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Svezzamento bambini: quando, come iniziare, modalità

di Valentina Murelli - 15.09.2022 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Svezzamento bambini: quando e come cominciare, quale scegliere, cosa evitare, come viverlo bene. Le tabelle, lo schema di alimentazione e le indicazioni OMS

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Svezzamento bambini

Lo svezzamento è una tappa fondamentale dello sviluppo del bambino. Abbandonare l'alimentazione con il solo latte e cominciare ad assaggiare sapori e consistenze nuove non è sempre facile, ma l'importante è viverle questo momento con serenità, curiosità e senza stress.

Perché a un certo punto bisogna introdurre gli alimenti solidi

A un certo punto, al latte cominciano ad affiancarsi altri alimenti e c'è una ragione ben precisa perché questo accada. Ce la spiega il pediatra ligure Alberto Ferrando nel suo libro Come nutrire mio figlio (Edizioni LSWR 2017):

"Il latte assunto dal neonato non basta più a soddisfare completamente i suoi bisogni nutritivi e, quindi, è necessario colmare la carenza di ferro, proteine, vitamine con alimenti che li contengano. Per quanto riguarda il ferro, i nati a termine allattati esclusivamente al seno ne mantengono solitamente scorte sufficienti per i primi sei mesi". Anche qualcosa in più se il loro cordone ombelicale non è stato tagliato immediatamente dopo la nascita ma quando ha smesso di pulsare.

Svezzamento, divezzamento o alimentazione complementare: che differenza c'è

L'allattamento non è un vizio!

"Svezzamento e divezzamento sono sinonimi, ed entrambi fanno riferimento all'idea di "staccare il bambino da un vizio, cioè poppare al seno o al biberon" spiega Ferrando. Sottolineando che oggi questa visione del distacco dal vizio per fortuna non c'è più: l'allattamento al seno non è certo un vizio!

Oggi si preferisce dunque parlare di alimentazione complementare, che tra l'altro dà maggiormente l'idea di un passaggio graduale da un'alimentazione lattea a cibi solidi.

In effetti, per i primi tempi dopo lo svezzamento spesso l'alimentazione continua a restare prevalentemente lattea. "Poco alla volta i bambini si abituano a nuovi sapori e nuove consistenze, ma all'inizio continuano a prendere la gran parte dei nutrienti di cui hanno bisogno dal latte materno o di formula" chiarisce il pediatra Franco De Luca, pediatra oggi libero professionista (già pediatra di comunità in un consultorio romano), presidente del Centro Nascita Montessori.

"Questo implica che lo svezzamento debba essere considerato come una fase lenta e progressiva: una serie di piccoli passi lungo i quali accompagnare con pazienza il bambino".

Per l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l'introduzione di alimenti complementari al latte non dovrebbe avvenire prima del sesto mese compiuto, e sulla stessa linea si pongono varie società e agenzie internazionali. La Società europea di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (ESPHGAN) e l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA), per esempio, riconoscono i sei mesi come momento ideale per l'introduzione di altri cibi oltre il latte, pur contemplando la possibilità di rimanere in una finestra compresa tra i quattro e i sei mesi. E anche per l'Associazione dei pediatri americani il bambino dovrebbe bere solo latte per i primi quattro-sei mesi.

È chiaro però che non si tratta di attendere l'ora X per infilare a forza un cucchiaino con la pappa in bocca al bambino. I pediatri concordano ormai sul fatto che per dare il via allo svezzamento è bene aspettare che il bambino stesso:

  • da un lato mostri interesse per il cibo – cosa che potrebbe avvenire anche presto, tra il quarto e il quinto mese di vita;
  • dall'altro sia pronto da un punto di vista neuromotorio.

I requisiti fondamentali per iniziare lo svezzamento sono che il piccolo sappia:

  • stare seduto con la testa dritta,
  • deglutire bene gli alimenti (avendo dunque perso il riflesso di estrusione che lo porta a sputar fuori tutto ciò che non è liquido),
  • afferrare il cibo con le mani per portarlo alla bocca.

