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Screening neonatale: che cos'è, quando si fa, perché è importante farlo

di Valentina Murelli - 04.02.2021 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Cos'è lo screening neonatale? Si tratta di un test che permette di identificare e trattare oltre 40 malattie rare

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Screening neonatale

Filippo, 4 anni ad aprile, deve la sua vita di bambino normale, sveglio e vivace, a un piccolo prelievo di sangue, fatto in ospedale quando aveva solo due giorni. Filippo, infatti, ha l'acidemia metilmalonica, una rara malattia metabolica che, se non curata, può portare a conseguenze molto gravi, tra le quali ritardo di sviluppo, deficit cognitivo, anemia, disturbi comportamentali, malformazioni cardiache. Grazie a quel prelievo, necessario per l'esecuzione di un test chiamato screening neonatale o screening metabolico, però, il peggio è stato evitato, perché insieme alla diagnosi della malattia è arrivata anche la soluzione: un cocktail di farmaci e vitamine che impedisce la manifestazione dei danni associati alla malattia stessa e consente a Filippo un'esistenza del tutto normale.

Screening neonatale esteso

La legge 167 del 2016 lo prevede per tutti i bambini, che siano nati in un ospedale pubblico, in un centro privato o a casa, senza alcun costo per le famiglie, visto che è stato inserito nei nuovi Livelli essenziali di assistenza, entrati in vigore lo scorso anno. Lo abbiamo  chiesto a Giancarlo La Marca, responsabile del laboratorio di screening neonatale dell'Ospedale Meyer di Firenze e presidente della Società italiana per lo studio delle malattie metaboliche ereditarie e lo screening neonatale di fare chiarezza su questo argomento.

Che cos'è e a cosa serve lo screening neonatale

La risposta semplice è che si tratta di un test biochimico su un campione di sangue di un neonato, fatto per identificare prima della manifestazione dei sintomi eventuali malattie metaboliche ereditarie che, se non individuate e trattate in tempo, possono portare a danni clinici importanti e permanenti, come ritardo mentale, o addirittura a morte prematura.

Se invece la malattia viene identificata e si parte subito con il trattamento adeguato - come è successo nel caso del piccolo Filippo - tutto può cambiare: qualità e aspettativa di vita migliorano drasticamente, fino ad arrivare alla possibilità di un'esistenza normale (a parte ovviamente la necessità di assumere farmaci o alcune limitazioni nella dieta).

Il fattore tempo è fondamentale, spiega La Marca. Se i danni si sono già manifestati, in genere è impossibile tornare indietro o arrestarne la progressione: ecco perché bisogna agire il prima possibile, riconoscendo la malattia nei primissimi giorni di vita.

La Marca, comunque, preferisce una definizione un po' più articolata di screening neonatale:

Non solo un test biochimico, ma un complesso sistema multidisciplinare, che prevede anche l'informazione ai genitori, il coinvolgimento del personale che deve prelevare, conservare e spedire i campioni di sangue ai laboratori d'analisi, le eventuali procedure di conferma diagnostica e, in caso di diagnosi definitiva, la presa in carico del bambino da parte di medici o altri specialisti esperti della malattia in questione

La storia di Filippo: quando lo screening neonatale ti salva la vita

Una gravidanza assolutamente normale, un parto veloce e senza problemi, e alla fine, nell'aprile 2014, arriva lui, Filippo, un neonato apparentemente in formissima. Roberta, la mamma, non lo sa ancora - le verrà detto al momento delle dimissioni - ma quando Filippo ha due giorni viene sottoposto al test di screening neonatale allargato. La sua salvezza.

Dieci giorni dopo il ritorno a casa, infatti, Roberta riceve una telefonata dall'ospedale: le dicono che il bimbo è risultato positivo al test, in particolare rispetto a una sostanza chiamata acetil-carnitina. Pur rassicurandola che avrebbe potuto trattarsi di un falso positivo la convocano per ulteriori accertamenti e il suo cuore di mamma comincia a mettersi in agitazione: cerca di pensare positivo, ma "sente" che qualcosa non sarebbe andata per il verso giusto.

