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La (legittima) stanchezza delle mamme

di Luisa Perego - 25.01.2023 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
La stanchezza delle mamme e delle neomamme viene spesso sminuita, come se non fosse importante. Le riflessioni dell'esperta Elisabetta Rossini

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La stanchezza delle mamme

Mamma stremate, sfinite, stanche. Se ne è tornato a parlare, dopo i fatti accaduti all'ospedale Pertini di Roma, sui quali è stato aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio colposo. Il sospetto è che il neonato di tre giorni trovato senza vita nel letto accanto alla neomamma – e questo sarà chiarito dall'autopsia disposta dai magistrati – sia deceduto probabilmente soffocato sotto il peso della madre addormentatasi dopo aver allattato il piccolo al seno nella stanza del reparto.

La stanchezza delle mamme viene spesso sminuita, sottovalutata. Perché è 'normale'. I bisogni e le necessità delle neomamme vengono minimizzati. Questo racconto della maternità è davvero pericoloso e ha preso sempre più piede negli ultimi anni. Ecco i consigli e le riflessioni di Elisabetta Rossini, pedagogista dello Studio Rossini Urso sulla stanchezza delle mamme.

Una maternità 'naturale'

"Una prima riflessione: perché aspettare una morte per parlare di tutto questo? Meno male che adesso se ne parla, ma lo dico con un po' di amarezza. Se guardiamo i profili social rivolti ai genitori, ce ne sono davvero tanti belli, seri, che portano dati da tempo e che continuano a denunciare questa situazione. Questa è una riflessione dettata da una grande amarezza" spiega Elisabetta Rossini. 

"Anche leggere 'tragica fatalità' sa quasi di inevitailità. E' successo, ma poteva essere evitato. Quello che vorrei fare è analizzare un racconto della maternità degli ultimi anni che è diventato sempre più pervasivo. E' difficile riconoscerlo come pericoloso".

Una maternità sempre più "naturale"

Negli ultimi anni la maternità è considerata sempre più 'naturale', in termine negativo però. E' naturale sapere quello che bisogna fare, è naturale essere stanche, è naturale essere neomamme. Di naturale però c'è ben poco.

"Questo modo di pensare si è diffuso da un bel po' di tempo, partendo in sordina.

Se si è alla prima gravidanza o al primo parto in verità non si è preparate. Non sappiamo che cosa succederà. Si cercano informazioni il più possibile, si prova ad arrivare al momento il più pronte possibile. E si viene pervasi dalla comunicazione su queste mamme che possono fare tutto.

Diventa naturale che la mamma che non dorma mai, che non riposi mai. Ma raffigurare una neomamma in questo modo è un modo violento e ingiusto per farlo. E' l'idea che quando nasce il bambino bisogna annullarsi altrimenti si pagherà un prezzo altissimo, il prezzo altissimo di non essere una buona madre. Ma considerare così la maternità è davvero una violenza". 

Se non ci riesco, sono io a essere sbagliata

"L'altro aspetto che si è diffuso è: se è tutto 'naturale', deve venire tutto naturale. Se io non ci riesco, sono io a essere sbagliata. Per questo motivo diventa difficile chiedere aiuto. Un terreno davvero pericoloso e complesso per una mamma o una neomamma".

Come fare a capire che una mamma ha bisogno di aiuto

"Come fare a capire se una mamma ha bisogno di chiedere aiuto? Sulla maternità si è annullato tutto l'aspetto culturale. Per quanto riguarda gravidanza, parto e primi mesi di vita bisogna essere assultamente 'naturali', paragonabili agli animali. O ai carvernicoli. Nessuna donna delle caverne ha lasciato mai il suo bambino dormire da solo. O una leonessa i suoi cuccioli. La donna come essere culturale viene annullato".

Una neomamma ha SEMPRE bisogno di aiuto

"Come capire quindi che una mamma ha bisogno? - prosegue Rossini - Un neomamma ha SEMPRE bisogno di aiuto, soprattutto nella società in cui siamo. E l'aiuto non è soltanto 'Ti aiuto a pulire la casa o ti porto le lasagne'.

L'aiuto può anche essere 'Io ti tengo tuo figlio'. Questo è l'aiuto" specifica l'esperta.

E non bisogna sentirsi in difetto per questo. Non bisogna neppure aver paura di minare il tanto chiacchierato 'bonding', l'attaccamento, il legame mamma-bambino.

"Il bonding, di cui tutti parlano, viene banalizzato e distorto, arrivando a un estremo che non ha nulla a che fare con quello che era in origine la teoria. Si chiedono sforzi sovrumani, ma inutili. Sembra che tutto si giochi nelle prime ore. Se va male, poi basta. E sembra che il legame con tuo figlio non sarà mai buono".