"Alcuni bambini saranno pronti anche un paio di settimane prima di compiere sei mesi, altri qualche settimana dopo" commentano Ilaria Giulini Neri e Giacomo Cagnoli, pediatri nutrizionisti dell'Ospedale di Melegnano e ricercatori del progetto Nutrimamma dell'Icans di Milano. "Fino a quel momento, l'indicazione è dare latte – materno o artificiale – al bambino fino all'incirca al sesto mese compiuto".

A volte i genitori, ma anche alcuni pediatri, tendono ad anticipare molto il momento dello svezzamento, proponendo i primi alimenti diversi dal latte già intorno ai quattro mesi. Ma attenzione: non c'è nessuna ragione medica che giustifichi questo grande anticipo.

Lo ha ribadito con forza a nostrofiglio.it la pediatra nutrizionista Margherita Caroli, membro del consiglio direttivo dell'European Childhood Obesity Group "A dispetto di abitudini, tradizioni, consigli della nonna o altro, non c'è nessuna ragione medica per la quale un bambino dovrebbe cominciare ad assumere già a quattro mesi alimenti diversi dal latte".

Inizio svezzamento: cambia qualcosa se l'allattamento è al seno o artificiale?

No, non cambia nulla: le indicazioni previste dagli organismi internazionali valgono per entrambe le situazioni. Spesso si tende ad anticipare lo svezzamento dei bambini nutriti con latte formulato, ma non ce n'è bisogno perché questo alimento, pur non essendo comparabile per vari aspetti con il latte materno, dal punto di vista nutrizionale è completo.

Alcuni pediatri suggeriscono comunque di proporre al bambino alimentato con formula qualche assaggio di verdura cotta e passata dopo il quinto mese, per abituarlo a sapori nuovi. In effetti, mentre il sapore del latte materno cambia in base all'alimentazione della mamma, quello del latte artificiale è sempre uguale.

Svezzamento: come si comincia?

Qual è la differenza tra svezzamento e autosvezzamento? Ci sono attualmente due scuole di pensiero rispetto al tipo di alimentazione da proporre al bambino per lo svezzamento:

Diciamo subito che non ci sono studi scientifici che mettano a confronto le due proposte: se i genitori sono attenti e scrupolosi rispetto alla qualità (e quantità) degli alimenti da proporre al bambino, non dovrebbero esserci problemi in nessuno dei due casi e un bimbo che cresce regolarmente e soprattutto si mostra sereno e attivo lo confermerà.

Svezzamento tradizionale, ma senza schemi rigidi

"Il bambino non è un piccolo adulto e ha bisogni nutrizionali diversi rispetto agli adulti. Per esempio ha bisogno di più grassi – il 40-45% dell'apporto calorico quotidiano, invece del 30% consigliato a mamma e papà – perché i grassi gli servono per uno sviluppo ottimale del sistema nervoso", afferma Caroli. "Allo stesso tempo, ha bisogno di poche proteine, perché un eccesso di questi nutrienti nei primi due anni di vita si associa a un aumento del rischio di sviluppare obesità infantile". Per questo Caroli, come altri pediatri, ritiene che sia opportuno prevedere per lo svezzamento e per i primi anni di vita del bambino un'alimentazione specifica.

Certo, non significa più seguire una tabella molto rigida rispetto all'introduzione degli alimenti, come veniva proposto fino a qualche anno fa nella convinzione che certi alimenti avrebbero potuto favorire l'insorgenza di allergie alimentari, se dati troppo presto. Però secondo questa linea di pensiero è comunque opportuno prevedere una certa gradualità per abituare il bambino alla novità sia dei sapori, sia delle consistenze.

"Meglio cominciare con brodini e consistenze semifluide, più facili da gestire per loro, per passare via via a consistenze più solide" consiglia Caroli. Che, inoltre, propone di offrire la stessa pappa per qualche giorno, prima di cambiare o aggiungere ingredienti".