In effetti è proprio così: la nuova serie di esami conferma che un problema c'è ed ha un nome difficile, acidemia metilmalonica. Una malattia metabolica di origine genetica che potrebbe compromettere in modo grave e definitivo lo sviluppo di Filippo. Per fortuna c'è una soluzione: un cocktail di farmaci e vitamine da prendere per bocca o con iniezioni intramuscolari: cistadane, vitamina B12, vitamina B6, acido folico e carnitina. La terapia, cominciata subito, funziona: i livelli delle sostanze tossiche provocate dalla malattia cominciano a scendere. A distanza di 4 anni, Filippo è un bambino perfettamente normale: parla (avrebbe potuto non farlo), corre, gioca, va all'asilo.

Quando racconta del problema di suo figlio, Roberta si sente spesso rispondere "ma non sembra!". Ha imparato ad avere la risposta pronta: "Non sembra perché ha avuto la fortuna di avere una diagnosi alla nascita. Altrimenti ora staremmo combattendo un'altra battaglia, certamente più dura e difficile di questa".

Ecco perché Roberta è diventata una strenua sostenitrice dello screening neonatale, della cui importanza parla ogni volta che ne ha l'occasione:

Quando una donna è in gravidanza sente parlare di tante cose, alcune importanti come la conservazione del cordone, altre più superficiali. Ma si parla pochissimo dello screening neonatale e di quelle malattie metaboliche che, se scoperte in tempo, possono comunque essere affrontate in modo eccellente, garantendo una vita normale invece di danni pesantissimi".

Quali sono le malattie di cui si occupa lo screening neonatale?

Già a partire dal 1992 in tutta Italia veniva condotto uno screening neonatale obbligatorio per l'identificazione di tre malattie ereditarie:

  1. fenilchetonuria,
  2. fibrosi cistica,
  3. ipotiroidismo congenito.

A queste tre malattie alcune regioni ne avevano nel tempo aggiunte altre, arrivando a un pannello "allargato": una condizione che aveva però generato una forte disuguaglianza su base puramente geografica in termini di opportunità di cura e, a volte, di salvezza. Nel 2015 si parlò molto del drammatico caso di Malika, morta a soli quattro mesi a causa della malattia di Pompe, una grave e rarissima malattia neuromuscolare. In Emilia Romagna, dove la bimba era nata e risiedeva, la malattia non era inclusa nello screening, mentre già allora lo era per esempio in Toscana: se fosse stata individuata alla nascita, oggi probabilmente Malika sarebbe viva.

La legge del 2016 ha reso obbligatorio lo screening cosiddetto allargato in tutte le regioni e, dunque, per tutti i bambini

Le malattie coinvolte sono più di 40: l'elenco completo può essere consultato in Gazzetta Ufficiale. "In generale possiamo dire che appartengono tutte al gruppo delle malattie metaboliche ereditarie o errori congeniti del metabolismo, un gruppo di malattie genetiche causate dal mancato funzionamento di una via metabolica" spiega La Marca.

Una via metabolica è un insieme di trasformazioni biochimiche che permettono di passare da alcune sostanze magari derivate dall'alimentazione (i substrati) ad altre sostanze che servono per specifici compiti cellulari (i prodotti). Queste trasformazioni sono compiute da proteine chiamate enzimi. Se un enzima non funziona o funziona male, perché c'è un'alterazione nella sequenza di DNA che porta l'informazione per costruirlo, insorge la malattia metabolica.

"Le conseguenze possibili sono principalmente due" chiarisce l'esperto. "Da un lato, l'accumulo di substrati che non vengono trasformati in modo adeguato e sono spesso molto tossici per l'organismo; dall'altro la mancanza di prodotti e dunque della funzione che svolgono, talvolta fondamentale. I danni causati dalla malattia possono dipendere da uno solo di questi effetti o da entrambi". In genere, i sintomi sono di tipo sistemico, cioè interessano più organi e apparati e molto coinvolto è il sistema nervoso.

Tra gli esempi, La Marca cita le acidurie organiche, come l'acidemia metilmalonica e i difetti di beta-ossidazione degli acidi grassi, possibile causa di morte improvvisa del lattante. "Se però sono identificati alla nascita, basta una modifica della dieta per permettere una vita assolutamente normale".