Non solo bonding, vale lo stesso anche per il contatto pelle a pelle. E' diventata una cosa portata all'estremo.

"Se non tieni il bambino h24 sulla tua pelle, questo legame non si creerà più. Ma non è così -  prosegue l'esperta. - Un altro grande problema collegato, che ha portato all'estremo alcune pratiche molto buone, è il rooming in. Un conto è cambiare certe abitudini come portare il bimbo al nido e portarlo alla mamma solo in certi orari prestabiliti, un conto è l'eccesso opposto. Se una neomamma ha bisogno di riposare è giusto che riposi. Senza sminuirla. Senza farle credere che preferisce riposare piuttosto che impegnarsi e stare dietro a suo figlio.  
Questa cosa non fa bene alla mamma e non fa bene neanche al bambino. Se la mamma non sta bene, con un parto in mezzo, come si può pensare che sia meglio pretendere un ulteriore sacrificio disumano a quella donna, piuttosto che concedere riposo a quella neomamma? Sembra che dal momento in cui la donna non è più contenitore del bambino non abbia più diritti e debba essere completamente devota per essere già una buona madre.

Parliamo poi dell'allattamento al seno che è da preferire, sempre a comunque. Si sta arrivando a una dicotomizzazione: o è bene o è proprio male.

E' giusto che una donna sia informata e possa scegliere. Come possa anche scegliere se vuole allattare o se vuole dare il latte artificiale, sapendo che questa scelta non andrà a precludere la felicità o il benessere del bambino. Bisogna dare le informazione corrette in modo che una donna possa fare le sue scelte consapevoli e senza giudizio".

E quando si torna a casa?

Quando si torna a casa, l'aiuto non deve essere solo "ti porto le lasagne" o "ti faccio le pulizie".

"E' un sacrosanto diritto della neomamma avere il desiderio di fare qualcosa da sola senza avere il bimbo sempre vicino, in fascia, attaccato. Non è una colpa. Non andrà a rovinare il legame futuro con il bambino" prosegue Elisabetta Rossini. 

"L'altra cosa che fa proprio rabbia oltre che tristezza è questo infantilizzare le madri e quindi le richieste di aiuto che a volte vengono fatte non vengono prese in considerazione davvero.

Quando si dice a una mamma 'Perché sei così stanca? Sforzati, è normale', sembra che lei non sappia che cosa è giusto. Si lascia la mamma nella sua stanchezza, devastazione e paura. Si sottolinea che pensa quello perché è stanca e non riesce a ragionare e non può capire quello che è giusto per lei e il suo bambino.

E' un negare con una violenza incredibile quello che una donna sta provando".

La figura del papà

"In questo racconto sulla maternità, il padre è un essere accessorio e dimenticato. E' più importante che pensi alle cose burocratiche, perché la neomamma deve stare con il bambino. So che così sto estremizzando, ma è spesso la realtà. L'altro caregiver viene fatto fuori. Messo al pari di qualsiasi altra figura che potrebbe aiutare e questo è terribile".

Bisogna cambiare la narrazione della maternità

"Quello che è da cambiare è proprio il racconto, la narrazione della maternità - conclude l'esperta.

- Le informazioni vanno date non per ideologia, ma con dati scientifici in modo che una donna possa scegliere con consapevolezza quello che sente essere la cosa migliore per sé e per il bimbo. E nessuno ha diritto di giudicare questa scelta. Inoltre la donna non deve sentirsi in dovere di dare una giustificazione delle sue scelte. Se decide di non allattare, non deve essere giudicata, deve essere libera di prendere le decisioni che ritiene più giuste.
Per concludere, la richiesta di una donna va sempre ascoltata e non va mai ridicolizzata come se stessimo parlando con un bambino piccolo. Non bisogna dire a una neomamma stremata che è normale, perché è mamma e ce la fanno tutte. Non va bene. Bisogna dare dignità alle donne che hanno partorito o stanno per partorire ripartendo dalle informazioni che servono in modo che possano fare delle scelte consapevoli".

L'intervistata

Elisabetta Rossini è pedagogista dello Studio Rossini Urso (assieme alla collega Elena Urso). È autrice di numerosi libri dedicati alla genitorialità, tra cui "I genitori devono essere affidabili, non perfetti" (Edizioni Edicart, 2015), "Dudù e la torcia magica" (Edizioni Edicart, 2019) e "Clio e l'arpa magica" (Edizioni Edicart, 2021).

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