La prima pappa

Come preparare la prima pappa? Cuocere a lungo una zucchina, una patata e una carota in abbondante acqua e usate questo brodo per sciogliere una crema di riso o di mais e tapioca o anche una pastina primi mesi. Non aggiungete sale.

Svezzamento tradizionale, lo schema dei pasti: quando proporre la prima pappa e quando introdurre la seconda

"Non c'è nessuna indicazione rigida sul momento della giornata in cui va proposta la prima pappa. Il mio consiglio è di farlo quando sono presenti sia la mamma sia il papà, così entrambi possono condividere la gioia – e anche un po' la fatica – di far mangiare il bambino" afferma Caroli.

Per i bambini allattati al seno, la seconda pappa può essere introdotta dopo un mesetto circa, mentre per quelli nutriti con latte artificiale si può aspettare anche oltre.

Caduto il dogma dell'introduzione a tappe degli alimenti per evitare il rischio di allergie, la nuova tendenza che si sta facendo strada nelle famiglie e tra i pediatri ed è quella all'autosvezzamento o alimentazione complementare a richiesta.

Due i principi fondamentali di questo approccio.

Alimentazione responsiva

Primo: non sono i genitori a "decidere" quando è arrivato il momento di assaggiare qualcosa di nuovo, ma il bambino stesso, che lo comunica con vari segnali, tra i quali un evidente interesse per il cibo. "Per questo si parla anche di alimentazione responsiva, che pone al centro della gestione del bambino il bambino stesso e i suoi bisogni" spiega De Luca.

Niente pappe speciali

Secondo principio: niente pappe speciali, ma via libera agli stessi piatti di mamma e papà, purché sani. Se il piccolo mostra chiaramente di voler provare quel risotto alla radicchio o quelle penne al pesce spada, perché non darglieli? "I bambini imitano i grandi" spiega Lucio Piermarini, pediatra di famiglia a Terni e tra i primi sostenitori dell'autosvezzamento in Italia, autore del libro Io mi svezzo da solo. "Vedono i genitori mangiare certe cose in un certo modo e vogliono farlo anche loro. Seguire questa naturale inclinazione permette di introdurre nuovi alimenti nella dieta dei piccoli, evitando i traumi dello svezzamento classico".

Perché l'autosvezzamento non crei problemi, bisogna che mamma e papà per primi mangino in modo sano. E proprio perché non è sempre così, alcuni pediatri lo sconsigliano. "Il problema c'è - ammette Piermarini – ma credo che bisognerebbe cominciare a vedere l'autosvezzamento come un'opportunità per invitare i genitori a rivedere e migliorare la propria alimentazione. Un buon modello è quello della dieta mediterranea e la classica piramide alimentare può aiutare a capire cosa mangiare".

Mani o cucchiaino?

"Non c'è una regola fissa", dichiara De Luca.

"Da una parte va sicuramente sostenuta, quando si manifesta, la capacità del bambino di prendere le cose con le mani e portarle alla bocca. Dall'altra si può anche iniziare con il cucchiaino o, meglio, con due: uno per il genitore e uno per il bambino stesso che sicuramente oltre il sesto mese di vita comincia a essere in grado di usarlo".

Talvolta succede che il bambino cominci lo svezzamento usando il cucchiaino, anche in modo molto preciso, per poi preferire le mani qualche mese dopo. D'altra parte oltre al gusto c'è tanto da esplorare anche in fatto di consistenze...

Carne, pesce, formaggio: attenzione a non eccedere con le proteine

Qualunque sia la via scelta, bisogna stare attenti a non commettere uno degli errori più comuni dello svezzamento, cioè l'eccesso di proteine, che si associa a un aumento del rischio di sviluppare obesità infantile.

"Oggi si consiglia di aggiungere alle pappe 40-50 grammi di alimenti proteici (carne, pesce, legumi, formaggio), ma anche queste sono quantità esagerate" afferma Caroli, che sta coordinando un nuovo documento sullo svezzamento della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (SIPPS). "In questo documento inviteremo a ridurre ulteriormente queste dosi, inutili e potenzialmente dannose, e a non superare i 10-15 grammi di proteine per pappa".

