino. A rischio c'è la possibilità di stabilire un buon rapporto con il piccolo - per esempio, alcuni studi hanno mostrato che i papà depressi sono più propensi a sculacciare i figli, e meno propensi a leggere con loro - e soprattutto quello di lasciare tracce a lungo termine sulla suo sviluppo emotivo e sulla sua salute. Sembra infatti che i figli di papà depressi siano a loro volta più inclini alla depressione.

Altre fonti per questo articolo: materiale informativo su BabyCentre; materiale informativo su WebMD.

Revisionato da Valentina Murelli - Aggiornato il 30.06.2016

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