Come si possono curare le malattie metaboliche ereditarie?

Di solito la terapia per queste malattie può prevedere degli interventi dietetici oppure la somministrazione di farmaci, vitamine o enzimi, o entrambe le cose. "Non si tratta - precisa La Marca - di cure definitive, ma di strumenti che comunque permettono di neutralizzare in tutto o in parte i difetti metabolici responsabili dei danni all'organismo".

Per esempio: nel caso della fenilochetonuria, che comporta l'incapacità di metabolizzare l'amminoacido fenilalanina, si punta su una dieta povera di proteine, dunque con pochi alimenti di origine animale, e ricca di grassi insaturi e sull'eventuale somministrazione di supplementi proteici privi di fenilalanina (indicazioni da Linee guida europee sulla fenilchetonuria). Nel caso della malattia di Pompe, invece, si ricorre a una terapia enzimatica sostitutiva: in pratica si fornisce all'organismo l'enzima che la malattia gli impedisce di produrre.

Quanti sono i bambini interessati?

"Prese singolarmente, questa malattie sono rare o molto rare, ma se le consideriamo tutte insieme il carico risulta molto significativo" spiega La Marca. "Considerando il grosso delle malattie presenti nell'elenco di legge ed escludendo fenilchetonuria e ipotiridismo, più note e frequenti, si stima un nuovo caso ogni 1500 nati circa".

Significa che circa 350 bambini all'anno, in Italia, nascono con una sorta di bomba a orologeria in corpo: una malattia che potrebbe comprometterne seriamente il futuro, ma che grazie allo screening neonatale allargato può essere tempestivamente riconosciuta e trattata.

Come funziona lo screening neonatale: dove si fa, quando si fa, come viene comunicato l'esito?

"Lo screening esteso va fatto in una finestra temporale ben precisa, e cioè tra le 48 e le 72 ore dalla nascita" afferma La Marca. Se fatto prima potrebbe dare risultati non attendibili, perché magari i vari sistemi enzimatici del neonato non sono ancora ben stabilizzati. Se fatto dopo, invece, per alcune malattie si corre il rischio che sia già troppo tardi.

Procedura

Il prelievo di sangue viene eseguito tramite una piccola puntura sul tallone del bebè. L'ideale sarebbe fargliela mentre il piccolo è in braccio alla mamma, che così lo può consolare del fastidio magari attaccandolo al seno. Una strategia che consente anche di spiegare alla mamma - se non è stato fatto prima come avrebbe dovuto - in che cosa consiste lo screening neonatale e perché è importante farlo, o di chiarire eventuali dubbi. Ricordiamo infatti che, essendo una procedura obbligatoria per legge, non è prevista la firma di un consenso informato da parte dei genitori prima di eseguirla.

Le poche gocce di sangue raccolto sono trasferite su un foglietto di carta assorbente, che viene inviato a un laboratorio di riferimento della regione per lo screening allargato. Da questo momento, se tutto va bene - cioè se lo screening è negativo e non evidenzia alcuna anomalia - i genitori non sanno più nulla. "Il dato verrà registrato nella cartella clinica del neonato, ma alla famiglia non arrivano comunicazioni aggiuntive".

Se invece il test risulta positivo, indicando che potrebbe esserci qualcosa che non va, i genitori vengono richiamati per ulteriori accertamenti. "Si rifà il prelievo e si fanno nuovi test, più specifici e dettagliati, che permettono di chiarire la situazione" precisa La Marca.

A volte, infatti, succede che quello ottenuto con lo screening sia solo un falso positivo, mentre le indagini successive chiariscono che in realtà la malattia non c'è.

Attenzione: ricevere una telefonata che avverte di una positività al test di screening non significa che il proprio bimbo sicuramente è malato: potrebbe trattarsi di un falso positivo. In questi casi vanno effettuati ulteriori accertamenti

"A seconda della gravità malattia sospettata, il bambino e la sua famiglia possono essere richiamati per accertamenti o nel punto nascita dove era stato eseguito lo screening, o in un centro di riferimento per la malattia stessa". Se la diagnosi viene confermata, il neonato viene immediatamente preso in carico da un'équipe di medici esperti della sua condizione, in genere, trattandosi di malattie rare, presso centri di riferimento specifici.