Se invece si fa autosvezzamento, per De Luca il punto è avere semplicemente qualche accortezza in più. Così, se ci sembra che a pranzo il bambino abbia mangiato una buona quantità di carne, non riproporremo anche a cena degli alimenti proteici.

Fino a non molti anni fa si pensava che il modo migliore per prevenire il rischio di allergie alimentari nei bambini fosse quello di ritardare il più possibile l'introduzione dei cibi potenzialmente allergizzanti, come pesce, uova, pomodori, fragole e frutta secca. Da qui la compilazione di tabelle di marcia piuttosto rigide sullo svezzamento.

Da una ventina d'anni a questa parte, però, gli studi scientifici a disposizione hanno portato a mettere in discussione questa credenza e oggi le raccomandazioni sono radicalmente cambiate. Lo ha ricordato un articolo pubblicato di recente dall'Associazione americana dei pediatri sulla rivista Pediatrics:

"non ci sono prove scientifiche che ritardare l'introduzione di alimenti allergizzanti oltre i quattro-sei mesi di vita riduca il rischio di sviluppare allergie alimentari, eczema, rinite allergica o asma"

Conclusione: già all'inizio dello svezzamento tutti gli alimenti possibili (ovviamente non tutti insieme, costringendo il bambino a una maratona di sapori), in base alla preferenza del bambino e alla cultura gastronomica della famiglia e del pediatra.

Quale latte dopo lo svezzamento?

Se la mamma ha allattato al seno il suo bambino, non ci sono ragioni per interrompere l'allattamento una volta iniziato lo svezzamento, se ovviamente a lei fa piacere proseguire. "Si può sicuramente allattare al seno durante il divezzamento, perché il latte materno garantisce al bambino una nutrizione ideale, una crescita sana e uno sviluppo ottimale" scrive Ferrando nel suo libro.

Inoltre, l'allattamento rappresenta anche un riferimento affettivo rilevante per l'acquisizione di sicurezza e autonomia. Per questo, l'Organizzazione mondiale della sanità lo raccomanda fino al secondo anno di vita e anche oltre, se la coppia mamma-bambino lo desidera.

Ma anche se il latte era artificiale, la sua somministrazione non va certo interrotta bruscamente: per diverso tempo l'alimentazione del bambino continua a rimanere prevalentemente lattea. "In questo caso, fino ai 12 mesi va proposto in alternativa al latte materno un latte di formula" raccomanda il professor Andrea Vania, responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento Materno-infantile e Scienze urologiche dell'Università Sapienza di Roma. "Da evitare invece il latte vaccino fino al primo compleanno, perché troppo ricco di proteine e povero di ferro".

Meglio dare omogeneizzati oppure cucinare carne e pesce freschi?

"La scelta ha a che fare più con criteri di comodità e facilità d'utilizzo che di reale opportunità" spiega Giacomo Cagnoli. "Se c'è poco tempo per cucinare, l'omogeneizzato può essere utilizzato con tranquillità (all'inizio mezzo vasetto per volta proprio per non eccedere con le quote proteiche).

Avendo tempo (e voglia) di cucinare, invece, va benissimo farlo".

"In questo modo, tra l'altro, si permette al bambino di assaggiare una maggiore varietà di sapori, visto che ogni singolo pezzo di carne o pesce ha un sapore unico, mentre quello degli omogeneizzati è appunto più omogeneo".

Varie società scientifiche concordano: è possibile proporre ai bambini uno svezzamento di tipo vegetariano o addirittura vegano, a patto però di rispettare alcune condizioni. I rischi principali di questa alimentazione sono due: carenza di vitamina B12 (che diventa una certezza nel caso della dieta vegana, visto che questa vitamina si trova solo in alimenti di origine animale) e basso apporto calorico, che può comportare problemi nella crescita.

Sono tuttavia rischi che possono essere tenuti sotto controllo, con alcuni accorgimenti:

  • pensarci per tempo, cioè ancora durante la gravidanza. Se la mamma è vegana, è lei la prima a doversi preoccupare dei suoi livelli di vitamina B12. Altre carenze potrebbero riguardare ferro, zinco, vitamina D e calcio: il ginecologo dovrebbe valutare la situazione con appositi esami;
  • se non si allatta al seno, scegliere prodotti adeguati nei primi mesi di vita. No a bevande vegetali a base di cereali o legumi, sì a latte in formula specifico per lattanti, che invece di essere a base di latte vaccino sarà a base di soia o riso;
  • dopo lo svezzamento, in caso di dieta strettamente vegana prevedere l'integrazione con vitamina B12 per i bambini (e molti pediatri la consigliano anche per bambini vegetariani;
  • per i più piccoli preferire alimenti densi dal punto di vista energetico, come legumi, derivati della soia, frutta secca a guscio, quinoa, e non esagerare con le verdure, per non avere un eccesso di fibre;
  • prevedere controlli sulla crescita e lo stato di salute del bambino;
  • in caso di dubbi, rivolgersi al medico. In realtà non tutti i pediatri sono effettivamente esperti di nutrizione e ancor meno di nutrizione vegetariana o vegana. Se possibile, però, cercare uno specialista con queste competenze specifiche.

1 Niente fretta

Se il bambino non è pronto, forzarlo anticipando i tempi è il modo migliore per generare tensioni e stress, di cui soffrirà tutta la famiglia.

2 Fiducia nel bambino e nella sua capacità di autoregolarsi

"Se il bambino, sano, ha fame, mangia. Se non mangia, non ha fame", scrive Ferrando. A volte – tante volte! - ci sembra che il bambino non mangi abbastanza o – più raramente – che mangi troppo. In realtà nessuno meglio dei bambini stessi sa cosa serve loro per crescere. Se un bimbo sta bene, è attivo e ha una buona crescita vuol dire che sa autoregolarsi nelle quantità: non preoccupiamoci troppo!

3 Sul cibo niente premi o punizioni, ma tanta pazienza

"I cibi vanno proposti, non imposti" scrive Ferrando. "Se il bambino rifiuta alimenti importanti come verdura, frutta o pesce non bisogna forzarlo, ma dopo alcuni giorni riprovare a proporli con calma, tranquillità e serenità, senza irritarsi". E armandosi di santa pazienza: può darsi che un bambino rifiuti un alimento anche 10 o 20 volte prima di accettarlo!

4 Divertimento

Lo svezzamento deve essere un momento di serenità, di condivisione di momenti belli, da affrontare con il sorriso. Troppa ansia rischia di comprometterlo e di creare problemi come la non accettazione dei nuovi alimenti.

"Traiamo gioia dallo stare a tavola insieme" scrivono i pediatri Jacopo Pagani e Andrea Vania e lo chef Luigi Nastri nel loro libro Impariamo a mangiare, lo svezzamento giusto con il metodo margherita. "La scoperta dei sapori, dei colori, dei profumi e delle consistenze del cibo passa attraverso un percorso di attenzione e responsabilità da parte del contesto famigliare, e non può prescindere dal divertimento e dal piacere del bambino, che deve essere guidato in questa meravigliosa avventura".

5 Comprensione

Proteste, crisi, scenate: durante lo svezzamento possono capitare, ma non è detto che tutto dipenda dal cibo. Talvolta, più semplicemente, il momento del pasto può essere lo scenario in cui si consuma una protesta del bambino che nulla ha a che vedere con l'alimentazione in sé.

Per esempio - chiariscono Nastri, Pagani e Vania - può succedere che il piccolo sia arrabbiato con la mamma che è stata al lavoro tutto il giorno e non vuole mangiare. "Cercate dunque di andare oltre il comportamento in sé e sforzatevi di comprendere il messaggio che il bambino vuole darvi".

"Di fronte a bambini che non vogliono abbandonare il latte, non vogliono mangiare o sembrano mangiare poco, i consigli fondamentali sono due: fidarsi di loro e avere pazienza". Parola di Ilaria Giulini Neri e Giacomo Cagnoli.