Cortesia Fondazione Telethon

Oggi lo screening allargato si fa davvero dappertutto?

Purtroppo la risposta a questa domanda è "no, non ancora". Secondo i dati del Centro di coordinamento degli screening dell'Istituto superiore di sanità, manca all'appello ancora la Calabria e, secondo La Marca, "anche in altre regioni questa preziosa attività di prevenzione non è ancora ben strutturata".

Che fare, allora, in questi casi? Tanto per cominciare, i genitori devono essere consapevoli che il test di screening neonatale è un diritto del loro bambino, e uno strumento prezioso per la salvaguardia della sua salute. Dunque, se mamma e papà si accorgono che non viene eseguito, sicuramente hanno il diritto di richiederlo. Se proprio la struttura non offre il servizio, possono comunque richiedere il prelievo e l'invio del cartoncino al laboratorio di riferimento regionale, per un'esecuzione dell'analisi a loro spese: "Il costo complessivo è di una cinquantina di euro, un euro a malattia" afferma La Marca.

In alternativa, possono richiedere l'esecuzione gratuita del test al servizio apposito dell'Associazione italiana sostegno malattie metaboliche ereditarie (Aismme): basta chiedere all'associazione l'invio del cartoncino che serve per fare il test (arriverà con le istruzioni da seguire) e poi inoltrarlo al Policlinico Umberto I di Roma, che tramite l'accordo con Aismme offrirà il servizio gratuitamente.

Come sapere se il punto nascita in cui si partorisce offre lo screening neonatale allargato?

Basta chiedere l'informazione al centro stesso, oppure al medico che segue la gravidanza. In alternativa, si può chiederlo anche alle genetiste del servizio online Info_Rare di Telethon o all'Aismme.

Screening neonatale esteso: le 3 cose assolutamente da sapere

Non è solo la copertura dello screening a essere ancora un po' carente. Anche l'informazione lo è, e non sono poche le famiglie che di questo test non sanno praticamente nulla.

Ecco le informazioni indispensabili, secondo il parere di Giancarlo La Marca:

1. Lo screening neonatale esiste: è un servizio di medicina preventiva molto efficiente;
2. Lo screening neonatale non è un dovere, ma un diritto per tutti i bambini che nascono in Italia;
3. Lo screening neonatale permette a molti bambini con una malattia genetica importante di condurre una vita normale, evitando situazioni disastrose o drammatiche.

Nuove prospettive per il test di screening neonatale

Le malattie previste dalla legge per lo screening allargato costituiscono un punto di partenza, ma non certo di arrivo. La Marca sottolinea per esempio quanto potrebbe essere importante inserire al più presto anche altre malattie rare come l'immunodeficienza Ada-Scid, che impedisce all'organismo di combattere in modo efficace le infezioni, o la leucodistrofia metacromatica, malattia neurodegenerativa che manda letteralmente in tilt il sistema nervoso, con deterioramento progressivo delle funzioni motorie e cognitive.

In questi casi non bastano una dieta o dei farmaci a risolvere o tamponare la situazione, serve una terapia più sofisticata: la terapia genica. Nel caso di Ada-Scid questa è già disponibile: messa a punto in Italia dai ricercatori dell'Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano è ormai liberamente commercializzata in Europa. D'altra parte, proprio l'équipe di La Marca ha messo a punto un test di screening efficace ed economico per la malattia, per cui tutto è pronto per farla rientrare al più presto nella lista.

Anche per la leucodistrofia metacromatica una terapia genica c'è, per quanto ancora sperimentale (l'hanno sviluppata sempre al San Raffaele-Telethon per la terapia genica). In questo caso una diagnosi precoce sarebbe ancora più importante, perché le possibilità di bloccare la progressione della malattia sono tanto più elevate quanto prima viene somministrata la terapia. Sul fronte screening, però, c'è ancora un po' di lavoro da fare: La Marca e colleghi hanno sviluppato un test che deve però ancora essere validato in uno studio pilota.

Fonti

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Revisionato da Francesca Capriati

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