La prima cosa da fare se il bambino non vuole saperne di cominciare lo svezzamento, abbandonando il latte – materno o artificiale – che lo ha nutrito fino a quel momento è dunque avere pazienza. "Attendete e riprovate più avanti, soprattutto se il bambino manifesta ancora uno scarso interesse per i cibi" scrivonoNastri, Pagani e Vania. "Non è una tragedia né per lui né per voi se si ritarda un po' l'inizio dell'alimentazione complementare".

Infine, un'ultima indicazione utile per bambini che non vogliono mangiare è provare a cambiare proposta: magari state insistendo con una pappa tradizionale, e il pupo invece preferirebbe assaggiare quello che c'è nel vostro piatto (purché sano!), in tendenza autosvezzamento. O viceversa. Perché non fare anche qualche tentativo in questa direzione?

Svezzamento e rischio di soffocamento

È una delle preoccupazioni principali dei genitori, soprattutto se alle prese con l'autosvezzamento. Per fortuna, bastano pochi accorgimenti per ridurre al minimo questa possibilità.

Per prima cosa, il bambino deve essere pronto: deve stare seduto e saper deglutire. Se qualcosa gli va di traverso, nella grande maggioranza dei casi sa cavarsela da solo, ma comunque non va mai lasciato solo durante i pasti, anche per controllare che non si infili in bocca troppo cibo. E mentre si mangia non si fanno altre attività, tipo correre o giocare.

Alcuni cibi sono più a rischio di altri: per esempio quelli piccoli, lisci e tondeggianti come arachidi, chicchi d'uva, pomodorini, olive, nocciole, oppure quelli appiccicosi, come un boccone troppo grosso di prosciutto crudo, o quelli sodi o filamentosi come carota e finocchio (crudi). In questi casi, basta presentarli in modo adatto, rompendoli, cuocendoli o spezzettandoli.

Infine, è sempre un bene che i genitori conoscano le manovre di disostruzione delle vie aree pediatriche, per poter intervenire in modo tempestivo in caso di problemi.

Svezzamento: gli alimenti vietati

  1. Niente sale (o pochissimo): il bambino non ne avverte l'esigenza e più tardi lo si abitua, meglio è. Sì invece alle erbe aromatiche – salvia, maggiorana, timo – per insaporire: sono anche buone fonti di sali minerali.
  2. Niente zucchero e bevande zuccherate, che abituano al sapore dolce, predisponendo allo sviluppo di obesità.
  3. Niente miele prima dei 12 mesi: potrebbe contenere spore di botulino che il sistema immunitario del piccoli non è ancora in grado di debellare.
  4. Niente latte vaccino prima dei 12 mesi (a meno che non sia quello usato in preparazioni alimentari tipo purè).
  5. Niente carne e pesce crudi.
  6. Niente caffè e altre bevande contenenti caffeina.
  7. Ovviamente, niente alcolici.

Domande e risposte

Cos'è lo svezzamento?

Con il termine “svezzamento” oggi si intende il passaggio da un’alimentazione esclusivamente liquida, a base di latte materno o formulato, a un’alimentazione mista, con apporto di cibi solidi o semisolidi.

Quando e come iniziare lo svezzamento?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda la prosecuzione dell’allattamento esclusivo al seno fino ai 6 mesi circa, età attorno alla quale i bambini vengono solitamente svezzati.

Come capire che il bambino è pronto per lo svezzamento?

Facendo sedere il bambino con voi a tavola, noterete un sempre maggior interesse da parte sua per ciò che fate mentre mangiate. È il momento di accontentarlo, di prendere con la vostra posata un po’ di cibo sminuzzato e lasciarglielo a portata di mano.

Cos'è l'autosvezzamento?

Autosvezzamento significa lasciare che il bambino si svezzi da solo durante i pasti dei genitori, chiedendo e ottenendo piccoli assaggi di tutte le portate. In questo modo, si adeguerà insensibilmente alla dieta e agli orari della famiglia.

Revisionato da Francesca Capriati

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